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Economia

Bitcoin: cosa c'è dietro la folle corsa della criptovaluta

Dopo il crollo a settembre ha recuperato sfondando i 10.000 dollari: da ottobre a oggi ha raddoppiato il suo valore

È la bolla più sorprendente degli ultimi 16 anni, dopo quella delle dotcom nel 2001: la corsa al rialzo dei bitcoin ha raggiunto nuovi record storici superando il 29 novembre i 10.000 dollari. Non senza strappi: sfondati anche gli 11.000 dollari, il 30 novembre in poche ore è poi crollato a 9.500 dollari.

Una cifra strabiliante, se pensiamo al crollo di settembre, che aveva riportato i valori sotto i 5.000 dollari, un valore già di per sé da capogiro: quattro anni fa valeva 500 dollari. Sbagliava, però, chi due mesi fa suonava le campane a morto per la regina delle criptovaluta. È risalita verso vette inaspettate.

Negli ultimi due mesi la moneta virtuale ha raddoppiato il suo valore, mentre da gennaio lo ha decuplicato (+940 per cento). A fine novembre è schizzata in alto di oltre 2.000 dollari. Una delle ragioni, secondo l’agenzia Reuters, è il forte interesse per la moneta virtuale da parte di e altre istituzioni finanziarie.

Presto un future sulla criptovaluta

Il bitcoin potrebbe diventare uno strumento finanziario "mainstream", scambiato dalle banche e utilizzato all'interno di prodotti finanziari destinati al grande pubblico e non solo agli addetti ai lavori: questa prospettiva ha contribuito molto alla buona performance delle criptovalute in questi giorni.

Non si tratta, infatti, solo di rumors. La Borsa Merci di Chicago (CME), il più importante mercato di derivati al mondo, ha annunciato il lancio entro fine dell'anno di un future sul bitcoin: sarà il passaggio fondamentale che permetterà alla moneta elettronica non solo di accedere formalmente al mercato dei derivati più grande del mondo, ma anche di uscire dal "ghetto" degli investimenti alternativi e altamente speculativi (è molto utilizzato dagli hedge fund americani).

Gli esperti lanciano l'allarme

Ma al di là degli entusiasmi, non sono pochi coloro che mettono in guardia dal coprire in modo così regolare l'andamento della criptovaluta. È "riciclaggio di denaro", uno "strumento per imbroglioni criminali", un trucco "fiscale che è stato trasformato nel più grande schema di Ponzi di tutti i tempi con un valore di 160 miliardi di dollari (ex Madoff)".

Sono, ad esempio, le dure parole contenute in un recente tweet di Davide Serra, il numero uno del fondo di investimento Algebris e uomo vicino all'ex premier Renzi, che si è detto sorpreso dell'immobilismo dei Regolatori su questo fronte. "È semplicemente incredibile" ha cinguettato Serra.

La nuova peste sui mercati

La sua, comunque, non è una voce fuori dal coro. Si erano già espressi in tal senso manager ben più importanti. A settembre Jamie Dimon, il numero uno di JP Morgan, la banca più grande e importante negli USA, ha detto che la corsa dei bitcoin è semplicemente "una truffa per stupidi".

Sulla stessa linea è John Bogle, 88 anni, guru degli investimenti passivi e fondatore di Vanguard, gruppo finanziario che gestisce fondi comuni ed Etf per oltre 4.000 miliardi di dollari: ha invitato a evitare il bitcoin che sarebbe "la peste" della finanza.

Ha spiegato il decano degli investimenti: "Le obbligazioni hanno un tasso d’interesse, le azioni hanno gli utili e i dividendi, l’oro non ha niente. Non c’è nulla che supporti il bitcoin eccetto la speranza di venderlo a qualcuno a un prezzo più alto di quello che si è pagato per comprarlo". Bogle ha ricordato che il bitcoin non ha alcun sottostante. E non si è trattenuto da una gufata: "Ne riparleremo quando varrà 100 dollari".

Un territorio inesplorato

Dietro una moneta tradizionale, come l’euro, ci sono infatti convenzioni e politiche monetarie governate dalle banche centrali che attribuiscono valore alle valute. In genere, vale la seguente regola: più si ha fiducia su un paese, sulla sua economia e sulle sue istituzioni che governano la politica monetaria, più il valore della divisa adottata da quel paese si rafforza rispetto alle altre valute. Non a caso, il dollaro americano e il franco svizzero sono considerate beni rifugio in periodi di crisi.

Diverso è il discorso per le monete alternative, come quelle virtuali: non sono legate a Stati e quindi non hanno una convenzione o un corrispettivo sottostante. Non sono connesse nemmeno alle materie prime, come l'oro. Anzi, per alcuni investitori il bitcoin è da considerare addirittura un'alternativa al metallo giallo. Altri prevedono che salirà persino fino a quota 40.000 - 50.000 dollari il prossimo anno.

Insomma, le opinioni sono divergenti e con il boom delle criptovalute ci si sta avventurando in uno spazio inesplorato, tanto che non sono pochi i banchieri centrali a suonare il campanello d'allarme: dopo gli aumenti del 2017, i bitcoin stanno manifestando tutti i sintomi di una bolla finanziaria. Che come tutte le bolle, prima o poi scoppiano. Stremo a vedere.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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