Mahmood
La cover di Ghettolimpo / Universal Island
Lifestyle

Mahmood: «In Ghettolimpo sono un Narciso marcio»

L'atteso secondo album della voce di Soldi, anticipato dai fortunati singoli Inuyasha, Klan e Zero, è influenzato dalla mitologia classica e dai videogiochi giapponesi

«Ghettolimpo rappresenta ciò che sta a metà, mette al centro gli eroi di tutti i giorni, persone normali raccontate come divinità». Parola di Mahmood, vincitore di Sanremo 2019 con la hit multiplatino Soldi, che ha raccontato alla stampa, via Zoom, la genesi del suo nuovo, atteso album Ghettolimpo, da oggi disponibile in digitale, cd e vinile. Oltre a Dardust, che lo accompagna fin dagli esordi e che qui ha curato l'intera supervisione artistica del progetto, Mahmood ha coinvolto anche alcuni fra i migliori produttori come MUUT, Francesco Fugazza, Francesco "Katoo" Catitti e autori quali Davide Petrella e Salvatore Sini. Il disco è stato anticipato dai fortunati singoli Inuyasha, Klan e Zero, quest'ultimo brano che fa parte della colonna sonora dell'omonima serie originale Netflix. L'album è frutto di una lungo processo creativo, come ha raccontato Mahmood. «Ho iniziato a scrivere Ghettolimpo due anni e mezzo fa, subito dopo Sanremo: è un album fortemente influenzato dai miei viaggi. Tutto è partito da un aereo in direzione Tunisi, infatti il primo pezzo che ha preso forma è stato Baci dalla Tunisia. In questo disco c'è un mondo che ho creato io, che ha partorito la mia mente e deriva dalla mia passione per la mitologia. Mamma da ragazzino mi regalò una sorta di enciclopedia. Alla fine del volume c'era un dizionario mitologico».

Alessandro Mahmood, nato a Milano il 12 settembre 1992 da madre sarda e da padre egiziano, è un perfetto esempio di multiculturalismo vincente. Mentre Gioventù bruciata (disco di platino) parlava prevalentemente del suo passato, Ghettolimpo racconta la sua vita attuale, assai diversa e con molte più pressioni dopo l'inaspettato trionfo di Soldi. «Mi sento un Narciso marcio. Mi ha sempre affascinato la sua figura. Mentre lui si guardava allo specchio e si piaceva talmente tanto che per baciarsi è morto, io sono un Narciso al contrario. Mi guardavo allo specchio, dopo la vittoria al Festival di Sanremo del 2019, e facevo fatica a riconoscermi. Anche i miei amici e mia madre avevano difficoltà a relazionarsi con me per l'improvviso cambiamento di vita». L'immaginario di Ghettolimpo è fortemente influenzato dal mondo dei videogiochi, sia nell'estetica che nelle sonorità: «Sono sempre stato appassionato di Nintendo, Playstation, Pokemon, manga e fumetti. Kobra ha un beat videogame come Dorado e Talata, io li chiamo 'beat alla Super Mario'. Con Dardust abbiamo voluto ricreare quel mondo. Anche Inuyasha è figlio di questo immaginario. La confezione del disco sarà verticale, proprio come quella di un gioco della Play Station».

In controtendenza con gli album-compilation oggi tanto in voga in ambito rap e urban, sono solo quattro i featuring presenti nell'album, con Elisa in Rubini, Sfera Ebbasta e Feidi in Dorado e Woodkid in Karma, uno dei brani più riusciti dell'album. «Non mi andava di riempire questo disco di tanti duetti - sottolinea Mahmood -. Quando metti la voce di un altro, devi dargli importanza. Deve avere spazio per raccontarsi. Ho avuto la fortuna di conoscere Woodkid a Parigi, ne sono nate un'amicizia e una stima reciproca che si sono poi concretizzate in una collaborazione artistica. Sono tornato a Parigi in studio da lui e abbiamo sperimentato insieme accordi e melodie scrivendo il testo in inglese, per poi tradurre solo la prima strofa in italiano». Uno dei vertici di Ghettolimpo è la suggestiva T'amo, una canzone romantica in cui si amalgamano alla perfezione un beat hip hop con le cornamuse, dove nel ritornello è citato No potho reposare, un pezzo tradizionale sardo. «Ogni estate vado a Orosei a trovare mia cugina Antonellina, che gestisce un baretto sulla spiaggia. Un giorno mi racconta che canta in un coro femminile e mi mostra un video in cui si esibiscono sulla spiaggia in abito tradizionale sardo: mi ha lasciato senza parole. Le ho coinvolte nella canzone, anche se non è stato semplice, perché non avevano mai cantato su una base. Il risultato è una sorta di preghiera laica, senza distinzione di religione».

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Gabriele Antonucci