Il controllo e il furore: elogio della sculacciata
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Il controllo e il furore: elogio della sculacciata

Ma come puoi pensare o anche solo supporre che ti abbia dimenticata? Come sarebbe possibile? Per una simile supposizione ti buscherai la prima notte una sculacciata secca secca su quel tuo bel culetto tutto da baciare, contaci pure… Buonanotte topolino, …Leggi tutto

Ma come puoi pensare o anche solo supporre che ti abbia dimenticata? Come sarebbe possibile? Per una simile supposizione ti buscherai la prima notte una sculacciata secca secca su quel tuo bel culetto tutto da baciare, contaci pure… Buonanotte topolino, dormi bene.

Così un Mozart 33enne alla moglie (19 maggio 1789), che nelle lettere al padre definiva «non brutta, ma lontana dall’essere bella», forse per tranquillizzare il genitore terrorizzato dalle intemperanze sessuali del figlio. Si è detto molto, anche qui sopra, della stupefacente dualità dell’animo di Mozart, oscillante tra la coprofilia più infantile (che tocca il suo massimo nelle lettere alla cugina Anna Maria Thekla, detta Bäsle) e la sublimità musicale più articolata e perfetta.

La sculacciata che promette a Constanze non appartiene al genere di quelle che andavano di moda all’epoca. Mozart è distante dal sadismo, e non può essere considerato un libertino nel senso letterario del termine: la sua bulimia sessuale non compone un sistema, non è una filosofia, restando una risposta a uno stimolo disorganizzato. Inoltre, non appartiene allo stile del libertino arrancare nell’indigenza e scrivere lettere a venerabili massoni per farsi fare un prestito, venire isolato dall’alta società, alveo d’elezione del libertino storico, per l’aspetto fisico «disgustoso» e i suoi modi da buffone. È il motivo per cui Casanova non era un libertino ma un avventuriero.

A Mozart mancava il controllo, qualità che invece esercitava in modo severo nelle sue composizioni (basta ascoltare la sonata in Fa maggiore K 332, dove i due temi iniziali non vengono semplicemente sviluppati, come nelle sonate tradizionali, ma criticati da un episodio centrale inquieto e drammatico).

Come avrebbe potuto, Mozart, assestare sculacciate degne di questo nome?

La fessée era considerata nell’epoca d’oro del libertinaggio una pratica nobile che attualizzava nel teatro dell’alcova i principi dell’istituzione, capace di dare – sia se eseguita attivamente che ricevuta passivamente – scosse emotive potentissime, simili a quelle che descrive Rousseau nelle Confessioni, quando racconta lo scatenamento della voluttà dovuto a una sonora sculacciata ricevuta dalla sua istitutrice quando era ragazzino. Anche Voltaire fu sculacciato, ma da grande. Finì nei memoriali antisadiani, tesi a neutralizzare la negatività rivoluzionaria e raffinatissima del Marchese, come quello di Restif de La Bretonne, che ne dispiega i danni (…) per ben 14 volumi, e quelli di Mirabeau, disprezzato da Sade che lo chiama «spia della Monarchia».

La sua fortuna si trascinò, amplificandosi in una direzione inaspettatamente memoriale, fino alle frenesie segrete del Romanticismo, fiorendo nella letteratura di Sacher-Masoch e sopravvivendo alla damnatio memoriae di cui fu fatto oggetto Sade. Se ha subito un arresto è stato proprio nell’epoca della scoperta del sesso, in cui prioritarie furono la soddisfazione (e l’emancipazione) fisiologica e la comprensione del suo funzionamento. Non c’era tempo per questi bislacchi diversivi da viziosi, o almeno non ce n’era in sede memoriale e letteraria, perché nel frattempo fioriva, nel segreto dei salotti, una iconografia ricchissima fatta di immagini oscene, con temi che ritroviamo, con qualche variazione, in alcuni Tumblr (chiave di ricerca: spanking) per appassionati o nei video nostalgici (campagna inglese, salotti preziosi, ragazze a disposizione di eleganti, quanto irrealistici, libertini dei giorni nostri) di quelle versioni più raffinate di Youporn come Kink.com.

Se ci si vuole fare un’idea del senso «profondamente logico» e dell’inaspettatto lirismo che può sprigionare questa inutile pratica, si può leggere Elogio della sculacciata di Jacques Serguine, nom de plume di Jacques Gouzerh, autore caro a quel Paulhan che è poi il vero autore di Histoire d’O.

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Serguine parte da un episodio della sua vita, quando Michéle, che allora non era ancora sua moglie, aveva minacciato di andarsene, e il loro rapporto si era deteriorato. Per rabbia e con candido furore, la colpì allora, quasi per caso, ed entrambi ne furono illuminati, tanto che quell’affronto divenne non un’abitudine, ma un rituale attorno al quale ricostruirono la tenerezza del loro amore.

E così, a furia di voler addomesticare, incatenare la mia pazienza e il mio amore, di colpo essi si irrigidivano, come un pugno o una ganascia di metallo, e mio malgrado me ne servivo, con una violenta esplosione di forza, di luce e di una sorta di calore gelido, per schiacciare Michéle, per spaventarla, per farla tacere.

Il trattatino-memoria non concede nulla alla pruderie: con serietà e eleganza dimostra che la risposta intellettuale a qualsiasi arbitrarietà, massimamente a quella che presiede all’erotismo, è un’arbitrarietà ancora più grande, così che nel massimo della razionalità possa prendere corpo la cocente verità del desiderio.

Desidererei lasciarle assaporare la sculacciata che ha appena ricevuto, e lasciarmi assaporare la coscienza di avergliela appena data. Ma, il più delle volte, non ho tempo. Ho un desiderio troppo forte, troppo urgente, di andare al di là, di fuggire in avanti, di nascondere l’emozione e il turbamento, che mi soffocano, di denudare quel corpo per me più splendido, più radioso, più straziante di ogni altro, di godere, infine, di quello smagliante madore, di quella cocente e fondente dolcezza, di quel vertiginoso abbandono che le ha donato la sculacciata. E così faccio. Come se proprio là dove necessariamente essa si è fermata, dove ristagna, per così dire, il mio sesso mi permettesse magicamente di continuare, di penetrare con tutto me stesso nelle dune di quella carne ora cocente, abbandonata e ineffabilmente vorace, estenuante e colmante, in virtù della sculacciata. Quando ceneremo?

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Daniela Ranieri

Daniela Ranieri vive a  Roma, anche se si domanda perché ciò dovrebbe avere importanza in questa sede. Ha fatto reportage e documentari per la tv. Ha fatto anche la content manager, per dire. Vende una Olivetti del '79, quasi  nuova. Crede che prendere la carnitina senza allenarsi faccia bene uguale. Ha pubblicato il pamphlet satirico "Aristodem. Discorso sui nuovi radical chic" e il romanzo "Tutto cospira a tacere di noi" (entrambi Ponte alle Grazie) 

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