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Inter, troppe rimonte subite. Inzaghi sotto processo per i cambi

Inter, troppe rimonte subite. Inzaghi sotto processo per i cambi

I nerazzurri si stanno giocando lo scudetto perché fragili nell’ultimo quarto d’ora (10 gol incassati). E il tecnico è sul banco degli imputati per le sostituzioni di Bastoni, costate 5 punti

Se è vero che un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova (copyright Agatha Christie che di gialli se ne intendeva), i dieci gol presi dall’Inter nell’ultimo quarto d’ora di partita in questo campionato assomigliano già a una sentenza di primo grado. La squadra di Simone Inzaghi cade spesso sul più bello e questo difetto di fabbricazione nell’annata post scudetto è costato e rischia di costare carissimo: 8 punti persi fin qui e la possibilità di rivincere il tricolore a maggio.

Questione di testa prima ancora che di condizione fisica. Se è vero che, arrivati oltre la metà della stagione, i nerazzurri sono evidentemente stanchi, alcuni titolari logori e altri dentro e fuori per problemi muscolari, la tendenza negativa nei finali è iniziata già in estate. Le prime due reti prese dopo il minuto 76, ad esempio, risalgono ad agosto e settembre contro Genoa, vittoria sfumata, a Monza, pari riacciuffato in extremis con Dumfries, e nel derby deciso da Gabbia. Impossibile usare la stessa spiegazione allora rispetto ad oggi.

La sensazione è che sia prevalente la questione mentale. Un anno fa l’Inter era focalizzata sulla conquista della seconda stella, traguardo storico, e per questo riversava in campo attenzione e rabbia che non si sono mai viste in questo campionato. Diverso il discorso della Champions League dove c’è stata la beffa di Leverkusen, ma il dato dei gol incassati (uno solo in 8 partite) conferma l’applicazione feroce di Barella e compagni.

Sul banco degli imputati per il finale non a lieto fine di Napoli, rete numero 10 presa nell’ultimo quarto d’ora su 25 totali, finisce però anche Simone Inzaghi per la gestione dei cambi. Non è sfuggito come togliere Bastoni nel momento di maggiore pressione del Napoli non abbia prodotto il risultato sperato. Anzi. Il tecnico ha spiegato di averlo fatto per preservare uno degli ultimi mancini rimasti sani in un momento di emergenza assoluta, ma anche qui il moltiplicarsi degli indizi comincia a costituire una prova.

E’ stata la quinta volta che, sostituito il difensore azzurro, l’Inter è stata perforata. Era successo nel derby d’andata (fuori all’82’), a Udine e con il Torino (senza scossoni di classifica), con la Juventus al ritorno (out al 62′ e dieci minuti più tardi Conceicao) e ieri al Maradona. Era il caso di fare scelte da gestione delle risorse umane in un momento cruciale della stagione come gli ultimi 9 minuti di un vantaggio da difendere con i denti per il significato che avrebbe avuto sulla corsa scudetto? La risposta di tanti osservatori esterni è no, non valeva la pena sacrificare il “qui e ora” a quello che ci sarà poi.

Inzaghi torna a far discutere per la rigidità di alcune scelte legate alla panchina. Anche questa non è una novità visto che nella stagione terminata con la finale di Champions League a Istanbul, ma costellata di 12 sconfitte in campionato, finì nel mirino della critica per l’abitudine di togliere gli ammoniti quasi come fosse un automatismo. Ora la nuova versione dei tre indizi che fanno una prova.

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