Iggy Pop, Free: l'arte di spiazzare a 72 anni - recensione
Musica

Iggy Pop, Free: l'arte di spiazzare a 72 anni - recensione

Trombe, chitarre, synth, elettronica e sfumature di jazz: Iggy non replica, si reinventa...

Libero, finalmente libero di smettere i panni del rocker tutto cicatrici e chitarre. Libero di cambiare, di scrivere e interpretare musica che non c'entra nulla con gli Stooges e i suoi album solisti più iconici.

In fondo, si può anche non essere quello di The Passenger per tutta la vita 

Può succedere di cambiare tutto a 72 anni come ha fatto Iggy nelle canzoni del suo ultimo disco. Che in comune con l'album precedente, Post Pop Depression, non ha quasi nulla. Quello era un bel disco, molto ispirato ma pur sempre "alla Iggy Pop".

Free è proprio un'altra cosa, diversa e per certi versi migliore. Non foss'altro perché spiazzare a 72 anni significa essere vivi: artisticamente e non solo...

Trombe, chitarre synth, nuances di jazz, sprazzi di elettronica, loop ipnotici di basso, suggestioni sonore alla Radiohead e una voce cupa, plumbea, a tratti da vero crooner. Questo è l'ambiente in cui si muovono i dieci brani di Free(ci sono anche due interessanti spoken word).  

Tra le perle del disco, Dirty Sanchez, James Band, Page e Sonali

Questo è un album dove altri artisti parlano per me, ma io presto la mia voce… Alla fine del tour di Post Pop Depression, ero sicuro di essermi liberato dal problema di insicurezza cronica che mi ha perseguitato per troppo tempo. Ma mi sono anche sentito esausto. E ho sentito di volermi mettere in ombra, girare le spalle e andarmene via. Volevo essere libero. So che è un’illusione, e che la libertà è solo qualcosa che senti tu, ma ho vissuto la mia vita fino ad ora con la convinzione che quella sensazione è tutto ciò che vale la pena inseguire; tutto ciò di cui hai bisogno – non per forza felicità e amore, ma la sensazione di essere liberi" - Iggy Pop

I più letti

avatar-icon

Gianni Poglio