Le statine, i farmaci anticolesterolo, con la loro azione contro i processi infiammatori hanno dimostrato effetti benefici sulla longevità. Secondo nuovi studi, poi, sembrano anche in grado di migliorare il microbiota intestinale. E (forse) di contrastare il tumore alle ovaie.
Ci sono farmaci che hanno fatto la storia della medicina. L’aspirina, gli antibiotici, il cortisone, gli antidepressivi… l’elenco sarebbero lungo. E in questa lista, con le sue luci e ombre ovviamente, un posto indiscutibile nella moderna medicina cardiovascolare ce l’hanno le statine. Prescritte, in tutto il mondo, a decine di milioni di persone (per un giro d’affari stimato in circa 1 trilione di dollari nel 2020, ossia un miliardo di miliardi), riducono i livelli di colesterolo nel sangue mettendo al riparo da infarto e ictus.
E lo fanno da ormai 20 anni. Messe a punto nel 1980, il boom arrivò negli anni Novanta quando, a seguito di numerosi studi (finanziati in gran parte, va detto, dalle industrie farmaceutiche), la loro efficacia apparve evidente. Non solo nell’abbattere il colesterolo nel sangue, ma anche nell’allungare l’aspettiva di vita di circa il 25 per cento. Il che non era affatto scontato: una molecola può centrare un obiettivo minore, per esempio diminuire colesterolo, pressione, glicemia o altro, ma non quello maggiore, cioè incidere davvero sulla mortalità (in gergo medico si chiama «end point surrogato», e su questo Big pharma ha fatto comunque, e continua a fare, splendidi affari).
Ora, un nuovo studio aggiunge alle statine un’altra «virtù»: migliorebbero la composizione del microbiota in persone obese. Ed è un risultato inaspettato. Lo indica una ricerca su più di 2 mila persone reclutate in vari Paesi europei da scienziati dell’Università KU Leuven (nelle Fiandre) e apparsa su Nature. Analizzando infatti la flora intestinale, i ricercatori hanno visto che i pazienti obesi che assumevano statine mostravano, rispetto a chi non le prendeva, livelli minori di un certo tipo di batteri legati all’infiammazione (l’enterotipo Bact2); in pratica, avevano un microbiota migliore. Il Bact2, più comune in chi è molto sovrappeso, è infatti legato a infiammazione intestinale e altre malattie. Mentre una buona flora intestinale pare essere un’assicurazione per la salute, in moltissimi campi.
«Finora i soggetti obesi non sono mai stati oggetto di indagine per questo tipo di terapia» osserva Nature. «Ma il risultato solleva un sorprendente possibile legame tra consumo di statine e microbiota».
«È un’ipotesi molto suggestiva, i colleghi olandesi hanno fatto uno studio mastodontico. Bisognerà vedere, con altre indagini studi, se questo effetto vale anche per le persone che non sono sovrappeso» commenta Cesare Fiorentini, cardiologo Area clinica del Centro cardiologico Monzino, Milano. «Del resto, questo lavoro si aggiunge a tutta una serie di effetti pleiotropici delle statine, ossia inattesi, che consistono soprattutto nella loro azione anti-infiammatoria: e sappiamo che l’infiammazione è un potente drive per la placca aterosclerotica. Questa contiene infatti molte cellule infiammatorie, ed è tanto più pericolosa quanto più è instabile, perché rischia di rompersi. E le statine, al di là del fatto che contrastano la formazione della placca, controllano la fase infiammatoria».
È proprio per questa loro funzione che, colesterolo a parte, riducono la mortalità per ictus e infarto: minore infiammazione rende la placca aterosclerotica meno propensa a rompersi, a mandare in giro piastrine e a formare trombi, che sono quelli alla base dell’infarto.
Non solo. «Noi cardiologi abbiamo visto che nei pazienti in cui si mettono gli stent resta un effetto infiammatorio causato dalla presenza di globuli bianchi» prosegue Fiorentini. «Le statine somministrate a piene mani subito dopo l’intervento riducono la fase infiammatoria locale e quindi il trombo intra-stent, che è una delle complicanze più temute».
Quella delle statine non è stata però una marcia trionfale senza intoppi. Una ventina di anni fa, forse lo ricordate, ci fu un enorme scandalo perché la cerivastatina (prodotta della Bayer e ritirata dal commercio nel 2001) aveva provocato parecchi casi di rabdomiolisi, una gravissima malattia dei muscoli, e 52 morti. Le statine, in generale, finirono nella bufera e con loro le aggressive strategie di marketing delle case farmaceutiche: come l’insistenza per far abbassare sempre più i livelli consigliati di colesterolo e allargare i potenziali pazienti (e clienti). E oggi? «Le statine sono best sellers internazionali, hanno ricevuto un numero maggiore di studi, condotti su più pazienti e pubblicati su più riviste scientifiche di ogni altro farmaco» riflette Thomas Hager, giornalista americano, nel saggio Ten Drugs (su Amazon, 2019). «E non c’è dubbio che salvino migliaia di vite. Eppure intorno a loro continua a esserci un forte dibattito».
L’allarme per i potenziali danni sui muscoli è in gran parte rientrato, ma non del tutto. «La cerivastatina era particolarmente attiva nel ridurre il colesterolo» spiega Fiorentini «però aveva effetti collaterali per il metabolismo dei muscoli striati e per il pancreas assolutamente intollerabili. Le altre statine che si sono succedute hanno una formula diversa. In una certa misura possono dare ancora problemi ai muscoli, per cui bisogna stare attenti al dosaggio».
Nel frattempo, l’isteria collettiva anticolesterolo si è un po’ calmata. Si è capito che è un elemento da valutare insieme a tanti altri: «È di sicuro un fattore di rischio» scrive Hager nel capitolo dedicato alla statine. «Però non è l’unico: contribuiscono fumo, età, storia familiare, sedentarietà, diabete… Per una persona come me, per esempio, con un rischio basso-moderato e colesterolo un po’ alto ma non troppo, i benefici di prendere un farmaco restano, in fondo, opinabili».
Se non basta un lieve soprassalto di colesterolo, quali sono allora i criteri per selezionare i pazienti da «statinizzare»? «Non si parla abbastanza della dieta, come se si desse per scontato che queste persone a tavola stiano attente, ma così non è. E la stessa cosa vale per l’esercizio fisico» risponde Fiorentini. «Direi quindi che vanno prescritte a chi fa diete importanti, povere di grassi saturi, e ha già avuto segni di qualcosa che non va a livello vascolare». E la soglia di colesterolo? «In studi recenti si è visto che il valore assoluto di colesterolo, nelle persone a rischio cardiovascolare, più è basso meglio è. Per gli altri, l’importante è che quello “cattivo”, l’Ldl, non superi i 75-80 milligrammi per decilitro».
Negli ultimi anni, nell’arsenale anticolesterolo (lasciamo perdere gli yogurt che promettono di abbassarlo, e gli integratori che affermano la stessa cosa: qualcosina fanno, ma insomma), è arrivato negli ultimi tempi un anticorpo monoclonale: il PCSK9, destinato a chi le statine le tollera male, magari perché causano problemi a livello muscolare, o risponde poco alla terapia. Da alcune ricerche, pare che abbassi del 50 per cento i valori di colesterolo, riducendo anche infarto e ictus.
Perfetto, allora perché non darlo a tutti? Intanto perché, rispetto a una pasticca, il PCSK9 è più complicato da assumere, essendo iniezioni sottocute. E poi, come tutti gli anticorpi monoclonali, ha costi assai elevati, non può essere quindi una terapia di massa: per il Servizio sanitario nazionale sarebbe un esborso insostenibile. Mentre le statine, di cui molte esistono in versione «generica» (oggi si preferisce definirla «equivalente») sono molto più economiche.
Infine, sempre sui benefici «pleiotropici» delle statine, uno studio presentato all’ultimo congresso americano sul cancro, lo scorso giugno, suggerisce che le donne che le assumono avrebbero un rischio minore del 40 per cento di morire per tumore alle ovaie. Si tratta di studio osservazionale su circa 10 mila donne (vuol dire che si è vista una correlazione, non un rapporto diretto causa-effetto) quindi va preso con cautela. «Ma la riduzione della mortalità è un risultato molto promettente» hanno detto i ricercatori. Anche perché quello alle ovaie è uno dei tumori, ancora oggi, più difficili da curare. E un beneficio come questo, se tale si rivelerà, è un regalo inaspettato.