In tutto il mondo occidentale si sta verificando «un’epidemia» di miopia nelle nuove generazioni. E un anno di didattica a distanza, spingendo i bambini a trascorrere tante ore su computer e tablet, ha peggiorato le cose.
Tra i vari «furti» perpetrati dalla pandemia, oltre alla salute, alla spensieratezza, ai viaggi, alla socialità, c’è anche quella della perdita di orizzonti. Non intesa in senso metaforico (certo, anche quello), ma proprio come riduzione della visione da lontano. Nel lavoro da remoto e nella didattica a distanza, i nostri occhi hanno continuato a fissarsi a pochi centimetri dal viso, inchiodati su schermi di computer, telefonini, tablet.
Visione un po’ ammaccata per tutti, compresi i più piccoli: dal 2019 a oggi – rispetto agli anni a.C. (ormai la sigla indica ante Covid), si è registrata un’impennata di miopia infantile. E gli studi che ipotizzano un legame tra pandemia e disturbi della vista sono più di uno. Un’indagine pubblicata sul British Journal of Ophthalmology dall’Università di Hong Kong (i giovani cinesi sono, in generale, tra i più miopi del pianeta), ha preso in esame 1.793 partecipanti all’Hong Kong Children Eye Study, fra i 6 e gli 8 anni, divisi in due gruppi: 709 bambini sono stati seguiti per otto mesi dal dicembre 2019, mentre altri 1.084 hanno completato un ciclo di osservazione di tre anni iniziato prima del coronavirus. Risultato: nel primo gruppo, il tasso di insorgenza della miopia è stato del 27 per cento confronto al 16 per cento del secondo. Parallelamente, è sceso il tempo trascorso all’aria aperta, da oltre un’ora a 24 minuti.
Su Jama Ophtalmology un altro studio su 120 mila bambini cinesi tra i 6 e i 13 anni ha registrato nel 2020 un incremento di miopia tre volte maggiore rispetto al periodo pre-pandemico. Commentando l’indagine, un gruppo di ricercatori olandesi ha aggiunto che anche in altri paesi, con diverse proporzioni di incremento, si è osservato lo stesso fenomeno, definendo il 2020 «l’anno della miopia da quarantena»: «Le misure di isolamento» sostengono «sono tuttora importanti per ridurre la diffusione del virus. Tuttavia, un blocco intelligente dovrebbe prendere in considerazione un’attenta pianificazione delle attività al chiuso e non limitare il gioco all’aperto nei bambini» . Infine, su Lancet, l’oculista pediatrico argentino Carolina Picotti scrive che il lockdown ha coinciso con un aumento del 40 per cento nella progressione della miopia fra i 5 e i 18 anni.
Il fenomeno delle nuove generazioni sempre più «occhialute», peraltro, riguarda tutto il mondo occidentale, con un’esplosione demografica di miopia. In Asia, la sua prevalenza nei giovani si avvicina al 100 per cento, nella Corea del Sud il 96 per cento degli under 20 anni è miope, negli Stati Uniti lo è il 40 per cento (in Africa, per fare un confronto, la percentuale non va oltre il 10). In Italia, il problema riguarda il 30 per cento della popolazione, e circa 1 milione e 700 bambini. Che un prolungato impegno visivo da vicino possa danneggiare gli occhi è un fenomeno noto da tempo. Già nel 1720 Bernardino Ramazzini, il fondatore della medicina del lavoro, aveva rilevato che particolari categorie di lavoratori, come chi faceva i rammendi, nel tempo perdeva un po’ di vista. Certo, la miopia è una malattia multifattoriale, dove conta parecchio l’ereditarietà. Ma, come ha ribadito Paolo Nucci, ordinario di oftalmologia all’Università di Milano, nel recente talk Occhio allo schermo, «è sicuramente causata anche da elementi ambientali, come il lavoro da vicino e la scarsa attività all’aria aperta. Con il Covid abbiamo costretto i bambini in ambienti con un orizzonte di 4-5 metri, stavano sul computer dal mattino alla sera».
Se pure, come sottolinea Francesco Bandello, «la didattica a distanza non ha causato cambiamenti strutturali agli occhi, vero è che ci impegnamo sempre di più nella visione da vicino, e accade anche nei bambini che a partire ormai dai due o tre anni giocano con i device e i genitori pensano “quanto è intelligente mio figlio…”. Quando guardiamo da vicino attiviamo il muscolo ciliare che, all’interno dell’occhio, accomoda e consente la messa a fuoco alla giusta distanza. È un muscolo che alla nascita ha una forza enorme, consente ai bambini di guardare cose vicinissime, poi con gli anni la sua funzionalità si riduce. E se questo sforzo di accomodazione si verifica troppo spesso, si va incontro a miopizzazione dell’occhio».
Aggiunge Gianni Zuccheri, medico oculista a Torino: «Come i muscoli degli atleti molto sollecitati, anche quelli oculari possono andare incontro a ipertrofia: si rafforzano per vedere da vicino finché il bulbo oculare “stirato” cresce in modo abnorme. Questo avviene in fase di crescita Nei bambini che stanno poco all’aperto, dove l’occhio si resetta guardando in lontananza, e molto al chiuso, schermi e telefonini favoriscono una sorta di “usura” del bulbo oculare. Questa sfocatura delle immagini fa credere al cervello che le dimensioni dell’occhio non siano giuste, e innesca lo stimolo per una crescita eccessiva del bulbo oculare».
Non solo. «Davanti ai videoterminali sbattiamo con meno frequenza le palpebre, movimento fondamentale per distribuire le lacrime sull’occhio. Doveroso integrare la lacrimazione mancante con colliri, anche nei bambini» dice Bandello. Nei più piccoli, poi, la Dad ha favorito altre cattive abitudini (lo ha fatto negli adulti in smart working, figuriamoci nei ragazzini): mangiucchiare snack troppo dolci o troppo salati. «Il cattivo carburante incide sulla vista. Tanto sodio, poco magnesio e potassio, poche vitamine C e D. Alimentarsi male non causa miopia ma può dare stanchezza visiva e cefalea, correlate anche alle errate posizioni assunte davanti agli schermi» aggiunge Zuccheri.
La miopia è reversibile? Per ora no, ma diverse aziende ottiche si sono buttate, con questa speranza, sul «defocus ipermetropico periferico»: un fenomeno (semplificando molto il concetto) considerato un fattore di allungamento del bulbo oculare, che nei miopi è più lungo. Così molti produttori hanno intravisto un potenziale mercato nella messa a punto di lenti che lo correggono. L’obiettivo è contenere l’allungamento del bulbo e contrastare la miopia. Sono efficaci? «Ci sono evidenze che sembrerebbero dimostrarlo, ma per ora mancano prove cliniche forti per poterle considerare una soluzione» commenta Bandello.
Oggi che ci siamo reimpossessati di una – quasi – normalità, la cosa migliore è reinsegnare agli occhi a scrutare l’orizzonte, per così dire. La Soi, Società oftalmologica italiana, consiglia di «tenere lo schermo non troppo vicino e fare una pausa di 10 minuti ogni ora, guardando in lontananza. E passeggiate all’aperto per ridurre il rischio di miopia».
Sarà difficile, in città, spingere lo sguardo oltre un paio di case, l’importante è andare oltre quel metro di distanza micidiale per la miopia. E se è vero che le giornate si accorciano e di luce ce n’è sempre meno, approfittare di quella che ogni tanto buca il cielo. Incoraggiato dal sole, il nostro organismo produrrà vitamina D, importante, oltre che per le ossa e il sistema immunitario, anche per gli occhi dei più piccoli.
