L'ombelico del mondo
(Photo by Estrop/Getty Images)
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L'ombelico del mondo

Schiaparelli apre la settimana parigina dedicata all'haute couture con una collezione onirica, dove ironia e creatività si fondono in un connubio perfetto

L’ombelico messo al centro di un buco della serratura creato con un accessorio dorato che tiene insieme i due pezzi dell’abito: come dire «Guardate pure, sono qui per mostrare». E non solo l’ombelico ma il mondo attraverso esso. Il mondo dell’arte e dell’alta moda quella eccentrica e vistosa che cita e si impone per voluminosità, colori, accessori.

La grammatica dell’americano Daniel Roseberry, direttore creativo di Schiaparelli dal 2019, è perfettamente comprensibile e in linea con la bulimia di visibilità contemporanea. La sua visione creativa è, per sua stessa ammissione, organica poiché trae linfa dal mondo della natura, delle piante e degli animali: le foglie diventano monili, i rami decori, il vello si trasforma in colli dalle proporzioni esagerate.

Enormi cappotti di piume, pantaloni oversize che sembrano gonnellone, abiti a tubo con strascico arrotondato contribuiscono a regalare quel bisogno di disubbidienza da regole e convenzioni che solo la couture può giustificare. E, in linea con la tradizione della maison Schiaparelli e del suo legame con il mondo dell’arte, Roseberry manda in passerella il blu di Klein, i mosaici di Jack Whitten, le illustrazioni di Mirò. Per non parlare delle albe surrealiste di Dalì e delle pareti dello studio di Lucien Freud che si ritrovano spennellate su un piumino oversize in laminato bianco.

Il messaggio è chiaro, l’abito couture è sintesi di creatività, ingegno, sartorialità e non va semplicemente indossato, ma va esibito con ironia, intelligenza e un pizzico di sana follia esibizionistica. Appunto.


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Antonella Matarrese