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Ultimo raccoglie il testimone di Venditti all’Olimpico

Ultimo raccoglie il testimone di Venditti all’Olimpico

Il giovane cantautore romano, che ieri si è esibito nel primo dei tre concerti sold out allo stadio di Roma, è stato “benedetto” dall’autore di Notte prima degli esami, di cui potrebbe diventare l’erede

Per chi è romano (meglio ancora se anche romanista) Antonello Venditti non è soltanto un cantautore, ma una vera e propria istituzione della città, di cui ha raccontato magistralmente le tensioni sociali, i (pochi) trionfi sportivi, gli splendori, le miserie e le infinite contraddizioni di una metropoli troppo grande, abitata da quasi quattro milioni di persone.

Le sue celebri esibizioni al Circo Massimo nel 1983 e nel 2001, entrambe per celebrare lo scudetto della Roma, sono state seguite ogni volta da quasi un milione di spettatori, il record italiano assoluto per un concerto. Grande comunicatore e artista appassionato, Venditti è entrato nel cuore della gente grazie alle sue canzoni dirette, malinconiche e ricche di pathos, caratterizzate da una grande ricchezza di temi. Acuto osservatore della realtà politico-sociale, il cantautore ha scritto canzoni come Sotto il segno dei Pesci, Modena e In questo mondo di ladri che sono ancora oggi di grande attualità. Le protagoniste femminili delle sue canzoni, da Giulia a Sara passando per Claudia, sono così tridimensionali e accurate da sembrare persone che conosciamo realmente.

Nel suo caso il detto “nemo propheta in patria” fa una clamorosa eccezione: Venditti è riuscito a legare indissolubilmente il suo nome alla sua amata città, osservata in ogni suo angolo attraverso le lenti gialle dei suoi inseparabili Ray-Ban a goccia. Difficile pensare a un suo erede, anche se ieri sera, poco dopo le 22, il duetto con Ultimo in Sora Rosa nel primo dei suoi tre concerti sold out allo Stadio Olimpico, le sue parole al miele nei confronti del giovane cantautore romano e il lungo abbraccio tra i due sono sembrati quasi un passaggio di testimone tra uno dei più importanti esponenti della prima scuola cantautorale romana e il suo allievo più promettente. «Ah belli,come state tutto bene? », saluta Ultimo il suo pubblico. «Chi mi segue da anni sa che non sono molto bravo a parlare e che quello che ho da dire lo esprimo direttamente nelle mie canzoni. Suonare in questo stadio, dopo quattro anni, non è solo una grande gioia, ma anche una grande responsabilità artistica.

Per questo voglio chiamare sul palco quello che considero uno dei miei padri artistici: ho iniziato a scrivere canzoni a quattordici anni anche grazie a lui e la sua Sora Rosa mi ha cambiato la vita». Applausi scroscianti per l’ingresso di Venditti, che, dopo il duetto in Sora Rosa (che ha un testo perfetto per le corde di Ultimo: «A Sora Rosa me ne vado via, c’ho er core a pezzi pe’lla vergogna, de questa terra che nun mm’aiuta mai, de questa gente che te sputa n’faccia, che nun ha mai preso na farce ‘n mano, che se distingue pe na cravatta »), si siede al pianoforte e canta Notte prima degli esami. Il regista indugia spesso sugli occhi lucidi di Ultimo, che guarda Venditti seduto e quasi incredulo di vedere uno dei suoi idoli cantare come ospite in un suo concerto. Naturalmente è ancora impossibile paragonare un cantautore con oltre cinquant’anni di carriera, che ha pubblicato diciannove album e decine di singoli di successo, con un artista che ha debuttato nel 2017 e che ha inciso solo cinque dischi, però è innegabile che il senso di comunanza che si respirava ieri sera all’Olimpico e, cosa ancora più impressionante, il modo in cui le canzoni di Ultimo venivano cantate dalla prima all’ultima parola da tutto lo stadio, dimostrano che Niccolò Moriconi è destinato a lasciare un segno importante nella storia della musica popolare della sua città (e non solo). Mentre la poetica di Venditti (cresciuto in un ambiente borghese) traeva linfa dalle tensioni politiche degli anni di piombo e dalla frequentazione della fucina artistica del Folkstudio, Ultimo si è formato direttamente nell’osservatorio periferico del parco di San Basilio sotto casa, che oggi è stato ribattezzato “parchetto di Ultimo” ed è diventato meta di pellegrinaggio da parte dei suoi numerosi fan. Un quartiere difficile, dove a volte si imboccano strade devianti, mentre Niccolò ha avuto la forza di credere al suo sogno, quello di comunicare attraverso la sua voce e il pianoforte, anche quando veniva osteggiato in famiglia e dalla sua cerchia di amici.

Al di là dei numeri-monstre (195 mila biglietti venduti per soli i tre concerti consecutivi allo Stadio Olimpico), quello che ci ha impressionato di più dello show di Ultimo di ieri è la partecipazione emotiva del suo pubblico, simile a quella dei concerti di Vasco Rossi: anche dall’ovattata Sala Stampa della Tribuna Monte Mario si percepiva quanto quelle canzoni siano riuscite a toccare corde molto profonde della loro vita, almeno a giudicare dai decibel con i quali venivano cantate in coro dai 65.000 dell’Olimpico. Quella sensazione di essere un tutt’uno con il loro beniamino, che non viene percepito come un idolo lontano e irraggiungibile, ma come un amico e un fratello maggiore che ce l’ha fatta e che vuole che ce la facciamo anche noi a realizzare la nostra favola, forse è la maggiore forza di Ultimo. Mentre molti artisti oggi vantano continuamente vittorie di dischi di platino e dischi d’oro, mentre i concerti in piccole venue raccontano tutt’altra realtà, Ultimo è riuscito a trasformare quei dischi di platino in streaming in decine di migliaia di persone vere, fisiche, reali, che ascoltano davvero la sua musica e per le quali quelle canzoni, che raccontano la precarietà di vita e di sentimenti di ogni ventenne di oggi, non sono mero intrattenimento, ma sono una parte importante della loro vita: una parte reale, tangibile, concreta.

Mentre oggi in radio siamo sommersi da tormentoni costruiti con idee inversamente proporzionali al numero degli ospiti, da brani trap monocordi e lugubri, con testi con la profondità di una pozzanghera, da un indie rock che di indie ha solo la sciatteria, le canzoni di Ultimo, pur nelle loro strutture armoniche e negli accordi abbastanza semplici, suonano fuori dal tempo (soprattutto nelle ballad voce e piano) e per questo, sono meno soggette alle mode passeggere e alla volubilità dei gusti del pubblico giovanile. Un’altra cosa che ci ha colpito ieri sera, vedendo i primi piani dei volti entusiasti degli spettatori delle prime file trasmessi live dalle telecamere sull’enorme ledwall di 600 mq, è l’età media più alta di quella che pensassimo e di una percentuale di ragazzi non troppo inferiore rispetto alle ragazze: un’altra conferma che Ultimo non è l’idolo adolescenziale del momento, pronto per essere sostituito tra sei mesi da un altro teen idol più giovane e avvenente, ma un giovane cantautore che ha dalla sua la forza del repertorio.

La dimensione live, in cui l’artista romano è affiancato da una band di assoluto valore (dove spiccano lo straordinario batterista Mylious Johnson, i chitarristi Manuel Boni e Raffaele “Rufio” Littorio, il sassofonista Andrea Innesto e il pianista Jacopo Carlini), esalta i brani più uptempo, come Sono pazzo di te, Ovunque tu sia e Vieni nel mio cuore. Le ballad prevalentemente voce e piano, però, sono le specialità della casa, così Ultimo le esegue al pianoforte sospeso in aria e con dietro di lui le immagini della luna e dei pianeti nel suggestivo set di Alba, Amare, L’eleganza delle stelle, Solo, Giusy e Rondini al guinzaglio: lo stadio si illumina con migliaia di luci dei cellulari e la voce del cantante è un tutt’uno con quella degli spettatori. Il concerto, che è durato oltre due ore per 25 brani senza un attimo di pausa, è suddiviso in alcuni set autonomi, dei veri e propri show ben definiti all’interno dell’esibizione: prima i brani più ritmati, poi un medley acustico al centro della passerella a croce, un altro medley chitarra e voce e il già citato set piano e voci, prima dei fuochi di artificio finali, con la chiusura del brano-manifesto Sogni appesi: «E adesso tirando le somme/Non sto vivendo come volevo/Ma posso essere fiero di portare avanti quello che credo/Da quando ero bambino solo un obiettivo/ Dalla parte degli ultimi per sentirmi primo». Dopo il primo dei tre concerti sold-out allo Stadio Olimpico (si replica l’8 e il 10 luglio), trasformato per l’occasione in una casa degli Ultimi che in cuor loro sperano un giorno di farcela seguendo l’esempio del loro beniamino, l’impressione è che non solo “la favola continua” (prendendo il prestito il nome del tour 2023 negli stadi), ma che, per il ventisettenne Ultimo, la favola sia appena iniziata.

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