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Quei farmaci, sorvegliati speciali

Quei farmaci, sorvegliati speciali

Non c’è solo l’efedrina, sottoposta a revisione per alcuni effetti avversi. Anche altri medicinali sollevano perplessità. Significa che non possiamo mai fidarci del tutto?


In un mondo che si vorrebbe affrancato dalla malattia e dalla sofferenza, il rischio del paradosso è dietro l’angolo: aver paura di ciò di cui non si deve. Della scienza, dei farmaci. La nostra aspettativa di essere sempre più sani e più longevi fatica ancora a capire sino in fondo il rapporto rischio-beneficio che guida le scelte, e può fare la differenza tra la vita e la morte. Un rapporto che sta alla base della revisione dei farmaci, quella procedura che impone una serie di «stop and go» per medicinali che magari sono sul mercato da anni se non da decenni e che – a un certo punto, in un certo Paese, o in una certa categoria di persone – danno vita a fenomeni inaspettati e dannosi.

Proprio ciò che è successo in Europa con alcuni diffusissimi prodotti contro raffreddore e influenza, contenenti pseudoefedrina. Medicinali da banco sui quali grava il sospetto di causare gravi patologie dei vasi sanguigni del cervello: nella fattispecie la sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES) e la sindrome da vasocostrizione cerebrale reversibile (RCVS). Per questo sono ora sottoposti a revisione da parte dell’European Medicines Agency, ente regolatorio che vigila sui farmaci e ne autorizza o meno la sperimentazione, la messa in commercio e la vendita continuata.

«Dobbiamo premettere che il processo di revisione è partito per la segnalazione di solo 10 eventi avversi – su milioni di consumatori – concentrati tutti in Francia» spiega Guido Rasi, già direttore di Ema (Agenzia europea per i farmaci) e ordinario di Microbiologia all’Università Tor Vergata di Roma. «A seguito di queste segnalazioni, che sono attive, cioè possono essere eseguite direttamente dai pazienti sul sito dell’Ema o attraverso medici di famiglia e ospedalieri, è partito quello che tecnicamente si chiama “referral”: un processo revisionale di sicurezza, realizzato con algoritmi potenti e sempre implementati, che nel caso della pseudoefedrina, che comunque già nel foglietto illustrativo indicava rischio di ictus, infarto e altri eventi avversi, si concluderà in maggio». A quel punto, si deciderà se lasciare tutto così com’è, se cambiare le indicazioni e/o le dosi nel foglietto illustrativo, se privarli dello status di prodotti da banco e collocarli tra quelli soggetti a prescrizione medica, o se sospenderli del tutto.

«All’inizio di ogni referral, e consideriamo che Ema ne porta avanti diverse decine ogni anno» prosegue Rasi «nessuno è in grado di sapere quali delle quattro decisioni verrà presa e come si concluderà ogni processo: occorre attendere la fine degli studi. Il caso della pseudoefedrina non è grave né particolarmente allarmante: infatti, se si ravvisano per determinati farmaci pericoli gravi e immediati per la salute pubblica, si procede invece con il “rapid alert”, in seguito al quale il medicinale viene sospeso e ritirato in tempi brevissimi, in attesa di successivi approfondimenti».

Tutto sembrerebbe, quindi, lineare e sicuro: il problema di fondo, tuttavia, è un concetto generale molto ampio e complesso che si basa sulla fiducia, sulla scienza, sulla fallibilità e sul rischio. «Intanto va detto chiaramente che il farmaco sicuro al 100 per cento non esiste» spiega ancora Rasi «ma che si lavora, sempre, per i farmaci, i vaccini e per qualsiasi atto medico, sul crinale del rapporto rischio-beneficio, che non è fisso e costante ma cambia nel tempo. Per questo i medicinali vanno sottoposti ad aggiornamenti periodici».

Ultimamente sono state avviate revisioni sull’uso del topiramato (farmaco contro l’epilessia) nelle donne in gravidanza, a seguito di uno studio che aveva evidenziato un possibile aumento del rischio di disturbi del neurosviluppo, dello spettro autistico e disabilità intellettiva nei piccoli le cui madri avevano assunto topiramato durante la gestazione. Inoltre, Ema nei mesi scorsi ha indagato anche sui farmaci contenenti folcodina, usati per trattare la tosse secca, temendo che l’uso possa causare reazioni anafilattiche in corso di anestesia generale. Un’altra lente d’ingrandimento è stata posta sul nemegestrolo, usato per i dolori mestruali e nella terapia ormonale sostitutiva e sospettato di essere a rischio per il meningioma (un tumore cerebrale benigno), e sulla terlipressina, medicinale per la sindrome epatorenale che potrebbe dare disturbi rspiratori. Ma sono solo alcuni dei molteplici esempi che si potrebbero fare, perché i referral sono continui, proprio per garantire maggiore sicurezza.

La formula rischio-beneficio che regola sperimentazione, approvazione e «vita» dei farmaci negli ospedali, nelle farmacie e nelle nostre case, è il fondamento della pratica clinica: ma è indubbio che, per i pazienti costretti ad assumere medicine, magari tante e in dosaggi non indifferenti, questi fenomeni di revisione – e a volte ritiro dal commercio – risultino inquietanti. E spingano a chiedersi se, quando il farmaco entra in commercio, non siamo proprio noi malati a costituire l’ultima sperimentazione, la cosiddetta «sorveglianza post-marketing»?

«Dobbiamo essere molto chiari» conclude il professore. «Quando un farmaco va in commercio è perché gli studi hanno dimostrato che è utile, per una determinata patologia e una determinata platea di pazienti: quindi i test clinici sono terminati. Però nessuna sperimentazione può dare tutte le possibili variabili di una popolazione. Se un paziente è contemporaneamente diabetico, iperteso, magari neoplastico e con insufficienza renale, sicuramente quella determinata popolazione con quelle concomitanti patologie non è stata studiata sul farmaco. Solo l’osservazione in “real life” ce lo può dire». E magari, a monte sarebbe utile rendere più veloce e intuitivo il sistema di segnalazione di eventi avversi, coinvolgendo le farmacie (già in molte regioni, ma non in tutte, è possibile compilare i moduli di segnalazione) e con campagne informative mirate e davvero comprensibili. Quel che è certo è che bisogna essere consapevoli che anche nel terzo millennio delle supertecnologie e dei progressi scientifici, nessuna terapia può garantirci – al di là di ogni ragionevole dubbio – di farci guarire e di non farci del male.

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