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Come si fa a capire se siamo sereni … e in linea con noi stessi?

Le emozioni sono sempre con noi … ma non sempre noi siamo con loro … parola di risvoltino (d’inverno)

Viene facile chiederselo: se allontanarsi dai nostri bisogni ci fa tanto male … perché lo facciamo? A noi esseri umani in teoria non piace soffrire … eppure a quanto pare a volte siamo cinture nere in autolesionismo! In effetti sono molte le persone che quotidianamente si confrontano con vite, con idee, con azioni, lontane dai loro bisogni reali. Quanti di noi si confrontano con una vita che non sembra appartenergli?

Se ripenso al concetto di egodistonia (essere lontani dai nostri bisogni abbracciando modelli che non ci appartengono) mi viene da pensare al risvoltino ai pantaloni, tanto di moda ultimamente … beh, d’estate lo posso anche capire, ma a dicembre, quando fa un freddo cane la situazione è differente. Parliamoci chiaramente: il risvoltino a -5 gradi non lo vedo in sintonia con le esigenze degli individui … cosa c’è di armonico in un paio di caviglie sottozero?

Ma se in effetti una semplice moda è capace di indurci in azioni squinternate, beh … Quanto siamo capaci di opporci a modelli che non ci appartengono?

Nel precedente post ho accennato all’influenza che i genitori possono avere sui loro pargoletti. Nella fattispecie riportavo come a volte le figure genitoriali reprimessero alcune emozioni spontanee a favore di emozioni considerate più idonee in quel contesto (non piangere se la nonna è morta! Che mammoletta sei?). Il risultato è come al solito che i bambini si convincono che le loro emozioni sono sbagliate … e si adattano … coltivando le loro prime nevrosi.

Adesso vorrei riportare invece il potenziale egodistonico del contesto sociale. Una volta cresciuti gli adolescenti si devono confrontare col branco, questo lo sappiamo. Siamo animali sociali, influenzati dalla massa per un’atavica paura dell’abbandono sociale (per i nostri antenati “abbandono” significava “morte”). Nella foresta, in confronto agli altri animali, siamo fragili … delle vere pippe! … e abbiamo quindi bisogno del branco per sopravvivere. Il nostro cervello atavico può quindi indurci ad abbracciare modelli che non hanno niente a che fare con noi solo per paura di essere esclusi dalla nostra tribù! 

Parliamoci chiaramente, essere noi stessi non sempre è facile. Molti ragazzi mi riferiscono di assumere determinati comportamenti solo per essere “popolari” (Dio … quanto la odio questa parola!).

Pensare tuttavia che ad essere influenzabili siano solo i ragazzi è una paraculata niente male. Ogni età ha le sue egodistonie … e se il ragazzo si bea dei risvoltini anche l’adulto spesso abbraccia dei modelli che non hanno niente a che fare con i suoi reali bisogni. Mi viene da pensare alla canzone di Elio: “che me ne faccio di seicento euro quando posso avere un paio di stivali?”. Beh … per molti spendere mezzo stipendio per dei semplici stivali non è proprio in sintonia con i bisogni più intimi, ma lo fanno lo stesso! … E’ un po’ come comprarsi un SUV quando si abita nelle viuzze del centro di Firenze!     

Come ci rendiamo conto che siamo mille miglia da noi stessi? In altre parole come possiamo capire che la nostra vita non rispecchia i nostri desideri, le nostre inclinazioni, le nostre idee? I segnali che ci auto-inviamo sono numerosi … ma spesso siamo bravi a non ascoltarli.

Anzitutto l’essere umano parla col suo corpo. In altre parole tendiamo a somatizzare il nostro disagio, il nostro fisico a volte traduce il disagio psicologico in malattia. Possono essere molteplici i disturbi che potrebbero essere riconducibili a qualche forma di stress o disagio, i più comuni sono: mal di testa, stanchezza cronica, colite spastica, gastriti varie, dermatiti, tachicardia, sudorazione delle mani, insonnia o ipersonnia, immunodeficienza (ci si ammala più spesso), perdita di appetito, problematiche sessuali. Molto spesso questi sintomi sono tuttavia trattati con la chimica (farmaci) e raramente tendiamo a ricondurli a una problematica psicologica. Per coloro che soffrono di queste patologie in modo reiterato suggerisco la buona vecchia riflessione sulla situazione psicologica … a volte non basta banchettare con i farmaci per stare bene!

Ovviamente non possiamo però dimenticare la dimensione psichica! (La mia preferita). Fatemi tuttavia mettere le mani avanti: i sintomi psicologici legati all’egodistonia possono essere diversi … e difficilmente considerabili in un solo articolo divulgativo. Senza quindi pretese di completezza mi piace l’idea di fornire qualche spunto di riflessione sulla situazione generale! Ebbene, cosa accade quando non contattiamo bene la nostra sfera emotiva? Beh. Può accadere che avvertiamo l’emozione specifica solo quando è di un’intensità tale che non possiamo non considerarla!

Facciamo un esempio pratico relativamente all’emozione della paura: cosa accade quando la vita mi induce a provare tale emozione (magari la presenza di una minaccia) ma non riesco a contattarla o percepirla? Beh … probabilmente la percepirò “tutta d’un fiato” senza sentirla crescere in modo graduale e armonico. Percepirò insomma la paura quando è a un livello tale che mi è impossibile non sentirla! L’avvertirò da zero a cento in una manciata di secondi! La paura sarà quindi dirompente e potrebbe tradursi con un attacco di panico.

Anche la rabbia si può comportare in modo similare. Molti erroneamente accomunano la rabbia alla violenza (talvolta anche fisica). Ciò tuttavia non è esatto. Percepire la rabbia non significa cedere alla violenza, significa che il cervello sta segnalando che devo rimuovere una potenziale minaccia. Facciamo un esempio: rifuggo da un conflitto verbale con un collega che mi tratta molto male. La motivazione: vedo negativamente l’eventualità di arrabbiarmi in quanto vedo il fatto di incazzarmi come deplorevole, improduttivo, spaventoso ecc. Cosa sto facendo in realtà? Sto comprimendo una mia emozione! Esattamente come nel caso della paura il contatto con tale emozione potrebbe avvenire quando sarà a un livello elevato. Il risultato sarà che quando percepirò la rabbia rischierò veramente di diventare violento … o magari, per non far danni, convertirò l’emozione in altro, magari in tristezza … incasinando ulteriormente la situazione psicologica.

Nel mio studio sono tante le persone che diventano letteralmente ostaggio di emozioni compresse o di emozioni convertite. Nel primo caso avrò una detonazione di rabbia incontrollata, nel secondo percepirò un’emotività totalmente non in linea col contesto vissuto. Se ad esempio mi metto a piangere per la tristezza di fronte a un litigio verbale potrebbe essere che ho convertito la rabbia in disperazione. Se questi esempi vi sono familiari a mio parere è il momento di fermarsi e riflettere ponendosi questa domanda: “dove emotivamente sono in questo momento?”

 

Quando ho cominciato ad amarmi mi sono reso conto che la mia mente poteva disturbarmi e poteva rendermi malato. Ma quando l’ho collegata al cuore la mia mente è diventata una alleata di valore. Oggi chiamo il collegamento SAGGEZZA DEL CUORE.

Charlie Chaplin

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Matteo Marini