Il lusso parla coreano (e thailandese)
(Louis Vuitton)
Personaggi

Il lusso parla coreano (e thailandese)

Guida definitiva a tutti gli ambassador scelti dalle più grandi maison di moda a livello internazionale

Il mondo della moda e del lusso guarda con sempre più attenzione all’Oriente. Corea del Sud e Thailandia sono indubbiamente al centro di questo nuovo “fenomeno” che, a essere completamenti onesti, sembra quasi riduttivo definire con questo termine.

Partendo dai numeri, Morgan Stanley ha definito i sudcoreani i più grandi compratori di beni di lusso al mondo, con una spesa per beni personali pari a 16,8 miliardi di dollari (+24% nel 2022) equivalente a 325 dollari pro capite. Solo per un raffronto, la spesa in Cina e negli Stati Uniti raggiunge rispettivamente i 55 e i 280 dollari pro capite. Allo stesso modo, si prevede che il settore del lusso in Thailandia supererà i sei miliardi di dollari entro il 2028, con un tasso di crescita annuale del 5,61%.

Numeri che da soli giustificherebbero la decisione dei più grandi marchi di moda al mondo di attingere dalla cultura pop sudcoreana e tailandese per rimanere rilevanti ed espandere la loro base di consumatori. Ma dietro il successo di questi due mercati e dei loro attori e cantanti - sempre più spesso annunciati come «ambassador» esclusivi dei brand - c’è molto di più. Secondo Su Park, personaggio poliedrico che lavora al fianco di alcune delle più grandi maison al mondo: «Negli ultimi dieci anni, abbiamo notato che a livello globale la Corea del Sud e il suo popolo sono apprezzati quando rimangono fedeli a loro stessi. Faccio un esempio. Le nostre popstar si vestono in maniera molto diversa rispetto alle icone musicali dell’Occidente come Jennifer Lopez e Britney Spears. Non cercano di assomigliare a loro, ma restano autentiche come a dire: “Siamo coreane. Questo è cool”».

Questo approccio più conservativo alla moda sembra sposarsi perfettamente con le ultime tendenze viste in passerella e, quando si parla di moda uomo, sembra contribuire in maniera significativa a diffondere il concetto, promosso da tutti i maggiori marchi, di una nuova mascolinità soft. Mary Ainslie, professore all’Università di Nottingham, specializzata nello studio della cultura e dei media del sudest asiatico, è arrivata persino a ipotizzare che l’hallyu sia «un modello cosmopolita particolarmente flessibile di pan-asiaticità», più facile da sfruttare (e far accettare) e persino più impattante del suo predecessore, il Giappone, «grazie a una mancanza di una preesistente reputazione storica negativa». Per il mercato interno - Hermes, Chanel e Louis Vuitton hanno registrato vendite pari a quasi tre miliardi di dollari nel 2022 - ha proseguito Ainslie «fare leva sull'immagine della coreanità da parte dei marchi di lusso dà un legame particolare sia con il cosmopolitismo che con l'asiatizzazione, la nozione di essere un cittadino globale ma saldamente ancorato alla regione asiatica».

NOTE

  • Le gallery verranno costantemente aggiornate
  • Sono presenti nelle gallery solo gli artisti ufficialmente annunciati come ambassador o «amici»dalle case di moda (alcuni personaggi potrebbero essere invitati a eventi/sfilate ma non avere partnership)
  • Alcuni artisti thailandesi sono presenti nella gallery «Corea del Sud» perché diventati popolari nel Paese

Bally

- DK del gruppo K-pop SEVENTEEN​

Gli ambassador della Thailandia

Burberry

  • Vachirawit Chivaaree, Bright, attore

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Mariella Baroli