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Napoli, quanta fatica per restare in corsa per lo scudetto

Napoli, quanta fatica per restare in corsa per lo scudetto

Successo sofferto a Monza, decisivo sempre McTominay ma a far discutere rimangono le parole di Conte che non lesina critiche al club e che spaventa i tifosi pensando al futuro

Se il Napoli festeggerà il quarto scudetto della sua storia, dovrà ringraziare Scott McTominay e i suoi gol. Lo scozzese sta alimentando il sogno partenopeo a suon di reti: quella di Monza è stata la numero 9 di un campionato da attaccante partendo da centrocampo, record in carriera di marcature per singola stagione. Gol che vanno pesati per importanza, non solo contati, perché da inizio febbraio la squadra di Antonio Conte ha perso brillantezza e sono i colpi di McTominay a coprire le difficoltà.

La domanda è: perché il Napoli è arrivato così scarico nella seconda metà di una stagione nella quale ha potuto concentrarsi da dicembre in poi su unico obiettivo? Dubbio legittimo osservando la mancanza di freschezza che obbliga a giocare solo una parte delle gare: o la prima, calando nella ripresa, o viaggiando con una marcia in meno lungo tutti i novanta minuti. Una risposta può trovarsi nel modo con cui il suo allenatore ha gestito una rosa corta rispetto alla concorrenza, ma comunque sufficiente per disputare molte meno partite. Basta prendere Gilmour, ora titolare aggiunto e letteralmente dimenticato in panchina dalla 13° alla 26° giornata, periodo durante il quale è sceso in campo per soli 20 minuti.

La spiegazione, però, può essere più filosofica. Conte pensa di avere un gruppo ristretto di giocatori di cui si fida e fatica ad uscire da quelli, con il risultato di averli stancati più del lecito. Di questi, McTominay è diventato il leader tecnico ed emotivo della squadra soprattutto dopo un mercato di gennaio vissuto come ingiustizia dal tecnico e non solo. La partenza di Kvaratsckhelia, sostituito in extremis solo da Okafor, non è stata digerita e rappresenta per tutti una ferita che non si rimargina.

E qui si arriva al tema più ambientale. Anche la vigilia della trasferta a Monza è stata vissuta in un clima di psicodramma con le parole di Conte (“Non rinnego nulla di quello che ho detto a luglio, ma in otto mesi ho capito che qui ci sono cose che non si possono fare”) suonate come preannuncio dell’addio e la risposta di De Laurentiis (“Certe riflessioni creano disagio, meglio farle a fine stagione”) che è parsa una puntura a distanza.

Non è detto che Conte voglia davvero andarsene, ma è certo che la permanenza al netto del contratto lungo e del fatto che lui si sia trovato benissimo, non è scontata. Basta seguire il filo dei suoi ragionamenti, ripetuti anche nel post partita: “La gente vuole vincere, ha ambizione e quindi c’è grande apertura da parte mia sotto tutti i punti di vista, poi bisognerà vedere la realtà quale sarà. Grande apertura perché, ripeto, a Napoli sto bene. Ho trovato una piazza che mi dà emozione e questo è molto importante. Chi mi prende, comunque io porto aspettative. Chi prende Conte dice ‘O arriva primo o secondo’, anche se arrivi decimo. Non basta lottare per arrivare in Europa, crescono ambizioni e aspettative. Io mi metto a capo e posso fare da garante su tutto, però non sono stupido, se non ci sono i mezzi necessari per fare questo”.

Chiaro no? Il tutto mentre la pressione vera dovrebbe percepirla Simone Inzaghi che a Bologna scende in campo con il Napoli appaiato e le fatiche di Champions League da gestire. Uno sforzo enorme con il paradosso che sembra più sereno lui dell’avversario che gli sta contendendo lo scudetto.

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