The Lodgers, Non infrangere le regole - La recensione
Al cinema un horror irlandese originale e luttuoso che agli effetti violenti preferisce il brivido d’atmosfera
Tira aria di Mary Shelley, con qualche vertigine alla Edgar Allan Poe, nell’Irlanda anni Venti tra colline, dirupi e boschi fumiganti di brume. E due piani d’una dimora grigia, scrostata che, vista già da fuori, è ultraminacciosa; figurarsi dentro, dove tutto è in sfacelo, sommerso di polvere, d’incubi e soffocato dal puzzo di morte attorno ai due gemelli Rachel (Charlotte Vega) e Edward (Bill Milner) che colà, si fa per dire, vivono.
Sono loro i protagonisti di The Lodgers – Non infrangere le regole (in sala dall’8 marzo, durata 100’), horror curioso e abbastanza inusuale costruito dal regista Brian O’Malley –irlandese, all’opera seconda dopo Let Us Prey del 2014 – sul filo del mistery gotico-romantico che ai sussulti e ai terrori squadernati preferisce le sfumature del costrutto atmosferico.
Antenati maligni e gelosi delle tradizioni
Il problema di Rachel e Edward, oltre la non sempre facile gestione dell’essere, appunto, gemelli, è che sono prigionieri di quella magione infestata dagli spettri maligni dei loro antenati – gemelli pure loro e tutti morti suicidi – che hanno nei secoli impartito ordini severi: mai coricarsi dopo la mezzanotte, mai far entrare un estraneo in casa, mai lasciar solo l’altro fratello.
Conseguenze nefaste se non si obbedisce: se ne ha sentore in qualche “apparizione” sempre minacciosa o nelle scure acque gorgoglianti che affiorano, a mezzanotte in punto, da una botola al pianterreno, accompagnate da voci e rantoli sospirosi dei defunti secolari e, più d’appresso, dei genitori dei due gemelli che si sono tolti la vita anni prima nel vicino lago – dal quale ogni tanto lèvitano in trasparenze fantàsmiche - proprio sotto gli occhi di Edward. Il quale, ancora traumatizzato e impaurito, vive nella casa come un vampiro, amante dell’oscurità e dei pesanti tendaggi che lo proteggono dalla luce del giorno.
Ma quella sorella ha tanta voglia di scappare
Rachel, invece, alla tribolazione conservativa del fratello oppone reiterati tentativi di evasione da quella trappola, peraltro incoraggiata dall’incontro con Sean (Eugene Simon), reduce di guerra che, pur avendo perso una gamba, mantiene l’aitanza del bel giovanotto capace di accendere in lei prima i tepori poi i fuochi del desiderio. Insomma la catastrofe è alla porta di casa, con i fantasmi pronti a bussarvi furiosamente reclamando il rispetto delle loro regole e preparando un finale carico di suggestioni e immersioni acquatiche.
L’acqua e la sua funzione allegorica
L’acqua, del resto, pare essere la tendenza del momento (Del Toro docet), anche in una funzione allegorica che qua si dilata all’ansia “socialmente” evolutiva di Rachel, cioè l’anello femminile della coppia gemellare a fronte del cupo tradizionalismo immobilista del fratello. Siamo anche nei paraggi dell’8 marzo e la relazione è pertinente.
Resta poi la qualità di un horror esplorativo fuori schema che si astiene dall’affibbiare pugni nello stomaco sottraendosi al campionario di effetti ed effettacci correnti, magari pasticciando un po’ e a tratti afflosciandosi su qualche parentesi verbosa. Ma tutto sommato conservando una cifra accuratamente luttuosa e funesta, molto originale nel suo ambiente irish ruvido ed essenziale, brunito e cigolante di vecchi legni, profumato di fresca sensualità.