Flavio Santi, Aspettando Superman
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Flavio Santi, Aspettando Superman

Se credete che i supereroi spuntino all’improvviso sui fumetti americani vi sbagliate di grosso. Quella dei superuomini è una storia lunga migliaia di anni che affonda le sue radici in Mesopotamia. E di mezzo c’è pure Hitler.

È un buon momento questo per i supereroi. Al cinema salvano il mondo, nelle gallerie d’arte ci ricordano la nostra (e la loro) umanità, sulle pagine dei fumetti si guadagnano il pane quotidiano mentre romanzi e saggi ne alimentano la cultura. Fra questi c’è anche Aspettando Superman di Flavio Santi, edito da Gaffi, una storia non convenzionale dei supereroi.  

Fra uomini e superuomini il gap è incolmabile. Ci sono i poteri, le tutine, una compostezza morale e un’inclinazione al sacrificio personale (quando non al masochismo) fuori dal comune. Ma poi ci sono i cosiddetti “uomini rappresentativi”, per dirla con le parole del pensatore Ralph Waldo Emerson , coloro che rappresentano il meglio di una società e si collocano fra gli uni e gli altri: i grandi condottieri, i grandi pensatori, i grandi artisti. Uomini a tutti gli effetti, magari incapaci di salvare il mondo dalla distruzione, ma in grado di migliorare le nostre vite con i loro talenti.

Eppure il nostro non è il tempo dei grandi condottieri, né degli “uomini rappresentativi” in genere. Da una parte l’eroismo si è democratizzato facendosi alla portata di tutti: amiamo salvare i panda dalle inondazioni, mollare tutto per andare a fare i Koala Keeper in Australia, finire su youtube perché qualcuno Incredibile! ha aiutato una vecchietta ad attraversare la strada dopo che trentadue persone l’hanno ignorata! che un quarto d’ora di eroicità, al tempo del web, non si nega a nessuno.

Dall’altra, l’eroismo si fa glamour grazie allo sguardo tempestoso del biondissimo Thor interpretato da Chris Hemsworth, alle cromature di Robert Downey Jr. in Iron Man o allo scudo passato a cera di Capitan America , lucidato per il botteghino. Se il caso può fare di un uomo comune un eroe, un look ben studiato e un certo tormento interiore lo fanno supereroe.

Ma facciamo un passo indietro. La nostra storia comincia in Mesopotamia, sulle rive del Tigri e dell’Eufrate. È Gilgamesh il primo supereroe della storia, figlio di Lugalbanda e Ninsum. Non era un uccello, non era un aereo, e soprattutto non era neanche lontanamente immortale ma agli assiro-babilonesi piaceva così. La morte e la successiva divinizzazione erano la tipica conclusione della parabola supereroica del tempo e così sarebbe stato per molti secoli a venire.

Fino all’avvento della cristianità quando un uomo, figlio del cielo, risorgerà dalla morte. Immortale, dotato di un’invidiabile statura morale nonché di superpoteri come quello di guarigione, moltiplicazione, benedizione e passeggiata sulle acque, Gesù è il primo vero supereroe della storia.

Come Superman, anche Gesù nasce in provincia, viene allevato da genitori adottivi, è investito di una missione che per lungo tempo rimane segreta, e lungo la strada per Emmaus non viene riconosciuto, proprio come Clark Kent quando indossa i panni di Superman benché nessuna maschera nasconda il suo volto.

Nei duemila anni successivi il dna dei superuomini si arricchirà di geni medievali (scudi, mantelli, armature, calzamaglie, stendardi, scudieri, castità), ebraici  (il mito del Golem), new age (sostanze psicotrope di ogni genere) e ancora elementi alchemici, fantascientifici, mitologici e propri del bricolage (dove credete che abbiano preso l’idea i creatori della bat-cintura?).

Ma veniamo a una questione fondamentale: i supereroi sono di destra o di sinistra? Il paternalismo è bipartisan, ma se un certo populismo (i cattivi sono nemici dell’umanità tutta) è di destra, l’assistenzialismo è patrimonio tradizionale della sinistra; il culto della personalità è totalitario, ma l’infrangere sistematicamente le regole della società è da anarchici; il culto della violenza è di destra, ma il masochismo è di sinistra. Chi è allora il supereroe? Un rivoluzionario o uno sceriffo reazionario? Un fascistoide o un libertario? Come spesso succede, i due estremi si toccano.

È piacevole il saggio di Santi, per quanto a volte spericolato. Cercare analogie iconografiche tra la mascella di Byron e quella di Superman ci sembra eccessivo, così come lasciare intendere che Cesare Cremonini citi nelle sue canzoni Guy Debord. Se fosse vero, non si saprebbe più dove andarsi a nascondere per sfuggire alla cultura accademica.

Ma i difetti di questo saggio sono anche la sua ricchezza: senza pretendere di esaurire una materia vasta e articolata come la storia dei superuomini (a quando una vera enciclopedia?), Flavio Santi procede per analogie e suggestioni, divertendosi e facendoci divertire un mondo, usando l’immaginario supereroico come lente per osservare la società contemporanea. Quello che abbiamo visto è questo: mandate Enea in pensione, i veri supereroi sono glamour.

@giuliopasserini

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Giulio Passerini