
L'abitudine all'incertezza
Vivere come un pesce nell'acqua, imparando la lezione dai funamboli che camminano sul filo
Dopo aver vissuto per tanti anni da questa parte del globo, mi ero quasi dimenticata dell’incertezza. Delle sorprese, delle cose che non funzionano, dei pericoli imminenti, dell’inflazione, il default, gli scioperi. In linea generale, mi ero dimenticata dei cambiamenti.
Ora leggo i giornali e sento che, travestita in modo diverso, l’incertezza è tornata, l'ansia per un pericolo diffuso, senza nome e senza luogo, perciò chiunque e ogni luogo possono essere una minaccia.
E in queste condizioni di solito c'è chi offre riparo, chi tenta di entrare da quella crepa che crea la paura e lasciarti in testa le proprie parole. I testimoni di Geova, ad esempio, suonano i campanelli dei Findelmondani parlando del mondo che va a rotoli, in preda a guerra, fame e miseria. E la gente chiude loro la porta in faccia: di quale guerra mi parli? Qui non ci sono guerre vecchio stampo, qui ci sono battaglie ed eroi di tutti i giorni, quelli che riescono a dare da mangiare ai figli oggi e chissà domani, chi scampa a una rapina a mano armata e riabbraccia i suoi cari. E c’è chi non ce la fa.
A Milano invece qualche giorno fa i testimoni di Geova hanno citofonato, dicendo se potevano farmi una domanda. Domandi pure (la curiosità è una mia debolezza). “Si è sentita ultimamente in preda all’ansia, a una sensazione di paura che non riesce a controllare?” “Succede, ma ho sposato uno psichiatra”.
Riattaccando il citofono pensavo che avevano trovato la domanda giusta, per i tempi che stiamo vivendo. Non so quanti aprano loro la porta di casa, ma fanno una domanda che tocca le corde di tutti, col nostro vivere snervato, col respiro corto e l’agenda piena (in generale di cose inutili), ma piena.
Ma c’è stato un tempo in cui nell’incertezza vivevo, senza rendermi conto, come si dice dei pesci nei confronti dell’acqua. E se penso che da undici anni il latte mi costa un euro e quaranta mi sembra una barzelletta. Ma l’incertezza è condizione dell’esistenza, avete visto quanto è arbritraria la vita? La cerchi e non arriva, non la vuoi e te la trovi lì; e quanto è fragile, basta poco per farla finire. E allora quando qualcosa rimane ferma per tanto tempo, da una parte mi rassicura, ma dall’altra mica tanto. È come avere una specie di ritratto di Dorian Gray in tasca, mi chiedo sempre quanto ci verrà a costare questo immutabile un euro e quaranta?.
Non importa la risposta, mi piace pensare che il segreto stia nel fare come i Filonautas: un tedesco spettinato e una findelmondana di nome Soledad. Loro girano il mondo camminando su un filo metallico, dormendo, scherzando, lavorando, addirittura apparecchiandoci la tavola sopra. E se chiedi loro come fanno, ti rispondono che bisogna guardare l'orizzonte e non perderlo mai di vista. E se si è uno davanti all'altro, l'orizzonte è negli occhi di chi sta di fronte. Respirare, tener la schiena dritta, ma ricordare che la rigidità è nemica dell'equilibrio, non temere di cadere e se succede tornare su e andare avanti, usando l’immaginazione per quello che manca, strappando un sorriso a chi ti sta intorno, con in cuore un porto dove tutto ebbe inizio, e ogni giorno navigare a vista verso un orizzonte da conquistare.