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Tecnologia

Bitcoin e le altre: così crollano le criptovalute

Il suo valore è passato da 7.400 a 6.300 dollari in un giorno. E le altre monete virtuali hanno subito perdite simili. Le profezie della bolla cominciano forse ad avverarsi

Dagli altari alla polvere. E poi ancora su e poi giù un'altra volta. A ogni oscillazione di valore del Bitcoin e delle altre criptovalute, che vivono solo nel reame dell'informatica, ma di cui non esistono esemplari tangibili, come monete o banconote, c'è chi accumula fortune e chi finisce sul lastrico. E' successo di nuovo: il valore del Bitcoin è sceso del 10% tra mercoledì e giovedì, tornando a una quotazione di poco superiore ai 6.000 dollari, il livello più basso dal novembre scorso.

Le ragioni della crisi

Quello delle criptovalute è un mercato dominato dalla volatilità, che piace agli speculatori, proprio perché consente, quando le cose vanno bene, di fare grossi profitti in un tempo relativamente breve. Non dimentichiamo che per lungo tempo la notizia era stata quella del colossale apprezzamento del Bitcoin, passato in circa un anno (2017) dal valore di 900 dollari a 19.000: quale investimento rende oltre 20 volte il proprio valore in un anno?

Le criptomonete come noto non sono correlate ad altre risorse, non dipendono dalla quotazione dell'oro o del petrolio, per dire, ma sono sempre più correlate una con l'altra, ecco perché stanno cadendo tutte insieme e, secondo l'agenzia di notizie economiche Bloomberg, questo crollo simultaneo lascia gli investitori senza alcuna possibilità di rifugio.

Il ripensamento della banca d'affari americana Goldman Sachs rispetto all'ingresso nel campo della negoziazione di asset digitali con l'apertura di desk di trading per le criptovalute, ventilata qualche tempo fa, per molti sarebbe alla base di quest'ultimo tracollo. Il punto che avrebbe fatto desistere il colosso di Wall Street è la fondamentale mancanza di una regolamentazione che possa proteggere chi investe dalla natura volatile di questo mercato.

E' scoppiata la bolla

Molti analisti finanziari avevano avvertito che l'enorme incremento di valore realizzato da Bitcoin lo scorso anno rischiava di rivelarsi una bolla, che prima o poi sarebbe esplosa.
In un'intervista rilasciata a Bloomberg Television, Robert Shiller, economista premio Nobel con cattedra all'Università di Yale, aveva dichiarato lo scorso giugno, quando il valore della criptomoneta era più o meno quello di ora: "Penso che il Bitcoin sia un fenomeno sociale straordinario. È un'epidemia di entusiasmo (...) è una bolla speculativa. Ciò non significa che andrà a zero. Le bolle speculative si ripetono".

E secondo Jack Ma, fondatore e presidente del Gruppo Alibaba, l'Amazon cinese, "La tecnologia blockchain potrebbe cambiare il nostro mondo più di quanto la gente immagini. Bitcoin, tuttavia, potrebbe essere una bolla". Rincara la dose l'economista Nouriel Roubini, secondo il quale Bitcoin "è la madre di tutte le bolle ed è anche la più grande bolla della storia umana (...) Ora è crollato di circa il 60 percento rispetto al picco di metà dicembre", dichiarava Roubini lo scorso giugno, con valore poco oltre i 6.000 dollari, all’incirca come adesso. "E' crollato del 30 percento nell'ultima settimana e del 10 percento oggi, e ... il valore fondamentale di Bitcoin è zero".

Credere ancora nella blockchain?

Se i critici delle criptovalute sono più numerosi dei loro ammiratori, specialmente tra gli economisti e coloro che lavorano nelle istituzioni bancarie e finanziarie, che però sono proprio quelle "contro" le quali e criptomonete sono state create, sulla blockchain, il meccanismo che sta alla base della creazione delle valute virtuali, il verdetto è tutt’altro che unanime.

Diverse istituzioni finanziarie tradizionali hanno mostrato interesse per questa sorta di registro condiviso delle transazioni digitali che, secondo i suoi molti entusiasti sostenitori, potrebbe trovare applicazioni in un'infinità di campi, di cui la creazione di criptovaluta non è che uno, e forse nemmeno il più importante. Dalla catena di approvvigionamento alimentare alla distribuzione dell'energia, dal diritto d'autore ai contratti (i cosiddetti smart contracts), dalla conservazione dei documenti nel cloud a quella dei dati sanitari in database protetti e condivisi. Gli impieghi, potenziali, sono molti.

Anche in questo campo però, come in quello delle criptomonete, che è stato maggiormente sotto i riflettori, le belle speranze dovranno scontrarsi con la realtà. E occorrerà capire se un registro decentralizzato, condiviso, nel quale i dati non possono essere modificati senza l'autorizzazione di tutti coloro che ne conservano una copia, possa davvero essere la risposta a esigenze di organizzazione e sicurezza in ambiti così diversi. Alcuni critici, per esempio, sostengono che la blockchain sia la risposta a una domanda che ancora non c’è. E che in molti ambiti essa non offra garanzie di sicurezza aggiuntive di cui si senta davvero la necessità.

Tra promesse e realtà

La promessa di Bitcoin ai suoi inizi, ormai quasi 10 anni fa, era che sarebbe diventata una realtà con cui la finanza internazionale avrebbe dovuto fare i conti. Una riserva di valore o, come si dice per l'oro, un bene rifugio, ha già dimostrato di non poterlo essere: troppa volatilità quindi troppi rischi. Anche come mezzo di scambio Bitcoin e i suoi emuli, come Ripple ed Ethereum, hanno dimostrato di non valere poi granché, dal momento che la loro adozione non è stata rapida e diffusa come i fan della prima ora speravano.

Può darsi che tra un mese il valore delle criptovalute torni a salire per imperscrutabili motivi. E di sicuro nel caso qualcuno ci guadagnerà. Ma par di poter dire che gli unici che possono davvero arricchirsi con un investimento così rischioso non possano che essere coloro che ricchi lo sono già per conto proprio e possono quindi permettersi di giocare e scommettere, come al casino. E se perdono tutto (o molto) in un giorno, va bene lo stesso.

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Marta Buonadonna