Ora sappiamo quanto vale la stangata sulla casa imposta dal governo Monti. Si tratta di 84 euro in media per la prima casa e 161 per la seconda. A snocciolare le cifre è stato il Caf Cisl che ha elaborato l’Imu versata da oltre un milione di lavoratori dipendenti e pensionati che si sono rivolti agli oltre 900 uffici della sigla per una consulenza fiscale.
Dati comunque parziali, perché escludono dal campione gli autonomi (ma anche le false partite Iva), che tuttavia confermano la fotografia emersa nelle scorse settimane dalle cifre rese note dal Tesoro sul gettito complessivo (9,6 miliardi, di cui oltre 3,95 allo Stato e 5,64 ai Comuni) e diviso per provincia, che ha visto in cima alla classifica Roma con 1 miliardo e 787 mila euro, di cui 776 milioni nel solo comune della Capitale, stando ai dati più recenti del Tesoro sulla raccolta della prima rata. Una cifra superiore a quella di Milano (410 milioni) e Torino (203 milioni) messi assieme.
La seconda stangata a dicembre
Con la seconda rata di dicembre però la classifica potrebbe cambiare ancora: i comuni potranno aumentare o diminuire dello 0,3% (0,2% per la prima casa) le aliquote base (7,6 per mille). C’è tempo per decidere entro fine estate, quando si potrà avere una panoramica più precisa sul peso del caro casa nelle tasche degli italiani, anche se la tendenza generale è quella di mantenere bassa l’aliquota sulla prima casa (sul 5 – 6%), andando a spremere le seconde case date in affitto.
In merito, Confedilizia ha provato a fare una stima: l’aggravio della seconda rata potrà arrivare anche all’80% in città come Roma, Napoli, Torino, Genova, Bologna e Perugia, in cui l’aliquota applicata per le seconde case date in locazione con contratto “a canone libero” sarà quella del 10,6 per mille. Nel caso di un immobile categoria A/2 situato nella Capitale, con rendita catastale di 787,60 euro, il balzello si traduce a 900 euro a fronte di un acconto a giugno di 503.
Ma anche a Milano, dove l’aliquota per le seconde case in canone libero sarà del 9,6 per mille, l’aumento del saldo sarà del 53%. Di fronte a queste stime, l’associazione dei proprietari di casa lancia l’allarme: il rischio, avverte, è che molti tengano gli appartamenti sfitti o che riversino sui locatari gli aumenti della tassa, favorendo così chi affitta in nero e può permettersi prezzi più contenuti e concorrenziali.
Un po’ più bassa, invece, la seconda rata per i proprietari che propongono un contratto “concordato” (canone agevolato) a Milano, Trieste e Torino, dove è stato scelto di diminuire l’aliquota: nei primi due casi al 6,5 per mille, nel terzo caso al 5,75.
Chi paga di più
Per ora i cittadini della capitale, anche nello studio del Caf Cisl, si confermano i contribuenti che hanno pagato di più lo scorso giugno. Più del doppio degli altri italiani: 170 euro per la prima casa e 325 euro per la seconda.
A seguire i bolognesi, 140 euro per la prima casa e 319 per la seconda, i genovesi (107 e 217), i napoletani (105 e 206), i milanesi (99 euro e 224) e i palermitani, addirittura sotto la media nazionale per l’Imu sulla prima casa (54 euro) e poco sopra per la seconda (168 euro).
Perché l’Imu è più alta nelle grandi città
Per spiegare il conto più salato nei capoluoghi, che hanno garantito un terzo delle entrate (3,2 miliardi, secondo le stime del Tesoro rielaborate dall’AdnKronos, di cui 2 miliardi solo dai primi dieci comuni italiani) pagando in media il 54% in più, bisogna considerare il calcolo dell’imposta sulla casa.
La prima rata, infatti, è stata pagata in tutto il territorio nazionale con la stessa aliquota fissa (0,4%) ma su basi diverse, che cambiano da comune a comune a seconda della rendita catastale dell’immobile. A parità di appartamento, infatti, il coefficiente moltiplicatore in genere è più alto nei grandi centri, o in quelli più turistici, rispetto ai quelli minori.