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Economia

Il fondo si chiama ITAtech ma i soldi vanno in Francia

Tensione per i finanziamenti di Cdp destinati a Sofinnova. Assobiotech: "Si rischia di perdere occasione per il sistema paese"

Che il venture capital italiano sia messo male lo sanno più o meno tutti e lo dicono anche i numeri: appena 43 milioni di euro di investimenti nel primo semestre 2017 contro le centinaia, che non di rado arrivano a superare il miliardo l’anno, dei paesi a noi confrontabili.

Quel che non si era ancora mai visto è un atto di sfiducia così esplicito verso le sue possibilità di sviluppo futuro da parte di chi dovrebbe aiutare il malato a rimettersi in piedi, ossia le poche istituzioni in grado di convogliare un po’ di capitale pubblico verso i fragili fondi italiani. 

È esattamente quel che rischia di verificarsi con ITAtech, fondo di fondi creato nel 2016 dalla Cassa depositi e prestiti (controllata del ministero dell’Economia) e dal Fondo europeo degli investimenti (gruppo Banca europea degli investimenti) per finanziare il trasferimento tecnologico fra ricerca scientifica e settori industriali.

Proprio questo soggetto, che in tanti hanno salutato come un sostegno fondamentale per il venture capital italiano, potrebbe infliggergli lo smacco più grave: orientare all’estero le prime risorse corpose messe sul tavolo dal nostro sistema pubblico.

Per scongiurare questa eventualità si è mossa Assobiotec, l’Associazione per lo sviluppo delle biotecnologie di Federchimica (Confindustria), con una lettera inviata il 19 ottobre scorso ai vertici ella Cassa depositi e prestiti e ai dirigenti dei ministeri interessati (Economia, Sviluppo economico, Università, Salute). “Pensiamo che sia assolutamente necessario” è scritto nella missiva “che si creino uno o più investitori nazionali, interamente italiani, che possano dialogare con tutte le eccellenze scientifiche di questo paese.

Oggi però apprendiamo che questo non parrebbe essere l’obiettivo perseguito da ITAtech che sembrerebbe voler destinare una parte rilevante dei 200 milioni che ha in dotazione a un fondo di venture capital europeo. In questo modo riteniamo che rischieremmo almeno in parte di perdere l’occasione di far crescere il sistema paese”.

 La lettera di Assobiotec, diplomaticamente, evita di menzionare il nome del fondo a cui sarebbe destinato il grosso delle risorse, ma negli ambienti della ricerca e dell’innovazione la voce gira ormai da tempo, e questo aggiunge amarezza ad amarezza.

A quanto pare si tratta infatti del fondo francese Sofinnova (molto conosciuto nel settore), che ha già attinto in passato a risorse pubbliche italiane senza poi orientare nulla, o quasi, alle start up del nostro paese e che in Italia ha un’unica collaborazione con la Fondazione Telethon (nel cui consiglio di amministrazione siede, fra gli altri, l’amministratore delegato di Cdp Fabio Gallia).

Scomodare le recenti, delicatissime partite economiche che hanno generato tensione fra Italia e Francia sarebbe forse esagerato, ma se una bella fetta dei (pochi) soldi accessibili al disastrato venture capital italiano dovesse attraversare le Alpi qualche problema si creerà di sicuro.

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Stefano Caviglia