Ilva
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Economia

Ilva, perché ora nel M5S è scontro tra Grillo e Di Maio

Il comico-fondatore del movimento pensa di trasformare l’acciaieria in un parco di archeologia industriale; il giovane leader invece invoca cautela

Prime avvisaglie di screzi, se non di vero e proprio scontro, nel Movimento Cinque Stelle. A incrociare le lame sono due numeri uno: il comico-fondatore BeppeGrillo e il giovane leader Luigi Di Maio.

Oggetto del contendere il futuro del’Ilva di Taranto. Una questione certamente scottante, ma che funge però da importante cartina di tornasole su quello che dovrà essere il futuro atteggiamento politico dei pentastellati: conservare le note più aspre e agguerrite di movimento di lotta, soprattutto a livello locale, o cominciare ad assumere i connotati di forza di governo, che più che sparigliare, prova invece a trovare compromessi per la soluzione di problemi?

Un dilemma reso evidente proprio dalle affermazioni che i due contendenti hanno fatto sull’Ilva: Grillo chiede di trasformare l’area dell’acciaieria in una sorta di parco di archeologia industriale con tanto di attrazioni turistiche, mentre Di Maio predica cautela, e chiede innanzitutto di verificare come evolverà la trattativa in corso tra i nuovi acquirenti dell’Arcelor Mittal e i sindacati. Ma vediamo nel dettaglio quali sono state le prese di posizione dei due esponenti del M5S.

Il post di Grillo

“Che il cielo sopra l'Ilva diventi sempre più blu", è il titolo del post con cui Beppe Grillo suggerisce di provare a usare dei fondi europei 'dimenticati' per riconvertire l’attuale area dell’acciaieria di Taranto. “Ci sono circa 2,2 miliardi di euro che sono stati immessi in un fondo quando l'Europa si chiamava Ceca dalle imprese di carbone e acciaio proprio per i pensionamenti dei lavori usuranti e per le bonifiche".

Ebbene, proprio usando queste risorse europee “potremmo fare come hanno fatto nel bacino della Ruhr" spiega il fondatore del M5S  “dove non hanno demolito, hanno bonificato, hanno messo delle luci, hanno fatto un parco archeologico di industria del paleolitico lasciando le torri per fare centri di alpinismo, i gasometri per centri sub più grossi d'Europa, sono state aperte un sacco di attività dentro".

Una proposta che è stata subito bocciata dall’ex ministro Calenda, che per mesi si è occupato della trattativa sull’Ilva. In un tweet Calenda ha scritto che leggendo il post di Grillo nel quale si “delirava sulla riconversione in parco giochi della prima acciaieria europea che dà lavoro a 14mila operai” gli erano venuti i brividi.

Lo stop di Di Maio

Ma il più significativo e rumoroso semaforo rosso all’idea di Grillo è arrivato, come detto, proprio dal leader politico dei Cinque Stelle, ovvero quel Luigi Di Maio che attualmente è diventato proprio ministro dello Sviluppo economico e ha competenza diretta sull’Ilva.

Innanzitutto, parlando alla trasmissione radiofonica della Rai Radio Anch’io il nuovo inquilino di Via Veneto ha rimarcato che Grillo, come altri esponenti del M5S, parlava a titolo personale. Le affermazioni a cui fare fede dunque, d’ora in poi, dovranno evidentemente essere quelle dei rappresentati pentastellati che hanno effettivi ruoli istituzionali.

A cominciare proprio da Di Maio, che sull’Ilva avrebbe in mente una strategia ben precisa: innanzitutto lasciare che la trattativa tra Arcelor Mittal, nuovi acquirenti dell’acciaieria di Taranto, e sindacati, faccia il suo corso, almeno per tutto il mese prossimo.

Se questa dovesse fallire allora entrerà in pista il governo, con un atteggiamento però, sottolinea con forza Di Maio, che non potrà che essere di cautela e senso di responsabilità, senza cioè “farci campagna elettorale sopra”.

Un auspicio non da poco, perché significherebbe che il movimento di lotta potrebbe effettivamente lasciare il posto a una responsabile forza di governo. Ma per capire se ciò avverrà davvero bisognerà attendere le prime, vere decisioni dell’esecutivo, e tra queste, proprio il dossier Ilva rappresenterà di certo uno dei passaggi più significativi. Staremo a vedere.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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