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Viaggio nel ghetto africano di Foggia, senza regole, fuori da ogni logica

Viaggio nel ghetto africano di Foggia, senza regole, fuori da ogni logica

Violenze, delinquenza, degrado, prostituzione, caporalato. La realtà di luoghi dove lo Stato non esiste

Nel ghetto africano di Foggia c’è tensione. Siamo in aperta campagna, esattamente nel borgo “Torretta Antonacci” di Rignano, dove alcuni volontari sono stati aggrediti verbalmente da Ahmed, che non sopporta più la loro presenza. “Se l’è presa con una persona debole – racconta un testimone -. Eravamo tranquilli e mentre parlavamo con gli altri del ghetto, Ahmed ha avuto uno scatto di rabbia verso una persona. Lui, probabilmente, ce l’ha con le donne. Tutto si è svolto rapidamente, ma per fortuna non c’è stata violenza fisica perché ho protetto la aggredita facendole da scudo. Gli altri con cui scherzavamo ci hanno difeso immediatamente. Ma addosso rimane la paura e continuiamo a chiederci cosa possa aver spinto Ahmed a reagire così”. Uno dei presenti è incredulo, ma si rende conto che il problema è reale e che si potrebbe verificare ancora. Racconta che in quella lunga fila di vecchie roulotte che fiancheggia il villaggio zeppo di baracche fatiscenti vive anche un amico africano e con lui tanti altri amici.

Prendono il caffè insieme e quando qualcuno ha piccole urgenze lo chiama al telefono. “Lo Stato italiano offre un servizio sanitario anche a chi non ha il permesso di soggiorno. Quindi, se ci sono problemi legati alle scadenze semestrali del medico, aiuto chi ha bisogno. Uno dei centri di assistenza è strutturato per risolvere le cose insieme. Stessa cosa vale per i contratti di lavoro. Purtroppo, sono in pochi ad avere un contratto di lavoro e quando riescono a ottenerlo, nel pieno rispetto dei loro diritti, diventano vivi. Ecco i volti diventano umani. Eppure questa gente lavora per noi italiani, rappresenta le braccia del “Made in Italy” e bisognerebbe tutelarli anche per proteggere le nostre economie regionali. I migranti del ghetto di Rignano, a ottobre si spostano più a Sud per la raccolta delle arance. Ma sono sotto-pagati e sfruttati”.

A Foggia il ghetto africano di Rignano è il più datato, mentre borgo Mezzanone è il più affollato. Entrambi sono luoghi di degrado sociale e di notte si trasformano in veri e propri bordelli, dove la prostituzione maschile e lo spaccio di sostanze stupefacenti avvengono come rituali. E’ in questi stessi luoghi che nel periodo estivo, quando aumenta il lavoro stagionale per la raccolta dei pomodori, di giorno il ghetto si trasforma in un ufficio di collocamento abusivo, dove vige il caporalato anche tra gli stessi africani. In centinaia e centinaia di baracche convivono principalmente africani del Mali, Gambia, Guinea, Costa d’Avorio, Senegal e anche qualche nigeriano che ha scelto di non rimanere a borgo Mezzanone per il sovraffollamento. A fare da guardia al degrado c’è una sola persona che fa capo alla Protezione civile. Lui sa che rimanere al ghetto di notte è difficile e sa pure che entrare in quei luoghi per mantenere l’ordine pubblico è pericoloso e fa paura.

Al crepuscolo, girando tra i vicoli polverosi del ghetto si possono incrociare gli sguardi dei giocatori di dama. Poi c’è un bar, un piccolo ristorante gestito da una donna e un emporio in perfetto ordine. Non si grida, si sta e basta. Gli africani adorano il tramonto perché è il momento di raccoglimento per inviare soldi alle famiglie. Ecco, come appare il ghetto più antico di Foggia, dove braccia di uomini africani servono a portare avanti il “Made in Italy”, dove i migranti si fermano a vivere in un grande campo in cui per adesso vince lo sfruttamento.

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