Derek Walcott
Vittorio Zunino Celotto/Getty Images
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È morto Derek Walcott, il poeta (Nobel) dei Caraibi

Aveva 87 anni, ebbe il premio nel 1992. Fra i più grandi in lingua inglese, nella sua poesia urla la bellezza del mare e l’eredità del passato

Il grande Derek Walcott è morto. La poesia, la cultura, il mondo che considera il meticciato come una ricchezza è in lutto.
Walcott aveva 87 e si è spento a Gros Islet nell’isola di St Lucia nella sua casa.

Premio Nobel per la Letteratura nel 1992 - nella sua poesia (scriveva in inglese) c’era tutta la bellezza della natura dei Caraibi, nelle sue metafore e nelle sue immagini la presenza fisica e quasi sensoriale di quell’universo circondato dal mare; soprattutto c’è il mare. Ma anche le intricate relazioni sociali e affettive di un luogo di confine fra l’occidente bianco e coloniale e l’eredità di popoli e individui discendenti da popolazioni schiave e asservite in varie forme, istituzionali e sociali

Come ci ricorda oggi il New York Times, i genitori di Derek erano entrambi frutti di ripetuti matrimoni interrazziali. Nato il 23 gennaio del 1930, fu allevato nella Chiesa Metodista, quasi un’eccezione in un’isola abitata per la stragrande maggioranza da cattolici.
Walcott ricorda in un saggio autobiografico “The Muse of History”, di aver avuto un’istruzione anglocentrica molto tradizionale. “La letteratura inglese era la mia realtà”, scrisse. E questa realtà si mescolò con la cultura, la lingua, la storia, i luoghi, le voci, i corpi dei Caraibi. La poesia di Walcott arriva da questo crogiuolo: un poeta meticcio che viveva in un'isola dei Caraibi governata dagli inglesi la cui popolazione parla o in inglese o nel francese creolo.

Un universo multiculturale ma anche meticcio, espresso in numerose forme poetiche, dalla breve poesia fino al poema epico.

Nella motivazione ufficiale del Nobel si legge: "for a poetic oeuvre of great luminosity, sustained by a historical vision, the outcome of a multicultural commitment”.

Continuava dicendo che anche se nei suoi lavori letterari ha tracciato lo spazio del suo mondo culturale, Walcott in realtà parla a ciascuno di noi. In lui la cultura delle Indie Occidentali ha trovato il suo grande poeta.

Come ha scritto Adam Kirsch in un articolo sul New Yorker nel 2014, la modernità del suo stile - definito poco prima “vintage del XX secolo” - sta nella libertà straordinaria delle immagini di Walcott, che vanno oltre le metafore miste per raggiungere una specie di sinestesia. Qualsiasi cosa nel mondo di Walcott può essere comparata con qualsiasi altra cosa, ma in modo particolare è grande nelle metafore che traducono una parte della realtà nel suo opposto - l’astratto nel concreto, il visuale nel tattile o nel uditivo:

Midsummer stretches beside me with its cat’s yawn.
Trees with dust on their lips, cars melting down
in its furnace

(Da Midsummer, 1984).

In Italia Walcott è stato tradotto e pubblicato da Adelphi.

Fra i libri più importanti, Omeros, un vero poema epico (Adelphi 2003, apparso in inglese nel 1990) nel quale, come dice l’editore italiano:
“con sfrontata duttilità e profusione di immagini, viene cantato un arcipelago che è come un continente, in delicato contrappunto con l’epos omerico. Omeros, aedo del tempo presente, racconta la storia di due pescatori, Ettore e Achille, innamorati della stessa donna, Elena, sensuale cameriera di un hotel di Saint Lucia, piccola isola sovrastata da due coni vulcanici, al centro del Mar dei Caraibi. E ogni personaggio, anche quelli di contorno, è come avvolto in un’aura luminosa che scaturisce sia dalla felice irruenza metaforica del linguaggio di Walcott, sia dal carisma di nomi, gesti e pensieri che riecheggiano, non senza venature ironiche, quelli dei corrispettivi eroi omerici.
Ma Omeros racconta anche la storia di un tradimento: l’isola, a lungo contesa dagli imperi rivali di Francia e Gran Bretagna, è stata infine consegnata ai turisti; ma se Ettore, un tempo capace di intagliare una canoa nel cedro, è diventato un tassista, Achille, fedele all’arte dei padri, glorifica la presenza del mare nella storia della tribù. E su tutto veglia, pietosa, la poesia, che contempla l’umiliazione imposta all’uomo dalla volgarità dei tempi e lo riscatta."


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Luigi Gavazzi