Oltre i 38 gradi, cominciamo ad agitarci, imbottendoci di antipiretici. Soprattutto in questo periodo, tra Covid che torna e influenza che corre. Eppure la temperatura alta, come ricordano gli esperti, è una nostra alleata, farla scendere aiuta i virus e ritarda la guarigione.
«L’umanità ha solo tre grandi nemici: la febbre, la carestia e la guerra; di questi il più grande, il più terribile, è la febbre». Sono passati quasi 130 anni da quando il medico canadese William Osler, padre della medicina moderna, pronunciò ad Atlanta questa frase davanti a un uditorio di colleghi. Oggi, nonostante i grandi progressi della scienza, tra l’influenza stagionale e l’ennesima ondata Covid passiamo il tempo a cercare di farla scendere. E per colpa sua, ci ritroviamo spesso a compiere azioni inconsulte, come intasare i Pronto soccorso solo perché la temperatura è arrivata a 39 gradi. Ma la febbre è ancora, nel terzo millennio, un nemico da eliminare a ogni costo? No, anzi: può salvare la vita, favorire la guarigione, arginare la diffusione delle malattie infettive. Insomma, è un alleato. Tutto sta nel sapere quando svolge questo ruolo terapeutico, e quando invece va contrastata.
«La febbre è una delle componenti di quella risposta immunitaria del nostro corpo che definiamo innata» spiega Giovanni Maga, virologo, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche. «Questa risposta è la prima barriera difensiva che l’organismo mette in atto per rendere le nostre cellule e i nostri tessuti un ambiente meno favorevole alla proliferazione del virus o del batterio che sta causando l’infezione. Tutti gli agenti patogeni, quando la temperatura è sopra i 37 gradi, funzionano peggio, si duplicano in maniera meno efficiente, le loro strutture soffrono: giocoforza, rallentano la loro crescita».
Quando la febbre sale, quindi, anche se è molesta dobbiamo renderci conto che sta facendo il suo dovere, ossia lavorare alacremente per noi contro gli agenti patogeni; basta aspettare che «faccia il suo corso», come dicevano le nostre nonne. Ma in medicina, ormai dovremmo saperlo, niente è così semplice: «Se la temperatura sale in modo eccessivo» continua Maga «danneggia le cellule, perché anche loro hanno una condizione ottimale per poter funzionare al meglio, che è la normale temperatura corporea: la febbre non deve essere troppo alta né troppo prolungata nel tempo. Ma solo in questi casi è opportuno prendere provvedimenti».
Normalmente, infatti, dato che la febbre è una risposta immunitaria fisiologica, l’organismo a un certo punto riesce a spegnerla perché entrano in gioco gli altri elementi del nostro sistema di difesa, gli ormai celebri linfociti T, che vanno ad attaccare i patogeni. Se questo non succede e la febbre elevata persiste a lungo, bisogna agire con antipiretici, in certi casi con il ghiaccio, le spugnature e con tutto l’apparato di contrasto che ben conosciamo. Certo però non con la corsa al Pronto soccorso, cosa che succede sempre più spesso a causa di un’errata o mancante educazione sanitaria: «Il cittadino, in Italia, usa i servizi sanitari con un comportamento consumistico» sostiene Silvestro Scotti, segretario generale di Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale). «Molti pazienti, alla semplice comparsa della febbre alta, corrono in Pronto soccorso senza neanche contattare prima il proprio medico curante. Non sono più abituati a gestire l’attesa, che è invece un caposaldo della pratica clinica: quando compare la febbre è bene aspettare la sua evoluzione nelle 24 o 48 ore prendendo nota dell’andamento e dei picchi. Solo così il medico può arrivare a una diagnosi corretta e impostare un percorso di cura sensato».
Ma in una popolazione sempre più anziana e affetta da malattie croniche, l’impresa di riportare tutti alla ragione tenendo i semplici «febbricitanti» lontano dai Pronto soccorso – dove si rischia di stazionare per ore e ore portandosi a casa altri virus, se non addirittura il Covid – è ardua: «I pazienti spesso sommano la paura della febbre» continua Scotti «a quelle derivanti dalle patologie croniche. Temono che la febbre scompensi la pressione o esasperi il funzionamento del diuretico. A tutti vorrei dire di rivolgersi con fiducia al proprio medico: la febbre è utile e non interferisce con i farmaci che si assumono, che quindi si devono sempre prendere. Anzi, la temperatura alta fa sì che anche gli antibiotici funzionino meglio, perché in presenza di febbre si accelera il metabolismo, quindi l’assorbimento, la diffusione e il sistema di pompa cardiaca: tutti sistemi che aiutano il modello di difesa».
Nessun motivo, quindi, per preoccuparsi solo perché il termometro va su: anche per non stressare un sistema sanitario già in difficoltà: «In questa stagione, tra il picco influenzale e le ondate di Covid» spiega Massimo Geraci, primario di Pronto soccorso del Civico di Palermo, che conta 80 mila accessi all’anno. «Il problema dei pazienti che corrono in ospedale quando non serve si traduce in disagi, attese, e situazioni conflittuali. Occorre più consapevolezza e una maggiore cultura sanitaria». E sempre di mancanza di educazione sanitaria si parla, quando nella corsa a debellare la febbre anche nei casi in cui sarebbe più utile lasciarla agire, si arriva a far sparire dalle farmacie intere tipologie di medicinali: mettendo così a rischio chi, per problemi più gravi di qualche grado in più, ha davvero bisogno di assumerli.
Non a caso i farmacisti nelle ultime settimane hanno più volte richiamato l’attenzione sulla mancanza di antifebbrili, soprattutto per bambini, a base di ibuprofene, antipiretici e antibiotici, scomparsi dagli scaffali (e con un incremento della spesa per questa categoria di farmaci del 4,3 per cento rispetto al 2022). «Quest’anno, la responsabilità di tutto ciò» precisa ancora Silvestro Scotti «è anche della forte ondata influenzale che ha colpito il nostro Paese, arrivata in anticipo rispetto al passato, in una popolazione che nell’ultimo biennio non ha avuto l’influenza, quindi mostra una maggiore suscettibilità a questa virosi. Rinnovo da parte mia l’invito alla vaccinazione, da effettuare eventualmente insieme alla quarta dose anti-Covid, perché l’“australiana” potrebbe mettere a dura prova il sistema sanitario». Prevenire dunque, e poi saper attendere, fidarsi dei medici, mantenere il sangue freddo anche quando la temperatura sale oltre i 38 gradi, tenere a bada l’ansia. E considerare la febbre una «quasi amica».
