Alitalia e le MilleMiglia da rivalutare prima di sposare AirFrance
La compagnia decide di aumentare di 200 milioni di euro il valore delle tessere fedeltà. Segno che è proprio in serie difficoltà
“Air France crede che una forte alleanza con Alitalia porterà a entrambi i partner i migliori ritorni possibili in termini di benefici generali, crescita e opportunità di adattarsi a un mercato che sta rapidamente cambiando per fronteggiare la competizione mondiale. Una simile alleanza non solo assicurerà che Air France e Alitalia sopravvivranno a lungo; attraverso la loro partnership, entrambe le compagnie potranno giocare un ruolo-chiave in Europa, e avranno più peso in qualunque sistema di alleanze mondiali vada a configurarsi. Questa è la ragione per cui il negoziato con Alitalia è stato perseguito molto seriamente sin dall’aprile del ’97. Ora che Alitalia sta per prendere la sua decisione, scegliendo tra varie offerte, Air France vuole riassumere la sua proposta, illustrare la filosofia della possibile alleanza e definire la sua visione strategia di lungo termine di una forte prartnership tra Alitalia e Air France”: questo testo è stato inviato alla presidenza di Alitalia dal capo dell’Air France Jean-Cyril Spinetta.
Eppure non è una notizia: perché è datato 27 novembre 1997 e rappresenta la punta avanzata della più seria trattativa mai svoltasi tra Alitalia e Air France per un matrimonio che, come ribadisce il focoso pretendente francese, avrebbe dovuto essere “per la vita”. Come non è una notizia che quella decisione da prendere non abbia poi dato luogo a nulla di operativo. Perchè la storia degli ultimi vent'anni di Alitalia è tutta una storia di “incompiute”.
Ebbene Spinetta è sempre là, sempre in Air France, nel frattempo ha comprato l’olandese Klm, ma ha ancora fame e vorrebbe ancora papparsi Alitalia, come quindici anni fa, più di ieri meno di domani. Ma avendone già il 25% sa bene che Alitalia è in crisi, che ha un disperato bisogno di soldi, che tra gli altri soci quasi nessuno ha poi tanta voglia di investircene, e quindi Spinetta vuole prendersela gratis.
Anche perchè sa come pochi che Alitalia non è un bruscolino, è un boccone grande e potenzialmente indigesto, quindi – come azienda - ostenta indifferenza e disinteresse ascoltando le richieste di tutti e sognando che prima o poi il governo italiano, in nome e per conto dei cosiddetti “patrioti” che quattro anni fa rilevarono l’azienda, gliela regali. Peraltro Air France è un colosso vero, ed è economicamente sano, ma non scoppia di salute: e fare un solo boccone di un’altra grande azienda come la compagnia di bandiera italiana non è da tutti.
E allora? Allora la foce naturale del lento corso di Alitalia verso il risanamento resta comunque l’abbraccio carmico con Air France. L’unica domanda sensata sarebbe questa: con quale ruolo, nell’azionariato francese, per gli attuali soci italiani di Alitalia, i “patrioti” chiamati all'appello nel 2008 dal governo Berlusconi a da Banca Intesa Sanpaolo? Già, perché il primo singolo azionista di Air France è, sì, il governo francese, ma ha il 18%. E quindi può porre veti e nominare manager ma non può bloccare lo sviluppo di un’azienda-chiave per osteggiarne una parte dei soci: per questo, diventare azionisti importanti di Air France, accettandone azioni in cambio delle azioni dell'Alitalia potrebbe essere una buona mossa per i “patrioti”.
Un ruolo vero potrebbero svolgerlo, una bella rivalutazione per le azioni concambiate potrebbero anche vedersela in tasca, in due o tre anni. L'importante sarebbe restare uniti, in modo da contare di più: tutto il contrario, per intendersi, dalla scelta fatta dalle banche italiane che controllavano Borsa Italiana Spa e la conferirono alla Borsa di Londra, diventandone per pochi mesi il primo azionista ma cedendo subito le loro quote per fare miopemente cassa... Nel caso della fatale fusione air France-Alitalia rivedremo il film della Borsa o riusciremo a far valere le ragioni e gli interessi dell'azionariato italiano?
Sono intanto emerse le due circostanze che rappresenteranno per Alitalia la svolta determinante affinchè le nozze con Parigi si accelerino. Innanzitutto, e finalmente, gli azionisti di Alitalia hanno fatto trapelare di essersi rivolti ad un advisor, Rotschild, per farsi guidare nella scelta del partner giusto. Un passo concreto per sbloccare la paralisi. E poi si è saputo che la società procederà effettivamente con un'operazione finanziaria di emergenza, certo lecita ma ai limiti dell'”impresentabilità”, per quanto già attuata in passato da alcuni concorrenti: la compagnia di bandiera sta cioè per rivalutare di 200 milioni di euro il “pacchetto” delle tessere Mille Miglia, varie decine di migliaia.
L’hanno fatto già altre compagnie aeree, va ripetuto, e quindi la bestialità non è solo italiota, ma – a parte l’entità imponente del giochetto contabile – viene da chiedersi quanto valore possa mai essere visto in questa clientela teoricamente fedele ma in realtà distratta e distante, che intasca la Millemiglia perché gliela propinano con il miraggio degli sconti ma è pronta a volare con chiunque altro se appena appena convenisse. E la risposta è che questo valore è precario...
Insomma, una compagnia che rivaluta il club-fedeltà dichiara di essere proprio alla canna del gas. E Alitalia lo fa, infatti, per procrastinare la scadenza dell'inevitabile e comunque prossimo aumento di capitale vero e proprio.
E a proposito di precarietà, nel frattempo, il Consiglio di Stato ha deliberato che Alitalia dovrà cedere i suoi slot su Linate, per la Milano-Roma, potendoli conservare solo su Malpensa. Alitalia aveva fatto ricorso contro il provvedimento dell'Antitrust che condannava la sua posizione di monopolio sulla rotta Milano Linate-Roma: e l'ha perso. Quindi, un altro smacco per la compagnia presieduta da Roberto Colaninno, che sulla rotta una volta più ricca oltre alla concorrenza dell'alta velocità ferroviaria dovrà ora subire quella della low-cost Easy Jet.
Insomma, oggi la Cai – come si chiama la società che ha rilevato il marchio Alitalia - non è certo nelle condizioni per negoziare al meglio la sospirata alleanza. Fa gola anche agli arabi di Emirates questo sì: ma, come suol dirsi, senza alcun vero impegno da parte degli emiri. La facoltà di vendere le azioni Alitalia da parte dei “patrioti” decorre dal 12 gennaio scorso ma con una prelazione a favore dei consoci (Air France compresa) che durerà per altri nove mesi, fino al 28 ottobre. Insomma, è come una gravidanza: ma l'ecografia fa già intravedere la sagoma del nuovo colosso Alifrancitaly.