Il comfort Natuzzi incontra il design danese
Pasquale Junior Natuzzi
Lifestyle

Il comfort Natuzzi incontra il design danese

Il brand presenta, alla prossima Milano Design Week, il divano progettato da Bjarke Ingels. L'ultimo capito del progetto corale «The Circle of Harmony» iniziato nel 2020

Il comfort è al centro del progetto inedito che Natuzzi presenterà alla prossima Milano Design Week, nel flagship store del brand, in Via Durini. Siamo all’inizio del quarto capitolo di un libro, che il lifestyle brand tutto italiano ha deciso di iniziare a scrivere nel 2020, dal titolo The Circle of Harmony. Parliamo di esplorazione stilistica, intesa come contaminazione, laddove la volontà dichiarata è quella di creare una comunità, alle volte fisica e altre volte virtuali, in cui artisti, architetti e designer si sarebbero potuti esprimere al meglio delle loro potenzialità.

Tanti i nomi degli artisti di fama internazionale che hanno già lasciato la loro impronta con un progetto dedicato, tra i quali spiccano: Lorenza Bozzoli, Formafantasma, Massimo Iosa Ghini, Sabine Marcelis, Patrick Norguet, Marco Piva, Elena Salmistaro, Marcel Wanders studio, Marcantonio, Fabio Novembre.

Bjarke Ingels

Quest’anno la famiglia Natuzzi, partita da un piccolo laboratorio nel 1959 e capace di creare un impero nel settore del mobile (dal 1993 quotato alla New York Stock Exchange), con un fatturato che si aggira intorno ai 450 milioni (2021), con oltre 4.240 collaboratori (2021) e una rete distributiva che tocca 120 paesi e 5 continenti, si è spinta fino in Danimarca, a Copenaghen per la precisione. Là, Pasquale Natuzzi Junior ha scovato il Bjarke Ingels Group, identificato con l'acronimo BIG, uno studio internazionale di architettura d'avanguardia e sperimentazione fondato nel 2005 da Bjarke Ingels, con una filiale a New York, una Londra e una a Barcellona. A loro ha chiesto di reinterpretare il Dna Natuzzi: «Un’idea progettuale che diventa un movimento, una corrente di pensiero. La comodità degli arredi è un punto imprescindibile per rivendicare la qualità della propria vita. Per anni abbiamo creduto che uscire dal nostro comfort rappresentasse una cesura con il mondo che meglio ci rappresenta, oggi il nostro scopo è arredare la comfort zone di ciascuno rendendola un luogo da abitare con orgoglio e uno spazio da condividere in cui recuperare le proprie energie per affrontare le sfide del quotidiano», queste le parole di Pasquale Junior Natuzzi, uno dei cinque figli del fondatore della Natuzzi Spa, oggi Direttore Creativo di un brand che dal 1993 è quotato alla New York Stock Exchange, la più grande borsa valori del mondo per volume di scambi e la seconda (superata solo dal Nasdaq) per numero di società quotate.

Il risultato dell’incontro con il danese Bjarke Ingels è un divano, dal nome Colle, morbido e ospitale come tutti i modelli Natuzzi, non lontano dalle atmosfere pugliesi dove il brand continua ad avere profonde radici: «Progettare un prodotto è l'estensione letterale dei nostri sforzi in architettura. Il nostro lavoro nel settore dell'arredamento, dell'illuminazione, dei trasporti ci permette di collegare il quadro generale ai piccoli dettagli, aumentando la nostra influenza sull'ambiente costruito. Raramente un architetto quando lavora su un edificio riesce ad entrare così tanto nel dettaglio», chiosa Bjarke Ingels, uno che quando era solo uno studente del terzo anno ha avuto la lucidità di fondare il suo primo studio, vincendo anche il suo primo concorso. A 33 anni, nel 2004 ha ricevuto (insieme al collega Julien de Smedt) un Leone d'Oro alla Biennale di Architettura di Venezia per una proposta per una nuova casa della musica presso Stavanger, in Norvegia.

Ma per tornare ai giorni nostri, Colle è ciò che ci si augura di trovare alla fine di una curva in collina. Il comfort ha origine in primis a livello visivo, immaginate uno scorcio sul mare, dove magari c’è poca formalità ma si sta sicuramente comodi. Disegni morbidi, sistemi modulari, perché oggi a disegnare lo spazio, alla fine, è la gente comune che del suo spazio sente sempre più il bisogno di riappropriarsene.

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Nadia Afragola