In occasione dell’ottantesimo compleanno di Teo Teocoli, riproponiamo un’intervista al comico tratta da Panorama del 30 settembre 1999 in cui senza peli sulla lingua commenta lo stato della televisione attuale. «La tv? Tutta uguale. I cosiddetti emergenti? Un bluff. E poi la noia di vedere sempre le stesse facce».
“Gioco da libero. Per forza, se no finisco nei casini. E’ inutile, devo fare quello che voglio: improvviso, invento, decido chi tirare in mezzo e fino a quando. Ormai chi lavora con me sa che è meglio così. Meglio per tutti, si intende, perché quando mi viene qualcosa da dire, non resisto, la sputo fuori, magari è la frase più sbagliata in quel momento. E invece, pam, quella esce. E son guai”.
Teo Teocoli si è fatto saggio, memore delle intemperanze pagate a caro prezzo (la lite con la Gialappa’s, le tensioni con la Mediaset, i battibecchi con Silvio Berlusconi nei primi anni 80). Mentre sorseggia il suo caffè assomiglia a un pacato signore di mezza età, chioma grigia, 54 anni e 30 di carriera. Dietro le dichiarazioni di buoni intenti c’è però ancora (per fortuna) l’irriverente, irascibile guitto che sa far ridere l’Italia spogliandola delle patine ufficiali. Lo fa con lo stesso piacere ludico con il quale si è messo a nudo lui, quest’ estate, posando da Sirenetto di Copenaghen, truccato come Adriano Galliani. “Non c’era volgarità, era uno scherzo nato lì per lì con il fotografo. Non è stato più volgare il gossip agostano con la bellona e il brizzolato (Afef e Marco Tronchetti Provera), le confessioni di Claudia Pandolfi, i pedinamenti a Romina e Al Bano. Ma insomma, chissenefrega!”.
Il caffè scende e l’amarezza sale: “Non mi piace quello che vedo intorno. Lo dico da povero clown, senza moralismi né nostalgie passatiste. La tv è tutta uguale, o calcio o fiction. Di qua gli uomini, di là le donne. In mezzo niente. Sempre le stesse facce”. E partono le incursioni pericolose: “Costanzo lancia trecento comici all’ anno. Perché non si lancia lui? Limiti perde pubblico: per forza, passano a miglior vita. Mengacci è il re della comicità involontaria. E l’imperatore è Michele Cucuzza: me lo immagino muto di fianco a Buster Keaton che parla. La Carrà, bravissima, non può continuare a regalare miliardi ai telespettatori con giochini scemi. La Gruber e la Busi parlano in un modo tale che uno pensa che offrano tutto tranne le notizie. Vespa è sempre lì a Porta a porta: speriamo che prima a poi lo lascino fuori dall’ uscio, non perché non sia bravo, ma non fa altro che girare la stessa minestra. In Italia non c’è più politica, non ci sono ideali, e allora di cosa si va a parlare tutte le sere nel suo salotto? Mentana mi è simpatico, soprattutto quando accompagna il lancio di una notizia con una smorfia di disgusto”.
Si ferma perplesso: “Mi raccomando, faccia capire bene che queste sono solo opinioni di un clown”.
Come quello di Heinrich B ll, anche il clown-Teocoli convive con un’ amarezza melmosa, una malinconia di fondo che tiene a bada solo con la sua voglia di far ridere. “E’ una bella soddisfazione essere fermato per strada dalla gente che mi dice:” Ma quanto ho riso ieri. Grazie!”.
Al momento, il libero della risata è il miglior fantasista da far scendere in campo. Lo vogliono tutti: inserzionisti pubblicitari, imprenditori teatrali, produttori cinematografici, direttori di rete, conduttori. Su Teocoli ha scommesso la società del Gratta e vinci che lo ha voluto come testimonial del nuovo spot: “C’ è una gigantesca mano che mi segue e mi invita a giocare” racconta. Sul suo nome ha puntato anche Gianmario Longoni, scritturandolo come star maschile del parigino Lido, lo spettacolo di punta del nuovo tendone milanese No limits: “Ma ve lo immaginate? Io che scendo in smoking bianco lungo la scalinata, in mezzo a bellissime donne mezze nude. Ballo, e magari canto Douce France!”.
Teocoli sarà anche ospite fisso del nuovo appuntamento novembrino firmato Fazio-Baglioni (titolo provvisorio, Dieci) e nel cassetto ha un film tutto suo: “Lo fanno tutti, perché io no? Sono tanti anni che ci penso. E non sarà un film comico: il sapore di fondo sarà agrodolce”. Anche l’ ex capo Adriano Celentano (Teocoli è stato un ragazzo del Clan) lo ha chiamato a rapporto: lo vuole come ospite della prima puntata (la più delicata) del nuovo show al via il 7 ottobre su Raiuno, Francamente me ne infischio. “Giocheremo a scambiarci i ruoli, uno il doppio dell’ altro. Anche se Adriano è negato nelle imitazioni. Ci prova, ma non ce la fa. Quest’ estate ha chiamato a casa cercandomi. Ha parlato con la colf spacciandosi per Caccamo (uno dei personaggi inventati da Teocoli, ndr) convinto che la signora ci fosse cascata. Sono tornato e lei serafica mi dice: “Guardi che ha chiamato il signor Celentano”.
La partita più difficile per il libero Teo è però Quelli che il calcio. Fabio Fazio, privato di alcune partite fra anticipi e posticipi, guarda a Teone (come lo chiama lui) come a San Gennaro: deve fare il miracolo, riguadagnando in audience. L’ anno scorso furono i vari Albertini, Cuccia, Maldini, Vinciguerrra a far impennare l’Auditel. Quest’anno c’ è bisogno di qualcosa di più forte per arginare il Gran premio e far circolare nuova corrente. Nella testa di Teone frullano volti celebri. Li sta studiando, li tiene dentro per poi espellerli rendendoli irresistibilmente comici e reali. I falsi più autentici dell’ originale, quanto a essenza. Fazio non sa che cosa lo aspetta e forse neppure Teocoli finché non parla di loro ridendo alla sola idea delle future macchiette: “Non sarebbe male fare Franco Carraro, il presidente del Coni. Lui sa solo parlare di soldi. Ne chiede per ogni cosa. Un’ inquadratura del bar di San Siro? Trecento milioni. Un primo piano di un giocatore che entra in campo? Miliardi. E poi c’ è Guazzaloca, il sindaco bolognese che ha un nome da zuppa: “Ehi, mi dia una guazzaloca…”. E’ un po’ come chiedere la paella. E poi mi immagino il nostro presidente Ciampi ai bordi del campo di San Siro, con scrivania e tricolore alle spalle mentre augura “Buon lavoro a tutti”. Lo dice sempre, non ci si sbaglia. Vorrei far tornare Albertini, il nostro caro sindaco che continua ad annunciare progetti, a dire che Milano fa bene e qui non si respira. Non so, un bell’ Albertini mentre inaugura megaparcheggi e dice : “Milano è sempre più bella”. E alle mie spalle, uno squallore da non dirsi”. Alla domanda: “Che ne sarà di Maldini?”, la macchietta-culto della stagione scorsa, Teocoli sfoggia una faccetta buonista: “Lasciamolo in panchina il Mister. Cazzolina, l’ ho già sfruculiato a dovere. E lui è stufo di vedersi preso in giro. Però almeno una volta lo devo rifare, sì, Maldini deve tornare sul luogo del delitto, in Francia, a ricordare quei tristi mondiali. E come Cicerone vorrei quello spigliatone di Di Livio!”.
