La giustizia al bivio. Ci salverà l'udienza virtuale
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La giustizia al bivio. Ci salverà l'udienza virtuale

Dopo due mesi di stop si rimette in moto la macchina della giustizia. Ecco come, tra dubbi ed incognite

Palazzi di giustizia praticamente sigillati: processi civili e penali rinviati a nuova data. Anche i tribunali si sono dovuti fermare per il Coronavirus, pochissimi i procedimenti celebrati: soltanto quelli estremamente urgenti come convalide degli arresti, liti tra genitori separati per stabilire le modalità di visita dei figli, cause per sapere se i buoni spesa dell'emergenza dovessero essere riconosciuti anche agli immigrati irregolari o per regolare gli effetti delle misure di contenimento sui contratti di locazione.

Ora, però, la giustizia si appresta a ripartire, anche perché non può rimanere sospesa a lungo.

Modalità e tempi saranno diversi da città a città. In molti casi l'architettura dei palazzi impedisce la possibilità di celebrare udienze in presenza per la scarsa metratura delle aule e la mancanza di finestre per areare: oggi la prevenzione del contagio riscopre l'imperativo della salubrità dei luoghi spesso dimenticato.

Il primo giorno di riapertura è previsto per il 12 maggio, ma l'organizzazione della giustizia non potrà più essere quella cui siamo stati abituati fino a questo momento: dovrà cambiare, come cambieranno inevitabilmente anche le abitudini dei protagonisti del processo.

Ciò che è stato fatto nell'emergenza ha illuminato il funzionamento della giustizia e non consente di tornare indietro come se nulla fosse: in molti casi la qualità della vita dei frequentatori dei tribunali e l'efficienza del processo sono migliorate a legislazione invariata semplicemente meglio organizzando.

Accadeva ad esempio che gli avvocati si lamentassero di attendere a lungo fuori dall'aula d'udienza: dovendo prevenire il contagio è stata adottata una regola di buon senso che consiste semplicemente nel fissare le udienze distanziate senza che tutte abbiano la stessa ora di inizio. Un accorgimento che speriamo resisterà anche quando sarà cessata l'emergenza pur se qualcuno sembra già temere, con l'avvento delle tecnologie, di non poter più calpestare la sala dei passi perduti che strutturalmente divide l'esterno del palazzo dall'aula di udienza e dove si passeggia in attesa della propria chiamata.

La giustizia è ora davanti a un bivio e non è rimandabile la scelta di quale strada percorrere. O si sfrutta l'emergenza per trasformare, come si dice, la crisi che stiamo vivendo in opportunità di miglioramento, oppure si torna alla situazione pre-emergenziale, perdendo un'occasione.

La strada che molti magistrati ma anche molti avvocati vorrebbero percorrere è quella di approfittare dell'emergenza per migliorare l'efficienza del sistema processuale: l'udienza telematica in videoconferenza al posto dell'udienza in presenza è un primo tassello per migliore il nostro processo.

Sarebbe una soluzione che potrebbe facilitare la vita sia ai giudici (specie se verrà eliminato l'obbligo di tenere l'udienza civile telematica dall'ufficio in tribunale) che agli avvocati (che avranno meno costi e più tempo a disposizione avendo limitato gli spostamenti).

Forse un domani speriamo prossimo semplificherà la vita anche alle parti che non dovranno più comparire personalmente in udienza e ai testimoni che potranno essere ascoltati in via telematica (è già previsto in un regolamento europeo e un giorno ci arriveremo anche da noi e, magari, avremo anche a disposizione gli strumenti per scoprire se il testimone mente o qualcuno si è sostituito a lui sfruttando l'informatica).

Le cronache riferiscono di esperimenti di udienze telematiche già da qualche anno e con risultati apprezzabili. Il Tribunale di Genova aveva celebrato, molto prima del COVID-19, un'udienza di divorzio via Skype consentendo alle parti che oramai vivevano lontane di non dover viaggiare sostenendo costi ingenti. Il Tribunale di Cremona, con l'accordo delle parti, aveva già utilizzato per molti processi anche penali la videoconferenza con riduzione di tempi e costi anche per la collettività. Il Financial Times ha messo in evidenza che a fine marzo la High Court di Londra in base alla legislazione emergenziale, sollecitata dalla richiesta degli avvocati, ha svolto l'udienza di un'importante controversia con testi da tutto il mondo tramite Zoom diffondendola in streaming sul canale YouTube.

Per molti giudici e avvocati la via del processo telematico deve essere percorsa con convinzione e fiducia. Altri, invece, sono preoccupati forse anche per la naturale tendenza a rimanere nella propria comfort zone. L'Unione delle Camere Civili e l'Unione della Camere Penali non sembrano intenzionate, una volta finita l'emergenza, a rinunciare a quelle che per loro sono le garanzie offerte dalla presenza fisica in aula. L'Associazione Nazionale Magistrati ritiene che l'udienza da remoto nel processo penale sia una modalità indispensabile in questo momento.

Dalla udienza fisica nel palazzo di giustizia all'udienza nell'aula virtuale il cambiamento rappresenta certamente una rivoluzione culturale e dovrà far riflettere anche sul rituale giudiziario cui siamo abituati.

E come in ogni rivoluzione culturale, le resistenze non mancano e si avanzano dubbi sulla tutela dei diritti delle parti: ma con l'udienza virtuale il sistema potrà puntare ad una maggiore efficienza e ridurre i costi con indubbi benefici anche sull'economia.

Pensiamo che secondo alcune stime nei tribunali sarebbero immobilizzati 10 miliardi di euro che devono essere distribuiti dopo le vendite di beni: è quello che si chiama cash in court e la cui importanza per l'economia è stata ben compresa da quei tribunali, come quello di Bergamo, che hanno invitato gli ausiliari del giudice a distribuire sollecitamente le somme ai creditori anche con riparti parziali.

Potrebbe essere una questione di tempo e alla fine chi oggi è critico si convincerà della bontà della smaterializzazione del processo: in fondo nessuno oggi dubita più degli effetti positivi del processo civile telematico e degli ottimi risultati della mediazione anche se quando vennero introdotti come obbligatori le resistenze furono molte.

La giustizia, e con lei i cittadini e le imprese, non hanno più tempo e c'è necessità di ripartire: è il momento delle scelte.

Peraltro, gli esperti di sanità avvertono che può essere possibile (speriamo di no) una ricaduta e potrebbe essere nuovamente necessario un lockdown: se un consistente numero di processi sarà virtuale, vorrà dire che la prossima volta la giustizia non dovrà fermarsi ancora una volta, sarà pronta ad operare anche se fossero in vigore misure di contenimento oppure si dovesse verificare una qualche altra emergenza.

Cambierà certamente il modo di esercitare la giurisdizione e la professione di avvocato, cambierà il modo di intendere la pubblicità delle udienze, ma cittadini e imprese che rappresentano gli utenti del servizio giustizia ne riceveranno benefici senza vedersi compromesso nessun diritto.

Serviranno investimenti dallo Stato per supportare questo cambiamento: investimenti in infrastrutture e un'attenzione particolare sia alla cybersecutiry come avvertono gli informatici sia alla privacy come richiama il Garante per la protezione dei dati personali.

Ma se non sfruttiamo questo momento per instradare la giustizia sul binario della vera innovazione tecnologica, i diritti dei cittadini e delle imprese saranno inevitabilmente compromessi perché non possiamo fare a meno di una giustizia pronta ad intervenire ed efficiente a garanzia di tutti noi.

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Fabio Valerini