Marcel Proust, Dalla parte di Swann, le cinque scene più belle
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Marcel Proust, Dalla parte di Swann, le cinque scene più belle

Una lista dal primo volume di Alla Ricerca del tempo perduto, pochi giorni dopo il centesimo compleanno di Swann

Sì lo so è quasi oltraggioso. 

Dalla parte di Swann, il primo volume della Ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, "ridotta" a lista e per di più nei giorni del suo centesimo compleanno.
Ridotta a una selezione.
Ma mi perdonerete, per tre motivi. Almeno spero.

* Primo: sul web la mania della lista, con tutti i difetti, ha il pregio di favorire l'interesse per argomenti complessi, apparentemente difficili da avvicinare, aggiungendo possibili punti di vista, magari anche un po' ironizzando.

* Secondo: sono un lettore recentissimo di Proust (un po' me ne vergogno), quindi le scene sono un modo semplice per parlare di una lettura che sto vivendo "in diretta", una specie di diario di lettura.

* Terzo: in fondo, pensare al romanzo per scene, come ha spiegato per esempio Kundera, ci aiuta a combattere l'oblio. Anche se dobbiamo fare uno sforzo, con Proust, per non escludere dalla selezione tutte le pagine che è arduo definire "scena" ma che sarebbe meglio definire "pezzi di riflessione" o cose del genere. E siamo tutti d'accordo che non sia possibile escludere le lunghe riflessioni del Narratore di Proust in qualsiasi lettura della "lunga impudica confessione di un saggista impazzito" - come ha definito la Recherche Alessandro Piperno, domenica 10 novembre 2013 su "La lettura" del Corriere della Sera).

Ecco le cinque scene selezionate (più una):

1) È la scena del bacio della buonanotte. Siamo ancora nella parte pre-madeleine del romanzo. Il risveglio notturno porta con la memoria il Narratore a Combray, nella casa di campagna dei nonni. Parte importante di questi ricordi di bambino è occupata dal dolore della separazione notturna dalla madre e dalla consolazione del bacio della buona notte.

-- Con gli occhi non lasciavo mia madre, sapevo che, una volta a tavola, non mi sarebbe stato permesso di restare per tutta la durata del pranzo e che, per non contrariare mio padre, la mamma non si sarebbe lasciata baciare a più riprese davanti agli altri come se fossimo stati in camera mia.
Così mi ripromettevo [...] di fare in anticipo [tutto ciò che potevo fare da solo, di scegliere con lo sguardo il punto della guancia che avrei baciato, di preparare il mio pensiero in modo da riuscire, grazie a quel mentale inizio di bacio, a consacrare per intero il minuto accordatomi dalla mamma a sentire il suo viso contro le mie labbra [...] --
Pagina 34 e seguentidell'edizione dei Meridiani Mondadori, traduzione di Giovanni Raboni.

2) Leggere. Siamo ancora a Combray. Il Narratore ci racconta dei pomeriggi dedicati alla lettura in estate. Dopo la lettura nella penombra fresca della sua camera, la nonna lo pregava di continuare in giardino, nella baracca di stuoia sotto l'ippocastano.

-- In quella specie di iridescente schermo di stati diversi che la mia coscienza, mentre leggevo, dispiegava simultaneamente, e che spaziava dalle aspirazioni più profondamente nascoste dentro di me sino alla visione affatto esteriore dell'orizzonte che si offriva ai miei occhi dal fondo del giardino, quel che c'era innanzitutto e più intimamente dentro di me, la leva in continuo movimento che governava tutto il resto, era la mia fede nella ricchezza filosofica nella bellezza del libro che leggevo e il mio desiderio di appropriarmele, indipendentemente dall'identità del libro stesso. --

Per capirci, come dice Raboni nell'"Argomento del primo volume", «L'evocazione di quei deliziosi pomeriggi domenicali s'accompagna a riflessioni attuali sulla tecnica e la poetica romanzesche e sui rapporti fra verità oggettiva e verità dell'immagine.»
P. 101 e ss.

3) Gli asparagi e il vaso da notte.
Il Narratore è sceso in cucina a informarsi del menu. È la scena famosa dell'uccisione del pollo da parte di Françoise, la domestica. Prima però, fra l'altro, ci sono gli asparagi.

--- [...] ma a mandarmi in estasi erano gli asparagi, intinti nel rosa e nell'oltremare e la cui punta, finemente spruzzata di malva e azzurro, sfuma insensibilmente fino al gambo - pur segnato, ancora, dal terriccio della pianticella - con iridescenze che non appartengono alla terra. Mi sembrava che quelle sfumature celesti rivelassero le deliziose creature che si erano divertite a metamorfosarsi in legumi e che attraverso il travestimento della loro carne salda e commestibile lasciavano scorgere in quei colori teneri d'aurora, in quegli accenni d'arcobaleno, in quello spegnersi di sere azzurre, l'essenza preziosa che io potevo ancora riconoscere quando, dopo che ne avevo mangiato a pranzo, giocavano per tutta la notte lo scherzo, poetico e grossolano come una fantasmagoria di Shakespeare, di trasformare il mio vaso da notte in una profumiera. ---
P. 147 e ss.

4 Swann, Odette, la cocotte "amore di Swann" e Madame Verdurin. Come scrive Raboni: «Poi, una fortuita associazione mentale gli portò di colpo il ricordo di alcune frasi di Odette che potevano far pensare a una sua relazione omosessuale con Madame Verdurin».
Due pagine di crudele interrogatorio portano Odette a rispondere:
--- Ma che ne so, io, esclamò lei con rabbia, forse molto tempo fa, senza rendermi conto di quel che facevo, forse due o tre volte. --
Pag. 437 e ss.

5 Il Bois de Boulogne. Siamo nella terza parte di Swann, "Nomi di paese". Il N. dopo aver raccontato il suo amore ragazzino per Gilberte e le passeggiate di allora al Bois, fatte di attese e apparizioni di Odette - la madre di Gilberte - passa a un ricordo, molto più recente, di una passeggiata al Bois de Boulogne per rivedere i colori dell'autunno e ripensare, come dice Raboni "con rimpianto al passato, con insofferenza al presente -alle immagini di bellezza e ai capolavori di eleganza di un'epoca la cui definitiva scomparsa è paragonabile, nella sfera della mondanità, alla morte degli dei".

--- Che orrore! mi dicevo: come si fa a trovare in queste automobili l'eleganza degli equipaggi d'una volta? può darsi che io sia ormai troppo vecchio, ma non sono fatto per un mondo in cui le donne si infagottano in abiti che non sono nemmeno di stoffa. A che serve venire sotto questi alberi se niente più esiste di quel che s'adunava sotto i loro delicati, rosseggianti fogliami, se la volgarità e la follia hanno rimpiazzato quanto essi incorniciavano di squisito? --
P. 508 e ss.

Extra
Ovviamente la scena della madeleine. Siamo alle prese con la memoria involontaria che fa riemergere «un mondo intero da una tazza di te». Perché casualmente il Narratore accetta una tazza di te dalla madre e «vi intinge uno di quei dolci corti e paffuti, a forma di conchiglia, chiamati petite madeleines» (Raboni).
Nella nota all'edizione Mondadori, Alberto Beretta Anguissola, ricorda come Gérard Genette abbia evidenziato in Figures III come «i meccanismi della memoria e del racconto siano in Proust attivati dalla collaborazione dei nessi di anaolgia (che si esprimono attraverso metafore) e di contiguità (metonimie). Questo secondo tipo di associazioni non è meno importante del primo: solo grazie ad esse da una tazza di tè può rinascere un'intera città e può così mettersi in moto il romanzo».

-- Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me.--
P. 55 e ss. 

Ringrazio altre lettrici e lettori comuni che mi hanno aiutato nella selezione.

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Luigi Gavazzi