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Tensioni tra Israele e Libia: un altro flop di Biden

Il presidente americano continua a perdere influenza in Nord Africa: la logica degli Accordi di Abramo appare sempre più lontana, mentre la Libia inizia a guardare alla Cina.

È salita la tensione tra Tripoli e Gerusalemme. Il premier libico, Abdulhamid Dbeibah, ha sospeso il suo ministro degli Esteri, Najla Mangoush, dopo che quest’ultima aveva avuto un incontro a Roma con il suo omologo israeliano, Eli Cohen: un faccia a faccia che, secondo quanto riferito da Israele, sarebbe stato facilitato dal titolare della Farnesina, Antonio Tajani. Si era trattato, per inciso, di un incontro particolarmente significativo, visto che al momento la Libia non intrattiene relazione diplomatiche formali con lo Stato ebraico. Tuttavia la notizia del meeting tra i due ministri ha suscitato delle proteste in Libia, portando alla sospensione della Mangoush, la quale nelle scorse ore si è trasferita in Turchia. Svariati settori politici libici non hanno del resto alcuna intenzione di procedere verso una normalizzazione delle relazioni con Israele, sostenendo al contrario il fronte palestinese.

Non era comunque la prima volta che Tripoli stava cercando di avviare un disgelo con Gerusalemme. Come riportato dal Jerusalem Post, “nel gennaio 2022 è stato riferito che il direttore del Mossad David Barnea e Dbeibah si sono incontrati in Giordania per discutere di normalizzazione e cooperazione in materia di sicurezza”. “Sebbene l’incontro sia stato pubblicizzato dai media dell’Arabia Saudita e della Libia, Dbeibah ha successivamente negato l’incontro”, ha proseguito la testata. Il punto vero è che una normalizzazione dei rapporti tra Tripoli e Gerusalemme sarebbe una buona notizia per la stabilizzazione del quadrante mediorientale e quindi anche per l’Italia. Non è un caso che ad attivarsi per far incontrare Cohen e la Mangoush sia stato proprio Tajani. Quello che purtroppo manca è il contesto internazionale adeguato. Sono lontani i tempi degli Accordi di Abramo, negoziati dall’amministrazione Trump nel 2020. Joe Biden, almeno al momento, non è stato in grado di proseguire concretamente su quella strada. E questo ha creato grossi problemi alla stabilità nel Mediterraneo e alla stessa politica estera di Roma.

L’attuale presidente americano sta cercando di favorire la normalizzazione tra Israele e l’Arabia Saudita. Tuttavia sulla sua strada ci sono vari scogli. Innanzitutto le aperture di Biden al ripristino del controverso accordo sul nucleare iraniano hanno portato la Casa Bianca in rotta di collisione tanto con il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, quanto con il principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman. Inoltre, come recentemente riferito dal Times of Israel, a remare contro la normalizzazione dei rapporti tra Riad e Gerusalemme vi sarebbero anche alcuni parlamentari del Partito democratico americano, che non hanno in simpatia Netanyahu. È chiaro che, in questo clima, è molto difficile che si riescano a raggiungere degli accordi tra Israele e Tripoli o tra Israele e la Tunisia. Un bel problema per Roma ma anche per l’attuale Casa Bianca, che continua a perdere decisamente influenza sul Nord Africa.

E qui veniamo a un’altra notizia significativa. Secondo quanto riferito da Agenzia Nova, il vicepresidente del Consiglio presidenziale della Libia, Moussa al Kuni, durante un recente incontro con il presidente cinese Xi Jinping, ha detto che la Libia ha intenzione di avviare una “cooperazione strategica ed economica con la Cina, alla luce della possibile adesione del Paese nordafricano alla Nuova via della seta”. In particolare, al Kuni ha sottolineato “l’importanza del ruolo che la Cina può svolgere nel sostenere gli sforzi dello Stato libico verso il raggiungimento della stabilità, accelerando il completamento dei progetti di ricostruzione del Paese”. Questo significa che la Libia, nella cui parte orientale sono storicamente presenti i mercenari russi del Wagner Group, si sta avvicinando all’orbita cinese. Un’ulteriore dimostrazione del fallimento della politica mediterranea di Biden.

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