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(Ansa)
Economia

Fondi europei: l'Italia non spende un terzo dei soldi ricevuti

Dal 2015 al 2020 abbiamo ricevuto 75 miliardi da Bruxelles, 26 non sono stati utilizzati. Incapacità che preoccupa in vista del Recovery Plan

Un euro su tre che arriva dall'Europa in Italia non viene speso. Il dibattito su come investire gli oltre 200 milioni del Recovery Fund messi a disposizione dall'UE per favorire la ricostruzione del post Covid dovrebbe in primo luogo tenere conto di questo problema chiave.

I fondi strutturali

In decenni di storia europea le casse di Bruxelles hanno erogato fiumi di denaro sotto forma di sovvenzioni e fondi destinati alle più disparate cause e l'Italia, tra gli Stati membri, è stato quello meno in grado di mantenere le promesse fatte all'UE.

I 5 fondi strutturali - Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), Fondo sociale europeo (FSE), Fondo di coesione (FC), Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) - sono il principale serbatoio con cui l'Unione Europea redistribuisce i soldi che riceve da ogni Stato e vanno utilizzato nei termini e nei tempi concordati con decisi da Bruxelles.

Negli ultimi sette anni, dal 2014 al 2020, l'Unione europea ha distribuito ben 643 miliardi di euro in finanziamenti attraverso i suoi vari programmi.

L'Italia, dopo la Polonia, è il secondo paese ad aver ricevuto più risorse: 75 miliardi, così distribuiti: 33 miliardi (44,6%), destinati al Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr); 21 miliardi (27,8%) per il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale; 17 miliardi (23,1%), destinato al Fondo sociale europeo; 2 miliardi, (3,1%) per il programma operativo per l'occupazione giovanile e infine quasi un miliardo (1,3%) per il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.

Alla fine del 2019, prima dell'arrivo del Coronavirus, l'Italia aveva speso solo il 35 per cento dei fondi pari a 26 miliardi, mentre il 73%, cioè 54,6 miliardi era stato allocato. Peggio di noi solo Spagna (33% spesi, 71% allocati) e Lussemburgo (59% spesi, 69% allocati).

In pratica di 10 euro che giungono dall'UE (e si tratta di soldi nostri) ne vengono spesi solo 3. Perché? Perché non si sa come utilizzarli e chi debba farlo. Tra Comuni, Regioni ed enti pubblici vari (Università, Ministeri) è un continuo rimbalzare responsabilità e competenze in un quadro di pessima organizzazione politico burocratica che finisce per ricadere sui cittadini.

Questo significa, ad esempio, che ci sono i soldi per rifare le strade, ma nessuno sa chi deve metterli a disposizione di chi e come vanno spesi. In questi anni la Banca Europea degli Investimenti, Cassa Depositi e Prestiti e Invitalia hanno cercato di affiancare con suggerimenti, sostegno, co-progettazione, le amministrazioni più fragili, ma i risultati sono stati pessimi e l'Italia resta il fanalino di coda dell'intero carrozzone. Quello che manca in maniera totale è la capacità di organizzare gli interventi e definire gli obiettivi.

L'Italia è in fondo alla classifica di spesa in ogni ambito. Il settore in cui, si fa per dire, i fondi europei sono stati utilizzati in maniera più proficua è il programma per l'occupazione giovanile: 57 per cento delle risorse speso, allocato l'86 per cento. Ma anche qui siamo in ritardo rispetto all'Europa: in tutta l'Unione, infatti, è stato stanziato il 60 per cento del fondo, con un'allocazione prossima al 100 per cento.

Anche per quanto riguarda il Fondo per lo sviluppo regionale il confronto con gli altri paesi è imbarazzante con il 31 per cento delle risorse spese.

Secondo i dati di Opencoesione, la piattaforma che mostra l'andamento dei progetti europei, solo il 6 per cento dei programmi del Fondo di sviluppo regionale è stato concluso, il 4 per cento non è ancora stato avviato, l'1 per cento è stato liquidato, mentre la grossa parte – l'89 per cento – è ancora in corso.

La cosa paradossale è che i soldi dei fondi europei non sono un "regalo" di Bruxelles al nostro Paese, quanto piuttosto una quota che ci corrisponde a fronte del mare di denaro che noi per primi versiamo in Europa. L'Italia, ad esempio, nel 2017 ha versato nelle casse dell'Unione 12,250 miliardi di euro e ne ha "avuti indietro" 9,795 dei quali però ne sono stati reinvestiti solo 1 su 4 a causa del mal funzionamento del sistema burocratico nostrano.

Se le cose non cambieranno in tempi brevissimi anche la pioggia di miliardi destinati al nostro Paese con il NextFundGenerationUE rischierà di fare la stessa fine con il tragico epilogo di unire oltre al danno la beffa.

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Barbara Massaro