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Dramma di famiglia con vaccino

Dramma di famiglia con vaccino

Camilla Canepa aveva 18 anni e la vita davanti a sé. Finché, il 10 giugno 2021, è stata colpita da una trombosi fatale causata dall’iniezione con AstraZeneca, che i sanitari non avrebbero mai dovuto praticarle date le note controindicazioni per le donne giovani. Un mese dopo morì il nonno, sconvolto dalla scomparsa della nipote, e ora un infarto si è portato via il padre. Una concatenazione tragica, in cui restano però le responsabilità di chi decise quella somministrazione.


Tre colonne in cronaca. Come il titolo di quel vecchio film. Pagina ventiquattro, o giù di lì. Dopo la guerra in Ucraina, lo scandaletto politico, l’ultimo sondaggio. Poi la notizia, a corredo dell’immancabile bollettino dei contagi: Roberto Canepa, 53 anni, è morto per un malore. Passeggiava con due amici vicino al castello di Canevaro, di fronte al golfo del Tigullio, poco distante dalla sua nuova casa, a Zoagli. S’era trasferito lì da poco, assieme alla moglie e alla figlia ventenne, Beatrice. Prima vivevano a Sestri Levante, dove lui gestiva un’agenzia immobiliare. Venti chilometri di Aurelia, la strada consolare diventata trappola da vacanzieri. Sperava bastassero. Non a dimenticare, quello era impossibile. Almeno ad andare avanti. Ma il dolore si faceva ogni giorno più pesante. Roberto, in un tiepido pomeriggio di quasi primavera, è crollato a terra. Per non rialzarsi più.

«Se mi succede qualcosa vado da Camilla» ripeteva agli amici. La sua Camilla. Morta a 18 anni, lo scorso giugno, per una trombosi causata dal vaccino AstraZeneca. L’effetto collaterale. Un mese dopo, scompare il nonno, Carlo Canepa, che per quella tragedia non si dava pace. E adesso, Roberto. Gli effetti collaterali dell’effetto collaterale.

Perché quella di Camilla, capelli biondi fino alle spalle e sorriso abbacinante, non è stata solo una fine straziante e inconcepibile. Ma anche evitabile. La fatale reazione avversa che tardivamente convince le nostre incaute autorità sanitarie a limitare l’uso di AstraZeneca. Fino a sospendere, poco dopo, ogni fornitura.

Vacanze, mare, libertà. L’ultimo anno di liceo prima dell’università. E il nuovo campionato di pallavolo, la sua passione, magari senza tutte le passate restrizioni. È Il 25 maggio del 2021. Camilla si mette in coda con altri ragazzi all’ingresso dei vecchi uffici comunali di Sestri Levante, facciata ocra e decorazioni a mattoncini. La sua casa dista poche centinaia di metri. È lo sbalorditivo «fuori-tutto» autorizzato dal controverso Comitato tecnico scientifico. È l’«open day» di AstraZeneca: il primo antidoto contro il Covid a cui viene dato il via, poi sospeso, infine risomministrato con cautela. Perché i benefici superano i rischi, rassicurano tutti. A partire dal ministro della Salute, Roberto Speranza. Una teoria fomentata da media ed esperti ultravaccinisti, che solo la morte di Camilla riuscirà a sconfessare.

Una settimana dopo la prima dose, Camilla inizia a star male. La testa che sembra scoppiare. La luce che sembra accecante. Il 3 giugno 2021 arriva al Pronto soccorso di Lavagna. Le fanno le analisi del sangue e una Tac. Resta una notte in osservazione. La dimettono il 4 giugno, vista la «remissione dei sintomi». Ma il giorno seguente peggiora. Torna in ospedale: stavolta la Tac mostra una trombosi. È gravissima. La trasportano in ambulanza, a notte fonda, al San Martino di Genova. Un coagulo del sangue le ostruisce una vena. Il primo intervento riesce. Ma poi Camilla viene colpita da un’emorragia cerebrale. «Mai visto un cervello ridotto in quelle condizioni da una trombosi» diranno i medici genovesi.

Il secondo intervento. La terapia intensiva. L’attesa. Il padre e la madre, Barbara, si trasferiscono in ospedale assieme alla sorella. Arriva una donna con sintomi analoghi: 34 anni, anche lei appena vaccinata con AstraZeneca. Viene operata d’urgenza. Sopravvive. Camilla, invece, non ce la fa. Muore il 10 giugno 2021. I genitori decidono di donare i suoi organi: «È quello che lei avrebbe voluto». Ai funerali della figlia fissano la bara, sgomenti. Barbara sfiora i capelli di Roberto. Beatrice è un passo indietro, assieme al nonno. Lutto cittadino. Serrande abbassate. Bandiere a mezz’asta. Viene letto un telegramma inviato da Papa Francesco. Il feretro lascia la chiesa di Sant’Antonio. Palloncini bianchi in cielo.

Cominciano le illazioni. Com’è morta Camilla? La risposta sembrerebbe semplice: per colpa del vaccino. Ma il furore dell’epoca oscura l’evidenza. Bisogna confutare la pericolosa tesi. Filtrano ipotesi alternative. La ragazza aveva una malattia autoimmune familiare, colpevolmente omessa nell’anamnesi consegnata al centro vaccinale. E aveva cominciato una cura ormonale. I genitori, però, non si danno pace. Sanno che la verità è un’altra: «Camilla era sana. Non aveva malattie ereditarie».

Fino a che punto può arrivare il dolore? Nonno Carlo muore di crepacuore. Ma continuano le indiscrezioni. Con il contagocce, però. Relegate alle cronache locali. Il 21 ottobre 2021 viene infine reso noto il parere medico-legale dei consulenti della procura di Genova: Camilla «non aveva alcuna patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco». Quel modulo, quindi, era stato compilato correttamente. La morte per trombosi «è ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid». I genitori non aggiungono una parola. La sorella si sfoga su Facebook: «“Era sana”. Sono bastate queste due parole per acuire in me un dolore mai sopito. Che poi non è una novità che mia sorella fosse sana. Lo sapevamo tutti. Da sempre. E Dio solo sa quanto male faceva, nella drammaticità del lutto che da giugno ha cambiato per sempre le nostre vite, leggere continuamente di presunte “malattie pregresse”». Il fanatismo rimuove ogni inciampo. «Perdevo ogni giorno di più la fiducia verso il prossimo» scrive ancora Beatrice. «Ora che queste infondate illazioni sono state ufficialmente sbugiardate tornerò a pensare alla Cami con la devozione che merita, senza più distrazioni». L’avvocato Angelo Paone, amico e legale della famiglia, aggiunge: «Le controindicazioni per quella fascia di età erano già state evidenziate dal Cts».

E non solo. Prima di quell’inesorabile «open day», i vaccini AstraZeneca vengono sospesi in mezzo mondo. A settembre 2020, negli Stati Uniti, alcune reazioni avverse spingono la Food and drug administration a bloccare per mesi la sperimentazione. Tre mesi dopo, a dicembre, le perplessità aumentano. Lancet rivela che l’antidoto britannico ha un’efficacia del 90 per cento con una dose e mezza, mentre con due, quelle previste, si ferma al 62 per cento. Sorprendente. Soprattutto perché la scoperta avviene per caso: a un decimo dei volontari viene fatto un richiamo con meno farmaco. Per non parlare della girandola di raccomandazioni sulle età. Inizialmente consigliato agli under 55, poi fino ai 65 anni, infine a chiunque. Tutto in appena due mesi. E la seconda dose? Va fatta dopo 10 settimane, assicura inizialmente la società. Anzi no: meglio 12, rettifica in corsa. Le dichiarazioni di alcuni leader rassicurano ancor meno. Il 29 gennaio 2021 il presidente francese, Emmanuel Macron, si lascia sfuggire: esistono «poche informazioni» sul vaccino britannico. E aggiunge: «Pensiamo che per le persone con più di 65 anni sia quasi inefficace». Anche la cancelliera tedesca, Angela Merkel, prende inizialmente le distanze: «Io ho 66 anni e non appartengo al gruppo per cui AstraZeneca è consigliato».

All’inizio di marzo si registrano alcuni «eventi avversi gravi». Possibili legami con la trombosi: quella che, quasi tre mesi dopo, ucciderà Camilla. Il 15 marzo 2021 viene sospesa la somministrazione anche in Italia. Come già deciso, del resto, in altri Paesi. Tutti in attesa del pronunciamento dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco. Il parere positivo arriva però il 18 marzo seguente: il giorno dopo viene revocato il divieto di utilizzo. Proprio mentre Panorama pubblica un’inchiesta sui rischi di AstraZeneca, che nel mentre ha formalmente cambiato nome in Vaxzevria. Titolo di copertina: «La verità sui vaccini».

Il ministero della Salute, invece, non tentenna. Una circolare del 7 aprile 2021 ne «raccomanda» l’uso preferenziale agli over 60. Un mese dopo, chiede però al Cts di estenderlo alla fascia 50-59 anni, come auspicato anche dal commissario all’emergenza, Francesco Paolo Figliuolo. Il comitato affronta la richiesta nella riunione del 12 maggio 2021, poi sintetizzata nel verbale numero 17. Si ricorda che l’uso «è approvato sia dall’Ema che dall’Aifa per i soggetti al di sopra di 18 anni». Che «c’è un rapporto rischi/benefici incrementale con l’aumento dell’età». I casi di trombosi, annotano ancora gli esperti, «si sono osservati in larga prevalenza in persone sotto i 60 anni di età». Per questo, aggiungono, le autorità sanitarie hanno dato «l’indicazione preferenziale per i soggetti di età uguale o superiore». Richiesta ministeriale non accolta, dunque. Invece, il Cts «non rileva motivi ostativi» ai vaccination day «mirati a offrire, in seguito ad adesione/richiesta volontaria, i vaccini a vettore adenovirale a tutti i soggetti di età superiore ai 18 anni». La struttura commissariale, lo stesso giorno, invia dunque alle regioni una nota esortativa che riporta il parere, evidenziando la «raccomandazione degli open day».

Così fa Camilla, appena maggiorenne. Il 25 maggio 2021, senza alcuna prenotazione, riceve la prima dose a Sestri Levante. Proprio mentre un report dell’Aifa, diffuso il giorno seguente, rafforza i dubbi: «La sicurezza della somministrazione di AstraZeneca nei soggetti di età inferiore a sessant’anni rimane un tema ancora aperto e sul quale vi sono margini di incertezza». Il ministero, però, non muove un dito. Anzi, gli sciagurati «open day» vanno avanti. Solo il giorno dopo la scomparsa di Camilla, l’11 giugno 2021, arriva l’annuncio ufficiale: «AstraZeneca sarà usato unicamente per gli over 60».

Come si può sopportare il sospetto di una nipote e una figlia uccisa dall’inesorabile ragion di Stato? L’ansia e i tormenti galoppano, appena aperti gli occhi. Impossibile fermarli. Carlo Canepa, il nonno di Camilla, muore un mese dopo. Roberto, il padre, quasi nove mesi più tardi. Il loro epitaffio l’aveva scritto inconsapevolmente Beatrice, la sorella che ora sopravvive al dolore: «Accettare l’assurdità di quanto le è accaduto mi sembra un traguardo ancora molto lontano, probabilmente irraggiungibile».

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