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(Ansa)
Musica

John Legend a Caracalla: quando voce e piano bastano per un grande show

Ieri sera la star americana del neo soul ha incantato il pubblico di Roma con oltre due ore di canzoni e di ricordi artistici e personali. Stasera si replica a Pompei

Voce, pianoforte a coda e (tanto) talento. Quando sei un artista del calibro di John Legend e hai in bacheca 12 Grammy Awards e un Oscar per la migliore canzone originale (Glory), non hai certo bisogno di fare duetti per tenere alta l’attenzione del pubblico, non servono elettronica, cassa dritta, giganteschi videowall, pletorici corpi di ballo ed effetti speciali, non hai necessità di ricorrere a basi registrate e men che meno all’esiziale autotune, che appiattisce e omologa qualsiasi individualità.

Il cuore del concerto di ieri sera del più importante esponente americano del movimento neo soul, nel magnifico scenario archeologico delle Terme di Caracalla, sono le canzoni, la musica e le storie dietro a esse, raccontate con grande generosità da Legend, nome d’arte di John Roger Stephens, attribuitogli per la prima volta da un collaboratore di Kanye West per le sue straordinarie doti pianistiche, poi perpetrato più volte in studio dallo stesso West fino a diventare il suo (impegnativo) nome ufficiale. Lo show di ieri sera, che oggi farà tappa nel suggestivo Anfiteatro degli Scavi di Pompei, si intitola “An evening with John Legend”, quasi a sottolineare l’intimità della performance, tra canzoni tratte dai suoi otto album in studio e aneddoti personali e artistici, saggiamente tradotti in italiano su due maxischermi per chi non masticasse bene l’inglese.

La scaletta del concerto non è la consueta formula greatest hits con una spruzzata di brani dell’ultimo album da promuovere, ma una sorta di setlist emotiva, tra brani originali e omaggi ai grandi artisti del passato che lo hanno ispirato. John fa il suo ingresso poco dopo le 21 con un elegantissimo completo blu con giacca doppiopetto, nonostante la temperatura estiva, accolto dal boato del pubblico di Caracalla (mancava nella capitale da 10 anni esatti). Si siede al pianoforte, inizia a suonare una porzione di Let’s get lifted, title track del suo fortunato album di debutto del 2004, cui seguono le hit Save room e P.D.A. (We just don’t care) dall’album successivo Once again del 2006, che funzionano benissimo anche senza chitarra, basso e batteria.

Il cantante saluta il pubblico con le parole "Ciao Roma, questa è la notte giusta, voglio darvi il massimo che posso". Dopo la sensuale Tonight (best you ever had), il cui titolo è quasi una promessa agli spettatori, Legend inizia a raccontare la sua infanzia a Springfield, nell’Ohio, dove il nonno era un predicatore della Chiesa Pentecostale, mentre i suoi genitori suonavano e cantavano nel coro gospel, in cui il piccolo John è entrato a soli sette anni. Un periodo felice, rievocato dal vivo con l’esecuzione di Mary, Don't You Weep e Take My Hand, Precious Lord, due classici del gospel che sono stati interpretati anche da Aretha Franklin nell' iconico album Amazing Grace. Una grande influenza ha avuto su di lui la nonna, morta quando il cantante aveva solo 10 anni, tanto che le ha dedicato una versione da brividi di Bridge over troubled water, classico di Simon & Garfunkel, ascoltato in religioso silenzio dal pubblico delle Terme di Caracalla.

La morte della nonna a soli 58 anni fece cadere sua madre nella depressione e nella dipendenza per quasi dieci anni: un periodo molto doloroso per John, superato grazie alla musica e alle sue capacità, che gli hanno permesso di diplomarsi con due anni di anticipo rispetto ai compagni, prima di iniziare il college a Philadelphia, dove, oltre a dedicarsi studi economici, dirigeva anche un coro in una chiesa di Scranton, con la segreta speranza di trasformare, un giorno, la musica nel suo lavoro. Per una fortunata coincidenza, una sua compagna di college, Tara Michael, era amica di Lauryn Hill, già star del trio rap Fugees: l’incontro del timido pianista diciannovenne con la fumantina cantante/rapper di origini haitiane va bene e John registra il celebre riff di pianoforte di Everything is everything, che diventerà uno dei brani più famosi dell’album-capolavoro The Miseducation of Lauryn Hill del 1998. Legend venne pagato allora 500 dollari da una manager della Columbia Records, la stessa etichetta che sei anni dopo, grazie al successo clamoroso dell’album di debutto Let’s get lifted, prodotto dall’etichetta dell'amico Kanye West, gli farà un contratto multimilionario.

Gli aneddoti si alternano con naturalezza alle canzoni, tra cui la già citata Everything is everything e la delicata Stay with you. Dopo una breve pausa, il concerto riprende con una versione a cappella da brividi di God only knows dei Beach Boys (definita da Paul McCartney come la più bella canzone d'amore mai scritta), cui segue la più movimentata Dancing in the dark di Bruce Springsteen. John, che si è cambiato con un completo bianco immacolato senza camicia, esegue poi la trascinante Used to loved U, originale mix tra soul, gospel e hip hop che ha lanciato la sua carriera nel 2004: il coro della canzone viene eseguito da tutto il pubblico di Caracalla, in uno dei momenti più coinvolgenti della serata. Meno ritmata, ma non meno coinvolgente è la straordinaria esecuzione di Ordinary people, oggettivamente una delle più belle canzoni d’amore degli ultimi vent’anni, sia per la memorabile melodia che per il testo. Il brano tratteggia magnificamente gli alti e i bassi di ogni relazione, che ogni tanto ci chiede di “prendercela comoda”, in attesa che passi la tempesta e ritorni il sereno. Prosegue il ping pong tra passato e presente in She don’t have to know, nella recente Wonder woman del 2022, eseguita in piedi mentre una drum machine ricrea la base hip hop del brano, fino a una toccante versione di Redemption song di Bob Marley.

Legend ha mostrato il suo lato più politico e socialmente consapevole nell’epica Glory, colonna sonora originale del film Selma, che gli ha fatto vincere un Premio Oscar nel 2015 insieme al rapper Common. Il momento più atteso della serata, per molti, è stata la romantica e fortunatissima All of me, che Legend ha composto ispirato dalla fidanzata Christine Teigen ed eseguita per la prima volta nel 2013 proprio al ricevimento del suo matrimonio sul Lago di Como (dove ha cantato anche il suo amico Stevie Wonder, omaggiato ieri sera con un'intensa cover di Ribbon in the sky). La canzone, pubblicata come terzo singolo dell’album Love in the Future, è diventata una delle più suonate durante i matrimoni, ma anche nelle discoteche grazie al remix del dj olandese Tiesto, che per essa ha vinto nel 2015 un Grammy Award categoria Best Remixed Recording, Non Classical. La serata si avvia verso la conclusione, dopo oltre due ore, con la romantica e sensuale Good Morning, tratta dall’album Evolver del 2008, salutata da una lunga standing ovation del pubblico delle Terme di Caracalla.

John Legend ha fatto tesoro della lezione dei grandi del soul e del r&b, trovando una sintesi sorprendente tra sonorità classiche e contemporanee, dimostrando che si possono vendere milioni di album senza rinunciare alla qualità musicale. Ottima l’idea di spogliare le sue canzoni dell’elettronica, mettendone in evidenza la solidità melodica e armonica. La sua voce ha impressionato per controllo e per modulazione, frutto della sua formazione giovanile in un coro gospel, alternando sapientemente potenza e dolcezza. Più che un concerto, un vero e proprio one man show, tra canzoni e ricordi, tra passato e presente, nel quale Legend ci ha fatto ballare, riflettere ed emozionare. Insomma, non servono effetti speciali, quando di speciale hai la voce e le canzoni.

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Gabriele Antonucci