Jethro Tull: esce la nuova versione di Benefit - Intervista
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Jethro Tull: esce la nuova versione di Benefit - Intervista

Parla Ian Anderson: "La mia droga è la musica"

Benefit, il terzo album dei Jethro Tull è il disco che ha fatto debuttare la storica formazione inglese nelle classifiche mondiali. Era il 1970. Per celebrare quell'era arriva nei negozi la Collector’s Edition di Benefit con numerose bonus track. La nuova versione è stata mixata da Steven Wilson ed approvata da Ian Anderson.

Il secondo album della Collector's Edition presenta in versione mono e stereo rare ed inedite versioni di brani e singoli legati al periodo in cui Benefit fu pubblicato. Il dvd audio contiene le versioni surround sound mix, Dolby Digital 5.1 e stereo dell’album mixate da Steven Wilson, più le versioni inglese ed americana con le rispettive scalette in alta qualità audio (24bit / 96kHz – trasferimento da master analogico originale dell’LP).

Panorama.it ha raggiunto al telefono lo storico leader della formazione,Ian Anderson. 

"Rispetto a Stand up, l'album precedente, Benefit è un passo verso il buio, l'oscurità" racconta. "Ha un approccio più dark, ma non credo sia stato casuale. A quei tempi avevamo inziato a suonare in America che sotto ogni punto di vista ofriva una prospettiva diversa rispetto all'Europa in quel periodo. Nel 1970, in America, era iniziato lo sgretolamento del sogno hippie, la guerra in Vietnam aveva scosso profondamente il paese e le coscienze. La Guerra Fredda incuteva ansia e paura: credo che tutto questo abbia influenzato l'atmosfera generale del disco".

Com'è stato rimettersi all'ascolto di brani registrati 43 anni fa?

"Sono abituato a risentirmi. Per far uscire le nuove versioni rimasterizzate e remixate dei nostri classic album c'è un lungo lavoro da fare in studio. Per me queste canzoni non sono reperti del tempo che fu perché molti dei quei pezzi li faccio rivivere nei miei concerti di oggi". 

A un certo punto, nei Settanta, il progressive rock sparisce dal centro della musica per diventare un genere di nicchia. Possiamo dire che le progressive band si sono suicidate per l'eccessiva lunghezza degli assoli e degli intermezzi strumentali?

"Non c'è dubbio che si sia trattato di un suicidio. Troppa arroganza. La pretesa di far vedere al mondo quanto i musicisti di quei gruppi fossero abili con il loro strumento ha annoiato una buona parte del pubblico. Non si può essere troppo autoindulgenti quando ci si esibisce. In fondo, a chi interessa un solo di batteria di venti minuti? Non bisogna poi dimenticare che nel 1976 è arrivato il punk, un genere che esplode in tutto il mondo e si presenta come l'antitesi all'approccio musicale di gruppi come noi, gli Emerson Lake & Palmer o gli Yes. Direi che alla fine il prog non è mai sparito del tutto, si è ritirato in un angolo. Quel che è certo è che nel corso dei decenni ha mantenuto uno zoccolo duro di fan fedeli".

Le carriere musicali hanno perso longevità. Cinque, sei anni e poi l'oblio. Che cosa sta succedendo?

"Chi ha inziato negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta non si è più fermato. Moltissimi di quei musicisti sono in giro ancora adesso. Anche qualcuno degl Ottanta è riuscito a darsi uno slancio nel presente. Se parliamo invece delle star di oggi, allora è un'altra storia. Se nasci in tv, negli orrendi talent show, il percorso diventa inevitabilmente breve. C'è un picco di popolarità e poi inesorabile inizia la discesa. Non potrebbe essere altrimenti". 

Molti dei giovani talenti della sua generazione hanno pagato con la vita il mix tra successo, denaro ed eccessi vari. Lei invece si è sempre tenuto alla larga dalle tendenze autodistruttive...

"Io mi drogo di musica. Ho sempre pensato a suonare bene. Andare sul palco strafatto non è mai stata un'opzione per me. Non puoi mantenere alto lo standard di una performance se sei alterato. Queste cose succedevano ai miei tempi e succedono anche adesso. Penso a Amy Winehouse. Ci sono mille esempi. Per condurre una vita da rockstar devi avere una struttura forte, devi essere equipaggiato da un punto di vista della tenuta mentale. Non è un lavoro per tutti, è roba forte che ti mette alla prova: se sei un debole, in tre mesi di party e alcol ti rovini per sempre la vita.. Ma la di là dell'autodisciplina contano molto gli amici, la famiglia, gli studi. Da questo punti di vista l'essere metodico rende i racconti della mia vita estremamente noiosi. Dovrei essere un po' più selvaggio, un po' più latino"

Eppure, a guardarla sul palco, sembra in trance, quasi posseduto dalla musica: un'immagine che non coincide con i suoi racconti di uomo pacato e metodico.

"Tre o quattro minuti prima di iniziare i concerti la temperatura corporea sale, il cuore batte forte e l'adrenalina va a mille. In scena emerge l'altra personalità, quella dell'artista che si libera. Le assicuro che non sono così quando metto la spesa nel carrello del supermercato o vado a prendere a scuola i miei figli. Se lo immagina un padre che si agita con il flauto al suono della campanella?". 

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Gianni Poglio