Anche se sta tornando la pioggia (un po’), la mancanza di acqua di questa estate nel nostro Paese come nel resto del Continente ha conseguenze che vanno oltre l’immaginabile. Sull’agricoltura, sulla mancata produzione di energia idroelettrica, sul sistema di raffreddamento delle centrali nucleari e su altri temi che diventano, con l’aggravarsi del cambiamento climatico, sempre più scottanti.
Un disastro ambientale senza precedenti ma soprattutto un disastro economico con conseguenze difficili da valutare nel lungo termine. La produzione agricola di larghe aree geografiche andrà ridisegnata, tante colture dovranno essere trasferite e probabilmente andranno riviste le politiche della transizione ecologica. L’idroelettrico, tra le maggiori fonti di energia rinnovabile, è in affanno e se la situazione continua così l’abbandono dell’odiato carbone dovrà essere rinviato. Non solo la guerra in Ucraina, la rinuncia al gas russo e l’inflazione: la crisi in Europa ha anche un’altra matrice, la siccità. In meno di 20 anni ha causato nel mondo perdite per oltre 120 miliardi di dollari, come indica il rapporto della United Nations Convention to Combat Desertification. È un fenomeno non circoscritto a questa stagione e nemmeno alla nostra penisola ma strutturale e con cui bisogna fare i conti. Si prevede che per la metà del secolo, la carenza di acqua colpirà più di tre quarti della popolazione mondiale ed entro il 2030 circa 700 milioni di persone diventeranno rifugiati climatici.
Agricoltura ed energia sono i settori più colpiti. Secondo una stima Coldiretti i danni della siccità in Italia sono saliti a 6 miliardi di euro. Il 10 per cento della produzione agricola nazionale è stato «bruciato». In molte aree sono entrate in funzione le autobotti. Oltre un terzo del territorio è a rischio di desertificazione. «La siccità si è sommata alle conseguenze del conflitto ucraino, una tempesta perfetta che ha portato un’azienda agricola su dieci sull’orlo della chiusura» afferma Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. «La carenza di acqua ha fatto lievitare il costo dell’energia elettrica mentre con la guerra il gasolio agricolo è salito del 120 per cento, il gas del 500 per cento e i fertilizzanti del 250 per cento».
La soluzione, dice «è investire sui bacini di accumulo come Francia e Spagna. Ora tratteniamo l’11 per cento dell’acqua piovana, dovremmo arrivare almeno al 50. Va esteso l’uso della tecnologia satellitare per individuare le aree più secche ed evitare l’irrigazione dove non c’è bisogno mentre la cisgenetica può rendere le sementi più resistenti alle alte temperature». Gli effetti della siccità si faranno sentire sui prossimi raccolti. Coldiretti si attende un calo della produzione di vino del 3-10 per cento, ma almeno «sarà di ottima qualità» assicura Prandini. Quanto all’olio ci sarà una riduzione fino al 30 per cento. Per il raccolto del grano si stima un -30 per cento di quello duro usato per la pasta e del 20 per il tenero destinato al pane con punte, in alcune regioni, anche di -40 per cento. Va male per gli allevamenti a causa del crollo della produzione di foraggi e del loro rincaro. Per le alte temperature le mucche hanno fornito fino al 20 per cento in meno. Nelle risaie la perdita è stata di oltre il 30 per cento dopo che l’aumento record dei costi di produzione aveva già tagliato le semine di 10 mila ettari. Il caldo ha bruciato frutta e verdura, in alcune zone fino al 70 per cento. Stanno cambiando anche le coltivazioni; l’ulivo è arrivato alle pendici delle Alpi, in Toscana si coltivano le arachidi e nel Mezzogiorno si diffondono le piantagioni di banane, mango, avocado e lime per un consumo di oltre 900 mila tonnellate. Un mix micidiale che spinge i prezzi. Federdistribuzione ha annunciato un’ondata di rincari per l’autunno su tutti i generi alimentari. Il carrello della spesa costa già il 10 per cento in più rispetto al 2021. C’è poi l’incognita della fine dello sconto sulle accise di gasolio e benzina che andrà a incidere sulla grande distribuzione.
La siccità ha colpito anche la fornitura di energia elettrica da fonte idrica. L’idroelettrico è l’asse portante dell’energia green in Italia. Vale il 41 per cento della produzione rinnovabile totale, con un parco circa 4.300 impianti, una potenza di 18,9 Gigawattora: il 16,5 per cento dell’elettricità totale. Ma a luglio, secondo dati Terna, la produzione è scesa del 32,1 per cento proprio mentre i consumi crescevano del 2,2 per cento.
Enel è stata costretta a spegnere temporaneamente le turbine della centrale idroelettrica di isola Serafini di San Lazzaro, perché il Po è andato sotto il ivello medio di otto metri. Si è fermata anche la centrale di Sermide, al confine con il Veneto, e parte di quella di Ostiglia nel Mantovano. Il calo della generazione idroelettrica ha fatto scendere la quota di fonti rinnovabili sulla domanda di elettricità del Paese. «Ora dovremmo essere più consapevoli che usare solo le rinnovabili ci pone in una situazione di sudditanza. C’è il problema di sopperire alla loro intermittenza, come è emerso durante la siccità. Non possiamo abbandonare carbone, petrolio e metano» commenta Alberto Clò, economista, ex ministro dell’Industria durante il governo Dini e ora direttore della rivista Energia. E Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia: «Emerge la difficoltà di affidarsi solo alle rinnovabili. Basta un anno di scarse precipitazioni che crolla la produzione e il sistema va in crisi. Bisogna realizzare nuovi bacini di accumulo e fare più idroelettrico, ma è una tecnologia osteggiata dagli ambientalisti».
Quindi, mentre l’Europa spinge sulle rinnovabili, il cambiamento climatico fa emergere i punti deboli di questa strategia. «I nodi vengono al pettine, sono state sottovalutate le difficoltà delle fonti alternative al fossile. Ma se Bruxelles continua a vincolare una quota importante del recovery fund alle rinnovabili, l’Italia, che ha bisogno di questi soldi, non può che andare avanti su questa linea» spiega Enrico Mariutti, ricercatore e analista nel settore energetico e presidente dell’Istituto Alti Studi in Geopolitica. E avverte: «In molte regioni è scattata la competizione tra uso energetico e agricolo delle scorte idriche. Gli invasi sono sempre meno pieni e il fabbisogno di acqua per agricoltura cresce».
La siccità ha compromesso anche il trasporto delle merci per via fluviale, dirottato su rotaia con un aumento dei costi e ritardi per l’industria. Il Reno, snodo per il commercio europeo, sta diventando impraticabile, mettendo a rischio l’approvvigionamento di beni essenziali come carbone e petrolio per Germania, Svizzera e Paesi Bassi. Il carbone è diventato fondamentale per le centrali elettriche tedesche, penalizzate dalla stretta russa sulle forniture di gas e dalla minore produzione di energia idrolettrica per la siccità. Stessa situazione per il Danubio, con un rischio anche per il commercio di grano.
In Francia l’aumento della temperatura dei fiumi Rodano e Garonna, ha reso più difficile il raffreddamento dei reattori nucleari. Il paradosso è che l’agenda europea della transizione verde, punta a un aumento del 25 per cento entro il 2030, del trasporto sulle vie navigabili e dello sviluppo delle rinnovabili. La siccità rischia di far saltare tutti i piani. n© riproduzione riservata