Una delle questioni più pressanti della medicina contemporanea è quella dell’eccesso di peso, che non riguarda solo l’estetica ma soprattutto la salute: l’obesità è correlata a un aumentato rischio di diabete, malattie cardiovascolari, disfunzione metabolica. In questo contesto, un team italiano ha deciso di non limitarsi alle strategie classiche – restrizione calorica, aumento dell’attività fisica, farmaci tradizionali – ma di puntare a intervenire sul metabolismo stesso, cambiando la logica dell’intervento. L’azienda torinese Resalis Therapeutics ha presentato a Vienna, durante il congresso della European Association for the Study of Diabetes (EASD), un composto sperimentale denominato RES-010 che funziona come un “silenziatore genetico”: una piccola sequenza introdotta con iniezione sottocutanea settimanale, che si lega a un regolatore molecolare noto come miR-22, considerato un “controllore master” di vari processi chiave, tra cui il modo in cui l’organismo utilizza i grassi, l’attività dei mitocondri e il rimodellamento del tessuto adiposo. Il principio alla base è che, bloccando questo regolatore, non si agisce semplicemente sull’appetito o sulla quantità di cibo consumata, ma sulla macchina metabolica che in molti casi è alterata: nel trial i topi trattati hanno perso peso nonostante mangiassero la stessa quantità di cibo dei topi non trattati. Questo suggerisce che non si tratta di sopprimere la fame, ma di riprogrammare il metabolismo.
I risultati ottenuti nei modelli animali sono promettenti. Negli studi su topi obesi trattati una volta alla settimana per circa cinque mesi, il gruppo che riceveva l’iniezione ha perso circa il 12 % in più rispetto al gruppo non trattato, con una perdita graduale che ha portato gli animali a tornare su un peso definito “sano”. Ancora più interessante, sempre secondo gli autori, è il dato che il peso perso non viene recuperato una volta interrotto il trattamento. Se confermato, questa caratteristica rappresenterebbe un grande passo avanti rispetto alle terapie finora disponibili, in cui spesso il recupero del peso è un problema significativo. Il valore terapeutico, insomma, nasce dalla capacità di agire sui processi fondamentali del metabolismo, non solo sugli esiti: grasso, energia, tessuto adiposo, mitocondri. In questo senso, intervenire su miR-22 significa affrontare più fronti contemporaneamente, e la speranza è che lo stesso approccio possa tradursi nell’uomo, migliorando non soltanto la perdita di peso ma anche la sensibilità insulinica, la distribuzione del grasso e la funzione metabolica.
Naturalmente, va sottolineato che la strada è ancora lunga. Il farmaco è in una fase iniziale (fase 1.1), e restano da affrontare questioni fondamentali come la sicurezza nel lungo termine, l’efficacia in esseri umani con profili diversi, l’eventuale comparsa di effetti collaterali, la durata dell’effetto nel tempo e la traduzione clinica del risultato di perdita di peso in reali benefici per la salute. Occorre anche considerare le implicazioni regolatorie e tecniche: un silenziatore genetico comporta sfide legate alla produzione, al monitoraggio dell’effetto, alla comprensione di come funzioni nel contesto complesso del corpo umano, rispetto a un modello animale più omogeneo. Tuttavia, se questi ostacoli verranno superati, potremmo assistere a una vera e propria svolta nella cura dell’obesità: non più solo gestione del peso attraverso dieta e stile di vita, ma riprogrammazione metabolica, ottenuta con una somministrazione settimanale. Per i pazienti, ciò vorrebbe dire non solo perdere i chili in eccesso, ma mantenerli, senza essere schiavi della restrizione o affrontare continuamente il rischio di recupero.
