Mostra di Venezia, Cate Blanchett in mascherina: «Un miracolo essere qui»
Cate Blanchett alla Mostra del cinema di Venezia, 2 settembre 2020 (Foto Ansa/Claudio Onorato)
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Mostra di Venezia, Cate Blanchett in mascherina: «Un miracolo essere qui»

Tappeto rosso chiuso alla vista per evitare assembramenti, ma tanta voglia di andare avanti, a sostegno del cinema. Nel segno di questa unità di intenti, all'apertura presenti i direttori dei festival europei, Thierry Frémaux incluso

È Cate Blanchett o non è Cate Blanchett? Qui al Lido di Venezia quest'anno si fa fatica anche a riconoscere i divi, coperti da mascherina. Ha una silhouette elegante e slanciata, esce dall'Hotel Excelsior per salire su un'auto dai vetri oscurati, i fotografi son lì pronti, quindi sì, non può che essere Cate Blanchett, che si accontenta di una semplice mascherina chirurgica celeste.

Nella sua figura snella e solida, sembra il baluardo del Festival, presidente di giuria di Venezia 77, che assegnerà il Leone d'oro in questa edizione della Mostra del cinema di Venezia segnata dal Covid ma stoicamente al via, in presenza, dal 2 al 12 settembre.

Cate Blanchett il baluardo della Mostra

«È un privilegio, un piacere e un grande onore essere qui oggi. Sembra quasi un miracolo», dice l'attrice australiana alla stampa pronunciando l'ultima parola in un faticoso italiano. «Sono estremamente emozionata di essere qui. Ho parlato negli ultimi sei mesi solo ai miei maiali e alle mie galline, quindi essere qui è un vero piacere», aggiunge ridendo.

La super diva di classe e fama, la cui presenza non è mai stata messa in dubbio, è una luce su questa edizione inevitabilmente povera di star internazionali e glamour. E decisamente strana.

«Ci tengo a ringraziare calorosamente tutti i membri della giuria per avere accettato senza nessun indugio», accoglie le giurie il direttore della Mostra Alberto Barbera nel presentarle alla stampa. «Tutti hanno dimostrato la voglia di essere presenti, per testimoniare la volontà di sostegno all'industria del cinema, alla riapertura dopo tanti mesi di isolamento». A chi si chiede se non fosse stato meglio per quest'anno annullare la Mostra, come è stato costretto a fare il Festival di Cannes, Barbera con sicurezza dice di no: «Sin da subito abbiamo detto "dobbiamo fare la Mostra", pur in condizioni difficili come quest'anno. Con qualche rinuncia, con qualche rischio, calcolato, perché i protocolli anti-contagio sono rigidi. Abbiamo iniziato il festival bene. La pre-inaugurazione con Molecole ha dato l'indicazione che tutto si può svolgere tranquillamente».

Anche nelle parole della regista francese Claire Denis, presidente della giuria di Orizzonti, c'è la convinzione che bisogna esserci, ora più che mai: «Grazie a Venezia per aver aperto porte rimaste chiuse per mesi. È vitale per noi. Non solo per il mondo dell'arte. Per tutto il mondo».

I direttori dei festival uniti a sostegno del cinema

Il Covid è riuscito anche ad unire, a Venezia, sei direttori di festival europei. Bellissima l'iniziativa: accanto a Barbera, padrone di casa a Venezia, ecco il suo storico "rivale" Thierry Frémaux del festival di Cannes, Lili Hinstin direttrice di Locarno, Vanja Kaludjercic del festival di Rotterdam, José Luis Rebordinos del Festival di San Sebastián, Karel Och del Festival di Karlovy Vary.

Sono quelle di Frémaux, ovviamente, le parole più attese, che vanno a sostengo degli artisti: «Non è per noi tutto quello che facciamo. È per le opere, per gli artisti. In questo periodo si è sentita molto la solitudine degli artisti. L'idea che il Festival continui e cerchi di resistere è uno stimolo per avere il coraggio necessario per continuare. È una bella iniziativa trovarsi tutti qui. È raro».

Barbera, che non ha mai demonizzato le piattaforme di streaming (ammettendo in concorso film Netflix, a differenza di Cannes), pur sottolineando come gli streamers ci abbiano aiutato sotto lockdown, ribadisce il ruolo fondamentale della sala: «Una delle intenzioni di questa riunione è anche produrre un documento rivolto ai governanti a sostegno dell'industria del cinema. I festival sono diventati dei centri di elaborazione culturale, che vanno al di là del periodo di svolgimento della manifestazione. Dobbiamo sostenere le sale cinematografiche».

Lacci, l'apertura sottotono di un'edizione diversa

L'apertura ufficiale della Mostra, introdotta da Anna Foglietta, spetta a un film italiano fuori concorso, Lacci di Daniele Luchetti. Ovvero, la dimostrazione che tra film d'apertura come La La Land, La vérité o Gravity, c'è di mezzo la pandemia.

Lucchetti costruisce un dramma famigliare usando puzzle temporali che danno un po' di dinamicità a situazioni note a tante famiglie: tradimenti, figli, liti coniugali e scenate davanti ai loro occhi, allontanamenti, riavvicinamenti, rancori e ferite che restano indissolubilmente sotto pelle. Lacci, che forse non andrebbero riannodati a tutti costi. Legami che forse a volte sarebbe meglio tagliare. Alba Rohrwacher e Luigi Lo Cascio i protagonisti di questo balletto di amore spento. Poi, diversi decenni dopo, sono sostituiti da Laura Morante e Silvio Orlando. I figli, adulti, Adriano Giannini e Giovanna Mezzogiorno.

Adriano Giannini, Daniele Luchetti, Laura Morante, Linda Caridi e Luigi Lo Cascio del film "Lacci" (Foto: Ansa/Claudio Onorati)

Lacci lascia spenti: il pubblico della stampa a fine visione rimane freddo, senza applausi e quasi immoto. Un'entrée un po' sottotono di un'edizione strana. In sala, alla fine, non è così diverso rispetto agli scorsi anni: i posti sono dimezzati, uno sì e uno no, ma la visione quasi ci guadagna, avendo meno teste davanti a coprire lo schermo. Con l'aria condizionata sempre molto generosa, da brividi su pelle (quelli che non tutti i film sanno garantire), indossare la mascherina è quasi un caldo conforto.

È diventato invece un labirinto da imparare piano piano a conoscere muoversi alla ricerca della propria sala. Per evitare code e assembramenti, sono stati disposti ingressi in luoghi nuovi, uscite altrove; altre location sono state chiuse. Il doppio senso di marcia è per lo più vietato. Sempre per evitare assembramenti, in sala stampa si entra solo registrandosi e con posto assegnato.

Tutte novità che ancora sembrano strane ma non stranianti. È più forte l'entusiasmo di esserci nonostante tutto, tutti uniti dall'intento di sostenere il cinema.

Il cambiamento più grande, e questo invece pesa come un macigno, è il red carpet blindato: per ovvi motivi, per evitare calche, è reso non visibile al pubblico. Il luogo più gioioso e glam di ogni festival è chiuso, serrato da paratie, di fronte alle quali sono state apposte delle fioriere per rendere più gradevole la vista. È il simbolo di una Mostra ferita, ma che, non solo per il mondo del cinema, inizia e va avanti. Resilienza e voglia di ripartire.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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