La Resurrezione secondo Stefano Zecchi
A Srinagar, capitale della regione del Kashmir, a nord dell’India, al confine con il Pakistan, si trova il santuario chiamato Roza Bal. Alcuni storici e molti fedeli ritengono che lì siano custodite le spoglie di Gesù Cristo. Con il suo ultimo romanzo, Resurrezione (Mondadori 2024), il filosofo Stefano Zecchi riporta alla luce un’antica credenza e su di essa costruisce una fitta trama narrativa
Sostiene Carlo Sburlati, medico, già primario ginecologo per professione e grande organizzatore di eventi culturali - si occupa del prestigioso Premio Aqui Storia - che occorre “essere disponibili al cambiamento per andare oltre la paura di mettersi sempre di nuovo in gioco, perché mai niente è detto e stabilito una volta per tutte, perché c’è sempre la possibilità di cambiare e rinascere. Il nuovo romanzo di Stefano Zecchi sviluppa un pensiero in forma narrativa, che colloca al centro il tema della speranza di attraversare e oltrepassare ciò che frena e limita la nostra esistenza. Zecchi accompagna il lettore in una straordinaria avventura esistenziale e religiosa, dove il paesaggio indiano e le vicende personali dei protagonisti si fondono nello stesso avvincente percorso narrativo.”
Eccolo Stefano Zecchi, veneziano di nascita, classe 1945, già ordinario di Estetica alla Statale di Milano, delegato alla cultura nel Comune di Venezia e membro del Consiglio di amministrazione della Fondazione “La Triennale di Milano”, con incarichi prestigiosi che hanno costellato la sua lunga carriera accademica e culturale (è stato, tra l’altro, membro del Gruppo di lavoro interministeriale per il Patrimonio Mondiale dell’Unesco, presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera, del Museo delle Scienze di Trento, assessore alla cultura del Comune di Milano.
Professore, nel suo ultimo romanzo riporta una tesi a dir poco sconvolgente…
«Secondo questa credenza (confermata da non pochi storici delle religioni), Gesù non sarebbe morto crocefisso, ma, ancora vivo, una volta deposto dalla croce, gli vennero curate le ferite da Nicodemo e da Giuseppe d’Arimatea: questi nascose Gesù in un terreno di sua proprietà, dentro a un’ampia grotta (quella che viene considerata il sepolcro di Gesù), che chiuse con una pesante pietra (quella trovata spostata, lasciando aperto il sepolcro). Appena Giuseppe e Nicodemo compresero che Gesù si stava riprendendo dalle ferite della crocefissione, lo aiutarono a fuggire, soltanto dopo che egli ebbe salutato i suoi discepoli».
Dunque, Gesù non sarebbe risorto dalla morte ma sopravvisse alla crocefissione?
«E fuggì in India, dove aveva già trascorso una parte della giovinezza (come sembra sia realmente accertato storicamente), insieme alla madre Maria, la cui tomba sarebbe a Mari, in Pakistan, mentre Gesù visse ancora a lungo in Kashmir, soprattutto a Srinagar, dove morì ottuagenario e lì sepolto. Nel santuario di Roza Bal c’è una tomba in cui si crede siano custodite le spoglie di Gesù. Dai Vangeli (Luca 24,5: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”) e dagli Atti degli Apostoli si potrebbe già supporre che Gesù sia riuscito a sopravvivere al supplizio della croce».
Il suo ultimo romanzo, Resurrezione, tocca questa credenza, ma la lascia sullo sfondo della narrazione.
«La vicenda si sviluppa attraverso tre personaggi, due donne e un uomo (che per ora chiamerò per semplificare Mery, Lori e Robert). Le prime due sono sorelle, Robert è il compagno di Mery, una ricercatrice di Storia delle religioni che da tempo studia l’ipotesi che Gesù non sia morto in croce e sia poi vissuto in India. Tutti e tre si trovano a Srinagar, e la decisione del viaggio in India era stata presa per due motivi: Robert è un giornalista che intende fare un reportage sull’ormai centenario conflitto indo-pakistano (il più lungo nella storia contemporanea) per il possesso della regione del Kashmir; Mery si è impegnata a scrivere un libro importante sulla presenza di Gesù in India, che le apra le porte dell’università».
E Lori, invece?
«E’ la tipica persona che Kundera chiamerebbe “vandalo”: è rimasta senza marito, si accoda agli altri due perché non ha altro da fare, né davvero addolorata per la perdita del marito, né davvero desiderosa di avventure per dimenticare. Donna molto elementare, molto sensuale, e (agli inizi) molto critica della vita in India, a cui contrappone, con ovvie banalità, le comodità europee».
Un viaggio di scoperta, e anche di riscatto…
«Per Robert, sicuramente, in cerca di un riscatto dalla sua mediocre attività giornalistica: decide di entrare in Pakistan nonostante i pericoli provocati da incessanti e impreviste situazioni di conflitto, lasciando le due donne a Srinagar, per poi rimanere ucciso durante un bombardamento. Ma già, nella breve esperienza maturata osservando da vicino gli scontri tra eserciti contrapposti, mercenari senza patria, ribelli e terroristi, si era accorto che quella guerra, per i suoi intrecci religiosi e etnici non sarebbe mai riuscito a spiegarla ai lettori occidentali se non con i consueti stereotipi che era proprio sua intenzione evitare, anche disposto a correre rischi per la sua incolumità».
La morte di un reporter di guerra è una tragica costante nella storia del giornalismo.
«Purtroppo occorre aggiungere che la sua morte appare del tutto inutile come il bagaglio culturale di un occidente decadente che si era portato con sé, inservibile per lo scopo che voleva raggiungere. Quando Mery attraverserà la frontiera indo-pakistana per ritrovare il corpo di Robert, di fronte alla povertà, al dolore, al disprezzo per la vita umana, alle mutilazioni, alle più brutali e assurde violenze, alla morte, scopre che tutta la sua razionalità nella ricerca scientifica su una credenza religiosa che tocca in profondità la storia dell’umanità, rimane superficiale, insignificante».
Entrano in scena altri valori, altre priorità.
«Comprende che la carità, la preghiera, la fede sono la forza autentica per avvicinarsi al senso della vita, una forza irrazionale eppure essenziale per raggiungere il cuore dell’esistenza e, forse anche, per cogliere in profondità quella misteriosa credenza che avvolge il santuario di Roza Bal, dove, come detto, alcuni storici e molti fedeli ritengono siano custodite le spoglie di Gesù Cristo».
A quel santuario anche Lori si era avvicinata…
«Sì, ma del tutto casualmente, senza alcun interesse storico o religioso, e tuttavia per una imprevedibile coincidenza viene coinvolta e affascinata dalla sensualità che osserva nei riti di una setta che reca abitualmente doni al santuario e poi sembra sparire nel nulla. La sua curiosità la porta a scoprire tutto il mondo erotico, primitivo, vissuto e celebrato da quella setta. Vi entra in contatto, è travolta dalla magia sensuale dell’India, rapidamente la sua vita cambia. A quella magia dona tutta sè stessa, priva com’è delle sovrastrutture ideologiche proprie della sorella e di Robert».
Tre personaggi in cerca d’autore…
«Mery e Robert sono i due sconfitti, in modi diversi, dalla loro stessa volontà che pretende di imporsi in competizione con il loro destino. Lori trova attraverso il sesso la potenza della vita, a cui si sottomette, spogliandosi della sua identità, della sua individualità, perché in quella sottomissione c’è la vita stessa».
Professore, lei, in ogni caso, si è trovato innanzi alla tesi sconvolgente della morte di Gesù Cristo…
«Quel sepolcro è emozionante, si respira un’atmosfera di intensa e avvolgente sacralità…».