In Florida e California per la prima volta sono stati rilasciati in natura miliardi di esemplari maschi resi sterili dall’ingegneria genetica. Un modo hi-tech per ridurre la trasmissione di infezioni pericolose. Da noi, oltre alla zanzara tigre, ora abbiamo la coreana e la giapponese. E in futuro, con estati sempre più calde e umide, potrebbero arrivare altri «ospiti» ronzanti.
Nel corso della sua breve esistenza (3-4 settimane se è fortunata) una zanzara femmina – è lei a pungere – si accoppia solo una volta. Insomma, fa sesso per un attimo, e poi mai più. Dopo di che se ne va in giro a cercare il suo «pasto di sangue» per nutrire le uova, le depone, la prole nasce e lei, con gli spermatozoi rimasti nel suo organismo, ricomincerà lo stesso ciclo. Se però il maschio fosse sterile, niente nuove generazioni di zanzarine. E lo stesso varrà per le uova future, perché tutte saranno il prodotto di quegli spermatozoi infertili.
È questo l’obiettivo del primo rilascio in campo aperto, lo scorso marzo avvenuto in Florida e California, di oltre 2 miliardi di maschi della Aedes aegypti, che trasmette la febbre gialla, resi sterili dall’ingegneria genetica (e creati dall’azienda inglese Oxitec): dall’unione con la loro «zanzara ideale» nasceranno larve incapaci di crescere e diffondere l’infezione. E molte altre malattie, a seconda della specie: nel corso dell’umanità, come racconta lo storico Timothy Winegard nel libro The Mosquito: A Human History of Our Deadliest Predator, 52 miliardi di persone al mondo sono morte per le punture di questo microscopico cacciatore. Leggendo il suo saggio si scopre che la malaria, trasmessa dall’Anopheles, colpiva duro già tra gli antichi greci e romani. «Faceva centinaia di migliaia di vittime» scrive Winegard «cambiando gli esiti delle guerre. Ippocrate ne associava l’avvento all’apparizione di Sirio, nella costellazione del Cane, e chiamava questi periodi estivi di febbre “i giorni del cane”».
Tornando a oggi, l’esperimento americano non punta a sterminare le zanzare (in ogni istante ce sono sul pianeta come minimo 100 trilioni, quindi sarebbe impossibile), bensì a renderle «innocue». Un fastidio ineliminabile, ma non un rischio letale. «L’Aedes aegypti arrivò negli Usa con la tratta degli schiavi. Ora è diffusa in tutta la zona subequatoriale del mondo, e trasmette molte infezioni e febbri emorragiche spesso mortali» spiega Paolo Gabrieli, ricercatore di biologia all’Università di Milano, che fa parte del gruppo EntoPar. «Chikungunya, dengue, zika, febbre gialla. La scelta delle biotecnologie per combatterle viene anche dal fatto che per la maggior parte di queste malattie non ci sono vaccini né terapie efficaci».
La lotta alle zanzare finora è stata condotta con gli insetticidi ma gli insetti diventano presto resistenti, poi c’è la questione dell’impatto ambientale. Infine, queste sostanze tossiche non sono un affare così favorevole per le aziende. Mentre in agricoltura il loro sviluppo copre un settore esteso, per il controllo delle zanzare il mercato non sostiene gli investimenti. «Questa tecnologia transgenica ha potenzialità notevoli perché interviene sulla riproduzione di nuovi geni che si propagano nella popolazione di insetti» precisa Romeo Bellini, responsabile del settore Entomologia medica e veterinaria del Centro Agricoltura ambiente Crevalcore (Bologna). «Chiaro che bisogna sgombrare il campo da ogni incognita. Per esempio, che fine fanno questi geni in natura e se potrebbe esserci il rischio di un loro salto di specie. La prudenza è d’obbligo. Ma la tecnologia è estremamente promettente».
Nata non proprio ieri, peraltro. Nella ricerca di base, gli insetti transgenici esistono dal 2000: moscerini della frutta, mosche, bachi da seta… E sempre in California, con la tecnica di editing genetico Crispr, altri gruppi stanno provando a rendere gli umani «invisibili» alle zanzare. Come? Privandole di quei geni (Op1 e Op2) grazie ai quali ci individuano. Potremo andare in giro, se l’esperimento avrà successo, vestiti di nero, sudati come dopo la maratona di New York, avendo bevuto litri di birra, con piedi e caviglie scoperti, insomma con tutte le caratteristiche con cui, a quanto pare, le seduciamo. Ma senza che ci pungano.
C’è da dire che in Italia – e in generale in Europa – non abbiamo a che fare con zanzare davvero pericolose. Da noi sono una molestia estiva, non una minaccia alla vita. Negli ultimi anni abbiamo importato la coreana e la giapponese, ma la più preoccupante resta la zanzara tigre, arrivata in tutta la Penisola negli anni Novanta. «È urbana, ama le città, ed è assai fastidiosa perché punge di giorno. Ci sono stati focolai epidemici del virus chikungunya, di cui è vettore: nel 2007 in Romagna, nel 2017 in Lazio, e una decina di casi di dengue, nel 2020, nel Vicentino» ricorda Bellini.
Il caso tipico è il seguente: un viaggiatore arriva, infetto, da un Paese dove questa malattia è diffusa, viene punto da una zanzara Aedes albopictus (la tigre) che trasmette l’infezione. Un piccolo ciclo endemico, che rispetto al Covid fa sorridere, ma tant’è. «Possiamo intervenire con trattamenti che uccidono gli esemplari adulti e stroncare l’epidemia, e la chikungunya tende a risolversi spontaneamente se si ha un sistema immunitario sano» dice Bellini.
Le zanzare coreana e giapponese, sia pure sorvegliate speciali, destano meno apprensione: almeno in Europa, non risulta si siano mai rese responsabili di malattie. Sono più campagnole della tigre, amano la vegetazione e non hanno uno speciale appetito per noi umani. Detto questo, è assai probabile che, in un futuro funestato dal riscaldamento globale, le zanzare diventino «migranti climatici». «In Italia abbiamo ancora temperature invernali che non favoriscono l’insediamento di nuove specie, ed è la nostra fortuna. Ma nei prossimi anni potrebbe non essere così» avverte Gabrieli. «Modelli previsionali dicono che la zanzara tigre, per esempio, si diffonderà sempre più anche nel nord Europa».
Se le ondate estive torride e umide stanno diventando la norma, il nostro inverno è (ancora) abbastanza rigido. Certo, a tutti capita di avere, a dicembre o gennaio, un esemplare fuori tempo massimo che di notte ronza e non riusciamo a sfrattare. Ecco, quella è la zanzara nostrana, la Culex pipiens, che in casa può sopravvivere come insetto adulto. «La tigre, invece, sverna solo in forma di uova, e questo interrompe la catena di trasmissione» continua Gabrieli. «Quando una zanzara nasce non è mai infetta, prima deve pungere qualcuno. Se però sopravvive in inverno come adulto infetto, l’infezione può diventare endemica».
Mentre concludiamo il giro di domande, Bellini ci precede: «E poi sapesse quanta gente mi chiede “ma a cosa servono le zanzare”?» sospira rassegnato. Ecco, appunto. «Sono cibo per uccelli, pipistrelli, anfibi, pesci. E le loro larve filtrano e depurano l’acqua, sottraggono sostanze organiche nelle nostre acque reflue sporche. Insomma, è giusto difendersi ma senza isterie. Il nostro centro collabora con l’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che ha un settore per applicazioni pacifiche: noi la sterilizzazione degli insetti maschi la facciamo con i raggi X».
Per concludere, la puntura di una femmina fecondata con spermatozoi geneticamente modificati ci darà lo stesso prurito, ma almeno avremmo la soddisfazione di sapere che, benché nutrite con 0,01 millilitri del nostro prezioso sangue, le larve non cresceranno e non potranno andarsene in giro per il pianeta a fare danni.