Digg: una (s)vendita che ha molto da insegnare
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Digg: una (s)vendita che ha molto da insegnare

Il servizio di social news passa nelle mani di Betawork per la cifra irrisoria di 500 mila dollari. Un altro caso Myspace?

C’è stato un momento in cui tutti parlavano di Digg. C’era chi lo definiva il social network delle notizie, chi ne riconosceva il ruolo centrale nel futuro dei media (sociali e non), chi addirittura lo considerava il manifesto del Web 2.0 .

Sembra passata una vita, e invece stiamo parlando del 2006, quando cioé Digg era un servizio che faceva gola a tutti i pesci grossi della Silicon Valley, Google compreso. Chi l’avrebbe mai detto che solo cinque anni più tardi la “baracca” sarebbe stata venduta in blocco per 500.000 dollari (sì, avete letto bene, 500 mila, non milioni). Nesuno credo.

E invece così è stato. Mettiamoci una sopra, dunque. Perché Digg – da oggi - va ad arricchire la letteratura dei casi di insuccesso 2.0, quella per intenderci che raccoglie i vari MySpace, Friendster e tutte le Internet Company passate dalle stelle alle stalle.

È facile, ora, fare la parte dei sapientoni, di quelli che lo sapevano, che in fondo non poteva durare, che il Web 2.0 è tutto un bluff. In realtà dietro alla parabola di Digg ci sono risvolti di carattere strategico e finanziario che andrebbero analizzati con molta attenzione (la società ha ricevuto in questi anni circa 50 milioni di dollari dai fondi di investimento, per dire). Di certo, però, è innegabile che in tutta questa faccenda ci sia un filo sottile che lega Digg a molte altre realtà del panorama del Web. Con alcuni aspetti che vale la pena sottolineare:

1. La (s)vendita di Digg dimostra una volta di più che il vero valore di un servizio Web sta nella sua community. Come dire che gli utenti non sono solo gli utilizzatori del prodotto ma sono essi stessi il prodotto. È evidente dunque che un social media come Digg che oggi raduna intorno a sé non più di 7 milioni di visitatori al mese (erano 30 milioni all'apice della popolarità) non ha altro valore che non quello della sua piattaforma informatica, circa 500 mila dollari per l’appunto. Se vi state chiedendo perché Facebook e Twitter non perdono occasione per snocciolare i loro numeri stratosferici ora lo sapete.

2. Che senza la community è piuttosto facile che il tuo servizio Web – per quanto ben fatto – diventi uno dei tanti. E che le belle trovate (e il pulsante di voto di Digg lo è) finiscono per essere scopiazzate e perdere di valore se non vegnono migliorate e arricchite con nuove funzioni.

3. Che a meno che tu sia Mark Zuckerberg non hai molto tempo per vendere la tua creatura al miglior offerente. Il mercato in questo senso è spietato: chi perde il treno si ritrova in molti casi con un pugno di mosche. Vero Yahoo?

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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