Mondo Marcio
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Mondo Marcio: "Basta cliché nel mondo del rap"

Il rapper milanese torna con "La freschezza del Marcio". 16 brani con alcuni importanti featuring - Intervista

Ha sempre vissuto la sua presenza nel mondo della musica come necessità, come luogo in cui potersi esprimere al cento per cento. E mai come in questo momento Mondo Marcio ha coscienza di questa cosa. Sono passati i tempi del Tecniche Perfette, del suo successo Dentro alla scatola. Oggi Mondo Marcio è un artista ancora più limpido, ha dalla sua l'esperienza (vissuta e giudicata).

Se siete scettici, mettetevi un paio di auricolari e ascoltate il suo settimo disco di inediti, "La freschezza del Marcio", nei negozi da venerdì 11 marzo. Nel progetto - che dimostra una grande libertà artistica - 16 tracce, alcune delle quali impreziosite dalla presenza di alcuni amici. Tra gli altri, Ghemon in Da solo nel sole, Fabri Fibra in Scoppia la bomba, J-Ax in Mr Fucker e Bassi Maestro in Come noi.

Abbiamo incontrato Mondo Marcio per parlare di questo interessante progetto...


Partiamo dal titolo. Perché “La freschezza del Marcio”?

"La freschezza del Marcio" racconta il bello di essere se stessi. Significa togliersi la maschera, evitare i cliché, i preconcetti, i soliti canoni, e cercare la musica che suona bene, che diverte. Nei pezzi c’è una grandissima voglia di togliere i soliti cliché.

Nel tuo disco c’è molta musica suonata. Una scelta non usuale nel mondo del rap...

Io ho iniziato giovanissimo e quindi ho fatto diversi lavori. Ero arrivato ad un punto nel quale non trovavo stimoli nel fare sempre le stesse canzoni, non volevo fare un album di pezzi rap, ma volevo un album di canzoni. Sono canzoni e basta. Io non faccio musica rap. Questa è la mia direzione. E per prenderla sono andato a cercare la musica, quella fatta bene. Ho viaggiato tanto e al di là dei nomi della città in cui sono stato, è stato bello trovare musicisti che ci sanno fare sul serio. A Los Angeles abbiamo fatto tantissime jam in studio.

Ci sono anche alcune importanti collaborazioni...

Sì, è stato un processo creativo molto naturale. Non c’era il piano di avere un disco pieno di featuring, non era una prerogativa di questo disco. È stato molto naturale, sono partito incontrandomi in studio o in altri luoghi creativi con questi artisti, prima di tutto per incontrarli. Da lì poteva nascere una canzone o meno. Tutto aveva un potenziale di modifica del disco.

Sei stato uno dei primi rapper italiani a raggiungere una grande popolarità. Come è cambiato il mondo dell’hip hop in Italia in questi anni? 

Ho sempre trovato che il messaggio e il contenuto delle canzoni sia la chiave. Penso che i cliché del rap abbiano avuto il loro tempo. Non voglio cadere su cose già dette. Ma voglio fare musica fresca, voglio fare canzoni vere. Lo stato del rap oggi è positivo anche se c’è un po’ di ripetitività, ci sono canoni troppo ripetuti. Trovo un po’ di copie di quello che succede negli Stati Uniti.

Il rap è ancora il tuo modo migliore per raccontare delle storie?

Io difficilmente o quasi mai forzo un’evoluzione. Non ho mai fatto dischi di eccessiva rottura. Quando avevo 16 anni facevo fotografie di quella che era la mia vita in quel momento. L’hip hop è lo strumento che uso per esprimere ciò che sono io. 

A maggio partirai per un tour in giro per l’Italia. Cosa stai preparando per queste date?

Faremo un tour promozionale fino a fine marzo, poi, ad aprile, lavoreremo alle prove del live. Sicuramente ci saranno batteria, basso, tastiere, chitarra. Verso maggio partirà il tour live vero e proprio. Andremo in piazze, festival, grandi eventi. 

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Giovanni Ferrari