Kanye West Donda
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Musica

Kanye West: Donda è un epico viaggio tra rap e gospel

L'album, composto da 27 brani per quasi due ore di durata, è un viaggio tra luci e ombre attraverso fede, perdita e mali della società americana

Rapper, produttore, stilista e "predicatore" gospel, Kanye West è indubbiamente una delle menti più geniali e creative dell'hip hop contemporaneo. Nei suoi album, a partire dal controverso 808s & Heartbreak del 2008, West ha spinto in avanti, grazie a una visione artistica debordante, i confini di un genere troppo spesso schiavo dei suoi stessi stilemi, sostituendo il rap con un cantato filtrato dal vocoder e spingendo sull'acceleratore dei suoni elettronici, lontanissimi dai caldi campionamenti soul e r&b del suo debutto The college dropout, ponendo le fondamenta mainstream della trap oggi tanto in voga.

Gli apici della sua poetica restano, però, My Beautiful Dark Twisted Fantasy del 2010 e Yeezus del 2013. Mentre il primo era disco opulento, scintillante e ricco di invenzioni musicali con una quantità industriale di ospiti, di suoni e di suggestioni, Yeezus era un album cupo e minimalista, pervaso da sinistri suoni industriali intervallati da improvvise aperture melodiche, che ha entusiasmato perfino Lou Reed. I successivi The Life of Pablo, Ye e Jesus is King, pur contendo diversi brani di valore, non hanno più ripetuto la magia degli album precedenti. Domenica, dopo essere stato più volte rimandato e lanciato da tre spettacolari listening party negli stadi, finalmente ha visto la luce (anche se contro la volontà del diretto interessato, che si è lamentato con la Universal della pubblicazione) Donda, l'attesissimo decimo album del rapper e produttore di Chicago, che ha frantumato tutti i record di streaming del 2021, con oltre 180 milioni di ascolti nelle prime 24 ore.

Considerate le 27 canzoni e le quasi due ore di durata (1 ora e 48 minuti, per l'esattezza), Donda non è esattamente un album, inteso come un' opera coesa e con uno sviluppo ben preciso, ma più una playlist o un mixtape, con una pletora di ospiti (tra cui Jay Z, Travis Scott, The Weeknd, Vory, Playboi Carti, Lil Baby, Kid Cudi, Francis and the Lights, Pop Smoke e i "reietti" DaBaby & Marilyn Manson), che probabilmente non è stato concepito per essere ascoltato dall'inizio alla fine. Inoltre i brani appaiono in alcuni casi non del tutto completi, come se mancasse il lavoro finale di cesello che in genere fa il produttore prima di mandare un disco in stampa. Fatte queste necessarie premesse, in Donda troviamo diverse canzoni di valore, di cui alcune davvero emozionanti, che rischiano, però, di essere oscurate dalla vicinanza con brani poco ispirati e noiosi, soprattutto quelli più apertamente trap e drill. Il miglior modo per apprezzare Donda è, probabilmente, quello di ascoltare pochi brani per volta e di farsi ciascuno la sua playlist preferita, una selezione che, magari, poi cambierà e si evolverà nel tempo.

Per i fan più accaniti di West, è disponibile addirittura, alla modica cifra di 200 dollari, il Donda Stem Player, che permette di personalizzare l'ascolto dei brani, mixandoli a proprio piacimento. L'album si apre con una sorta di curioso mantra, Donda Chant, nella quale la parola Donda (il nome della madre di Kanye West, morta a soli 58 anni nel 2007 per le complicanze di un intervento di chirurgia plastica) viene ripetuto per 58 volte da Syleena Johnson con diverse intonazioni: sembra quasi di sentire una vecchietta pugliese che ripete "tanto", come suggerisce anche la gustosa gag di Valerio Lundini che sta spopolando sul web.

Già dalla successiva Jail, tra minacciosi suoni industrial e implacabili batterie elettroniche, è chiaro che ci troviamo di fronte a un album ambizioso e che la posta in gioca è alta. Puntuale e affilato, come sempre, il featuring di Jay-Z, che qui rinnova il fortunato sodalizio con Ye dell'album Watch the throne del 2011. God Breathead, costruita sopra un sample di Belle Head (Live) dei Liquid Liquid, mette in luce le qualità vocali di Vory, mentre strizza l'occhio alle radio Hurricane con la voce del prezzemolino The Weeknd e le barre esplicite del controverso Lil Baby. Jonah, omaggio al fashion designer giapponese di Comme des Garçons, è un pregevole modern soul nel quale il rapper, accompagnato da Vory e Lil Durk, racconta il dolore per la perdita di amici e familiari. In Heaven and Hell il rapper/produttore di Chicago spazia con disinvoltura tra Amazon e religione, mentre in Ok Ok, affiancato da Lil Yachty, Rooga e Fivio Foreign, si concentra sul rapporto complesso che lega un musicista alla sua etichetta. West racconta senza filtri i rimpianti per la fine del suo matrimonio con Kim Kardashian in Lord, I need you, su una base minimale ravvivata dai bassi e dai sintetizzatori lo-fi: «Sai che sarai sempre la mia reginetta del ballo preferita / Anche quando indossiamo scarpe da papà e jeans da mamma».

Dopo tanta oscurità, ritroviamo un po' di luce con l'irresistibile Believe What I Say, che campiona Doo Wop (That Thing) di Lauryn Hill, uno dei brani più memorabili del capolavoro The Miseducation of Lauryn Hill. Il capolavoro di Donda è la lunga e commovente Jesus Lord, in cui West mette da parte il suo ego ipertrofico e parla, con sincerità disarmante, di fede, malattia mentale (è affetto da disturbo bipolare n.d.r.), pensieri suicidi e razzismo: «So di aver fatto una promessa che non avrei mai lasciato entrare il mietitore / Ma ultimamente ho perso tutti i miei amici più profondi / Ultimamente ho nuotato nel fondo più profondo». È ancora presto per dire se Donda avrà un impatto simile ad album come My Beautiful Dark Twisted Fantasy e Yeezus, ma di certo Kanye West non è mai sembrato così sincero, maturo e fragile, desideroso di superare il lutto mai del tutto elaborato della morte della madre e quello più recente della fine del suo matrimonio attraverso la fede in Dio e quella in sé stesso. Dopo anni di dischi trap lugubri ed egoriferiti, tra citazioni di brand famosi, esaltazione edonista della propria ricchezza e piatta narrazione di viaggi psicotropi, un album in cui un uomo di quarant'anni ricco e famoso riflette sui propri fallimenti, sulle proprie debolezze e sui mali endemici della società americana, tendendo speranzoso la mano a Dio, è una boccata d'aria fresca nell'asfittico panorama musicale di oggi.

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Gabriele Antonucci