Bagnini & Bagnanti al cinema, dagli arenili alle arene - La recensione
Confessioni e storie di spiaggia sotto gli ombrelloni di mezza Italia, tra l’Adriatico e il Tirreno. Nel segno dell’incessante “caccia” all’altro sesso
Le facce lignee e rugose, la pelle bruciacchiata dal sole, la muscolatura stazzonata. L’emblema di una generazione di bagnini, consegnata agli arenili nei primi anni Sessanta e in qualche caso una manciata d’anni prima, sagome marine con la canotta rossa e gli ardori sempre fervorosi, l’esplorazione vigile, il desiderio inesausto davanti a un’offerta, a loro dire, intraprendente, sfrontata, esuberante e procace.
Uno dei due tracciati di Bagnini & Bagnanti (in programmazione per tutte l’estate nelle arene cinematografiche e in sala, durata 1h 12’) di Fabio Paleari e Luca Legnani conduce nei paraggi di una progenie antica e a suo modo leggendaria che pare uscita da un libro di ricordi dominato dallo stereotipo; il secondo percorso, invece, rivolge lo sguardo ai più giovani, muscoli ben più tonici e guizzanti, guidati dal modello baywatch piegato ad una visione tutta italiana. Gli uni e gli altri, comunque, motivati dall’irresistibile impulso alla conquista in ogni sua fantasiosa e rocambolesca forma.
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Una selezione antologica di definizioni
Prigionieri di un ruolo? Anche. Ma in modo consapevole e, si direbbe, ineluttabile, addirittura irreparabile.
Dall’Adriatico al Tirreno, da Rimini a Ostia e a Viareggio fino alla Liguria i racconti s’intrecciano e si accavallano, in una selezione antologica di definizioni e caratterizzazioni del bagnino confessore, che sa tutto di tutti e niente – quando serve – di tutti, del sacerdote della spiaggia, del romagnolo che non dimentica le sue origini storiche di ortolano e cura l’arenile con le stessa diligenza e il medesimo amore della propria terra rigogliosa. E via così.
Scene ludiche e grottesche dalle voci dei protagonisti
Nel montaggio che alterna interviste, immagini d’epoca e schegge di presente balneare, prende forma un documentario sociale – meglio, di qualche plausibile pretesa sociologica – che potrebbe perfino collocarsi in ambito di finzione tanto riesce, attraverso le voci di quegli uomini che a tratti sembrano vivere in una dimensione atemporale, a raccontare storie, evocare scene ludiche e grottesche energicamente governate dall’erotismo, dall’orgoglio di categoria, dalla caccia assidua e immutabile anche quando, tra bagnini e bagnanti (donne) non si sa bene chi sia la vera preda.
Eroi solitari di un “collezionismo” esasperato
Eccoli gli eroi di questo film molto – a qualcuno sembrerà troppo - maschietto ma in fondo tenero, divertente e nostalgico d’un mondo che già oggi è cambiato. L’anziano bagnino riminese che utilizzava tutti gli arnesi disponibili per coricarsi in compagnia, materassini, sdraio, asciugamani in “cabine talmente piccole dove si entrava da una parte con la testa e si usciva dall'altra coi piedi” e magari, sbucando da una delle due parti “si trovava il marito della signora che giocava a carte”; il giovane versiliano per il quale l’abbordaggio riuscito equivale a “portare a casa la pagnotta”; i collezionisti d’ogni dove come quelli di Ostia che ad ogni esito positivo mettevano una tacca sull’asta di legno dell’ombrellone; o quelli di Rimini che davano un punteggio ai loro “successi” in relazione alla provenienza delle loro (sempre) occasionali compagne. Défaillances? Neanche a parlarne, ovviamente.
Professionisti. Degli arenili, del remo e del pattino, del salvataggio di vite e della cura dei bagnanti, più volentieri se di sesso femminile. Perché le loro vite ruotano spesso attorno alle avventure sentimentali, pur brevi che siano e senza capire davvero gran che delle donne, nel destino comune – degli anziani come dei giovani – di non legarsi a lungo: in un ensemble di rumorose e affollatissime solitudini.