Calciopoli, le motivazioni della sentenza
Per Moratti la sentenza d'Appello del processo contro l'ex direttore generale della Juventus, Luciano Moggi, chiude definitivamente i conti con il passato
Un calcio al passato per lasciare spazio alla verità. Per Massimo Moratti, presidente onorario dell'Inter, le motivazioni dell'ultima sentenza di Calciopoli (l'Appello ha di fatto confermato l'impianto accusatorio del primo grado) mette fine a una stagione da dimenticare per il pallone italiano e, in particolare, per il club neroazzurro. “E’ definitivamente acclarata la colpevolezza delle persone che hanno creato quel mondo, quella situazione, quell’organizzazione – ha detto ieri Moratti a Interchannel - E’ entrata fortemente nella storia dell’Inter questa storia di Calciopoli mentre queste persone operavano, non dopo ma mentre. Questa cosa dà il segno delle difficoltà che l’Inter può aver incontrato in quegli anni. I dubbi che avevamo al tempo si sono definitivamente risolti con la verità, per gli interisti è un qualcosa di decisamente importante. Fa parte del passato ma anche della storia e del carattere e delle motivazioni del perché uno è interista. E’ bene che l’Inter faccia tesoro di questa cosa”.
Ecco alcuni dei passaggi più “caldi” del dispositivo (scarica il documento in PDF) della sentenza emessa il 17 dicembre dello scorso anno dal Collegio giudicante della Sesta sezione d'Appello del Tribunale di Napoli (presidente Silvana Gentile, consiglieri Cinzia Apicella e Roberto Donatiello). Condannati per il reato di associazione per delinquere Luciano Moggi (ex direttore generale della Juventus), Pierluigi Pairetto (ex designatore arbitrale) e Innocenzo Mazzini (ex presidente della Federcalcio).
“La leggerezza e apparente convivialità con cui avvenivano gli accordi per la designazione delle griglie arbitrali tra personaggi come Bergamo, Moggi o Giraudo, appare gravissima alla luce della evidente lesione del principio di terzietà che dovrebbe presiedere alla scelta di un direttore di gara che, in quanto tale, ricopre un ruolo di 'arbitro' in ogni accezione, ovvero secondo il principio di mantenere una equidistanza necessaria ed ineludibile tra i contendenti che non deve mai venire meno”
In merito al ruolo di Luciano Moggi, il Tribunale di Napoli precisa: "Dagli atti processuali emerge il suo ruolo preminente sugli altri sodali, dovuto non solo alla sua personalità decisa, ma al contempo concreta e priva di filtri nell'esporre le sue decisioni, ma anche per la sua capacità di porre in contatto una molteplicità di ambienti calcistici fra loro diversi e gestirne le sorti con una spregiudicatezza non comune".
"La figura assolutamente apicale nel sodalizio di Luciano Moggi appare certa e inequivocabile. Egli non solo ha ideato di fatto lo stesso sodalizio, ma ha anche creato i presupposti per far sì di avere un'influenza davvero abnorme in ambito federale".
"Appaiono eclatanti le diverse incursioni di Moggi, assieme a Giraudo, negli spogliatoi di arbitri e assistenti".
Tuttavia, si legge nel dispositivo, Moggi non agiva da solo. “Emerge con chiarezza un ruolo affatto secondario, ma anzi di rilievo nel sodalizio, ricoperto dagli imputati Pairetto, Bergamo e Mazzini, i quali in forza della funzione loro attribuita hanno di fatto rafforzato il contesto e l’incidenza del sodalizio che, proprio per la loro funzione e per il loro contributo apicale, ha potuto operare per un lasso di tempo cospicuo con metodiche altrimenti assolutamente irraggiungibili, ovvero la scelta degli arbitraggi delle partite di A, e in parte di B, condizionata per precostituire griglie ed in parte per sorteggi indubbiamente ambigui”.