Vista da qui, l’Italia del pallone che calcia e scalcia con la promessa di ritornare grande sotto la guida di Antonio Conte pare bella e convincente. Merito di alcuni senatori, che in azzurro hanno già scritto pagine importanti. Ma anche e soprattutto di aspiranti campioni che presto o tardi busseranno ai cancelli di Coverciano con la pazza idea di vestire il tricolore. Scegliamo noi, questa volta si gioca con il 4-3-1-2, sperando che chi sta davanti abbia voglia di dare una mano a chi gioca dietro. La formazione? Eccola, da destra a sinistra: Sportiello; Rossettini, Bonucci, Goldaniga; Saponara, Marchisio, Greco, Bonaventura; Vazquez; Maccarone, Toni. Restano fuori, ma soltanto per ragioni di abbondanza, Matri della Lazio e Mirante del Bologna.

Marco Sportiello si sposerà mercoledì 23 dicembre per poi volare in viaggio di nozze in Costa Azzurra.

Luca Rossettini (Bologna). Il difensore-bomber della Serie A. Torna a fare festa a sei giorni di distanza dalla rete realizzata contro il Napoli e fa del suo meglio e pure di più per bloccare le ripartenze degli avanti del Genoa. La cura Donadoni ha fatto benissimo anche a lui.

Leonardo Bonucci (Juventus). Se la Fiorentina fa fatica a dare fluidità e consistenza alla manovra offensiva, il merito è anche e soprattutto del centrale bianconero, bravo a disinnescare le azioni avversarie prima che diventino una reale minaccia.

Edoardo Goldaniga (Palermo). Segna il secondo gol in campionato – anche se viziato da un paio di irregolarità da mani nei capelli – e si batte come un veterano per confermare le ottime recensioni che ha ricevuto da quando è stato promosso tra i titolari. Se continua così, sarà a fine campionato tra i pezzi più richiesti della premiata ditta Zamparini.

Riccardo Saponara (Empoli). Diciamola tutta. Se fossimo al posto di Antonio Conte saremmo tentati e pure di più di consegnare all’ex rossonero una maglia da titolare al prossimo Europeo. Contro il Carpi, l’ennesima gara da 7 in pagella. Il gol, bellissimo. I movimenti e le intuizioni in mezzo al campo, ancora di più. Qualità superiore.

Claudio Marchisio (Juventus). La sostanza, prima di tutto. Allegri gli chiede di badare alle scorribande della coppia di guastatori Borja Valero e Ilicic e lui esegue alla lettera il compito. Dalle sue parti, non si passa. Una giornata da operaio: utile, quasi necessaria.

Leandro Greco (Hellas Verona). Costringe De Jong al placcaggio in stile rugby, che produce cartellino rosso e rigore. Per il resto, una grinta da mastino che nel periodo nero della squadra scaligera vale come una pepita d’oro.

Giacomo Bonaventura (Milan). Va bene, avrebbe potuto e dovuto trovare il tempo e il modo di battere il portiere dell’Hellas Gollini in due occasioni due. Ma cosa dire del resto? Quando cambia marcia lui, il Milan si trasforma e diventa meno brutto di quello che è: date retta, di questi tempi non è roba da poco.

Franco Vazquez (Palermo). Uno lo segna, l’altro lo sbaglia. El Mudo contribuisce alla preziosa vittoria dei rosanero sul Frosinone con una prestazione buona e abbondante. Realizza il gol del 2-0 e dispensa tocchi di alta scuola nella trequarti avversaria. Vero, fallisce una ghiotta occasione nella ripresa, ma se gioca così il Palermo ha meno paura.

Massimo Maccarone (Empoli). E poi, Big Mac, il miglior giocatore made in Italy dell’ultima giornata di campionato. Per definire la sua prova contro il Carpi, basterebbero i numeri: due gol segnati e un assist vincente. Come dire, un carroarmato con una corazza imperforabile. Trascinatore e leader, insieme con Saponara, di un Empoli che con Giampaolo non sta facendo rimpiangere la straordinaria gestione Sarri.

Luca Toni (Hellas Verona). Quella di Milano potrebbe essere stata la sua partita nella tana del diavolo. Eppure, a guardarlo giocare così viene voglia di organizzare una raccolta firme per spingerlo a rinnovare il suo impegno con il pallone. Segna il gol che riporta in pari l’incontro dopo aver dato il via all’azione che si spegne con il rigore. Maestro.
