Jacob Collier, "In my room": la recensione
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Jacob Collier, "In my room": la recensione

A soli 22 anni, l'artista londinese è considerato uno dei maggiori talenti del jazz di oggi

Quincy Jones, un signore che ha fatto la storia della musica pop e jazz degli ultimi cinquant'anni, lo ha definito "un genio assoluto". Il "The Guardian" l'ha descritto come "il nuovo Messia del jazz". Stiamo parlando di Jacob Collier, un talento purissimo di soli 22 anni, che ha pubblicato quest'estate il suo album di debutto In my room per la Qwest.

Un album che abbiamo ascoltato ripetutamente dopo aver visto dal vivo l'artista londinese due giorni  fa all'Auditorium Parco della Musica di Roma nell'ambito del Roma Jazz Festival, in uno dei concerti più sorprendenti, innovativi e coinvolgenti visti negli ultimi anni, dove il palco è pensato da Jacob come una riproduzione della sua cameretta.

Collier è diventato una celebrità su Youtube con cliccatissimi video casalinghi in cui cantava, arrangiava, armonizzava e suonava tutti gli strumenti da solo: pianoforte, tastiere, chitarra, basso, contrabasso, batteria e percussioni.  Una sorta di one man band, dove il vituosismo non è mai fine a se stesso, ma sempre al servizo delle canzoni e delle emozioni che è in grado di trasmettere con sorprendente naturalezza.

Esperienza che ha trasporto con grande efficacia nel suo album di debutto In my room. Negli undici brani della setlist troviamo solo tre cover, In my room dei Beach Boys, You and I di Stevie Wonder(suo nume tutelare) e la divertente sigla dei Flinstones.

Il disco, a pochi giorni dalla sua uscita, è schizzato al primo posto delle classifiche Jazz in ben 22 nazioni tra cui Usa, Italia, Australia, Israele, Russia, Germania, Sud Africa, Francia e Portogallo.

L'inzio è scoppiettante, con la percussiva e wonderiana Wake up today, caratterizzata da continui stop and go e da cambi di ritmo di gusto tipicamente fusion, un saggio di bravura che lascia a bocca aperta.

Davvero straordinaria la cover di In my room, uno dei brani più emozionanti dei Beach Boys, con pattern registrati a scandire il ritmo cadenzato del brano, in cui tutte le armonie vocali in stile Take 6 sono realizzate dallo stesso Collier.

La ballad Hideaway consente al cantante di mettere in primo piano la sua splendida voce, perfetta nel registro medio quanto nel falsetto angelico.

Nelle note di copertina del disco il primo ringraziamento del talento inglese va a Stevie Wonder, omaggiato da una maiuscola interpretazione di You and I, canzone di enorme difficoltà che Collier esegue con la naturalezza e con il pathos di un cantante di lungo corso.

Il momento più coinvolgente dell'album è il trascinante funk di Saviour, un brano che ricorda lo stile Seventies e al tempo stesso innovativo di Prince e D'Angelo.

Divertentissima la cover della sigla dei Flinstones, con armonie vocali in stile Manhattan Transfer eseguite rigorosamente da Jacob attraverso le sovraincisioni.

Inutile cercare filler o brani meno ispirati: non ce ne sono. In my room è un album impeccabile, che non annoia mai e che accompagna l'ascoltatore attraverso un inebriante viaggio sonoro di 58 minuti tra i virtuosismi vocali e strumentali di Collier, artista che ha tutti i mezzi per lasciare un'impronta importante nel jazz dei prossimi 30 anni.

Da non perdere le prossime date italiane dell'artista inglese, che si esibirà il 25 Novembre a Rovereto per il Jazzbout!, il 26 Novembre al Teatro Forma di Bari, il 27 Novembre al Teatro Roma di Ostuni, il 28 Novembre al Teatro Golden di Palermo e il 29 Novembre al Teatro Abc di Catania.

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Gabriele Antonucci