I cani sarebbero in grado di identificare i casi di COVID-19 tramite l’olfatto, in pratica annusando la persona a cui si avvicinano. È questa la conclusione a cui si é giunti dopo una serie di studi in tutto il mondo. Ecco cosa dice la scienza.
Nella letteratura medica l’uso di questi animali risale al 1989, dove un cane ha fiutato il melanoma del suo padrone. I cani sono in grado infatti di rilevare alcune particelle chimiche con il loro sistema olfattivo canino, dotato di un esteso epitelio olfattivo (170 cm2 e 17 volte maggiore dell’uomo) e di un gran numero di recettori olfattivi (oltre 300 milioni di recettori rispetto a 5 milioni nell’uomo). Grazie a questa loro capacità possono rilevare l’odore di particolari molecole e composti che cambiano durante le malattie, producendo interazioni biochimiche che si alterano all’interno del corpo in presenza di tumori maligni, infiammazioni, infezioni e altri eventi patologici. I cambiamenti metabolici nel corpo provocano una serie di determinati odori che possono essere riconoscibili per gli animali, in particolare per i cani, poiché hanno un sistema olfattivo estremamente potente e anche un meccanismo analitico molto complesso e unico per l’interpretazione degli odori ai loro livelli molecolari e il Covid-19 non dovrebbe essere un’eccezione.
Lo studio italiano
È stato avviato presso il Drive-in Campus test del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico uno studio sui cani anti-Covid che verrà realizzato per la prima volta al mondo su un campione statistico di oltre 1000 pazienti. L’efficienza dell’olfatto del cane verrà messa alla prova con i test molecolari per la diagnosi di Covid-19 con la collaborazione della NGS Srl che ha messo a disposizione dei cani addestrati per la sicurezza anti esplosivo in emergenze e grandi eventi. Da aprile a giugno 2021 le unità cinofile saranno addestrate nel riconoscere la presenza del Covid-19 nel sudore dei pazienti che ogni giorno si recano al Drive-in Campus test per effettuare il tampone.
La prima fase della sperimentazione avrà una durata di 6-8 settimane nella quale i cani saranno preparati al riconoscimento del Covid-19 attraverso specifiche tecniche.
Lo studio si svolgerà all’interno di un container di circa 40 metri quadrati dedicato al progetto dove il cane annuserà i campioni contenenti il sudore dei pazienti. L’animale non entrerà mai in contatto diretto con la sostanza biologica.
Un cane addestrato può impiegare circa 10 secondi per riconoscere un caso di positività, un tampone rapido richiede 20-30 minuti per fornire un risultato e almeno 24 ore il tampone molecolare. Quanto ai costi, un tampone molecolare varia dai 60 ai 150 euro, uno rapido da 20 a 60 euro circa mentre un cane addestrato ha un costo che si abbatte progressivamente all’aumentare dei soggetti esaminati. Ogni cane può lavorare con turnazioni di 1-2 ore al giorno. Nel progetto saranno impiegati fino a 6 cani. Ad oggi non risulta che i cani possano essere coinvolti nella trasmissione o diffusione del virus Sars-Cov-2.
Finora in Europa sono stati effettuati due studi di laboratorio per la rilelazione del Covid-19 con cani addestrati. Il primo, realizzato della Ecole Nationale Vétérinaire d’Alfort e dell’Université Paris Est ha ottenuto un tasso di rilevazione esatta tra l’83 e il 100 per cento con l’utilizzo di campioni di sudore. Il secondo, della Università di Hannover e Amburgo e dal Central institute of medical service delle Forze armate della Germania, ha ottenuto un tasso medio di rilevazione esatta del 94 per cento, utilizzando campioni di saliva.
A coordinare il progetto è la professoressa Silvia Angeletti direttore del laboratorio analisi del Policlinico Universitario Campus Biomedico di Roma
“La sperimentazione sarà divisa in due fasi. Nella prima fase verrano addestrati i cani al riconoscimento dell’odore attraverso i volatili organici come il sudore presenti nel paziente Covid positivo, che stiamo raccogliendo con delle garze che sono strofinate dal paziente sotto il cavo ascellare o nella piega del gomito. Le garze poi verrano messe in un barattolino ermetico per poi essere sottoposte all’olfatto del cane. La seconda fase della sperimentazione é una vera e propria attività sul campo. Il cane annuserà la garza e allo stesso tempo il paziente verrà al drive-in ad eseguire il tampone di routine. Poi il tampone verrà processato in laboratorio e farà il suo percorso e parallelamente il cane sottoporrà il suo olfatto al drive-in. Alla fine verra incrociati i dati per vedere se c’è una concordanza tra l’olfatto ed il test molecolare. Rispetto agli altri studi noi abbiamo a disposizione pazienti che accedono al drive-in e che riproducono una realtà possibile in ambiente urbano. Nello specifico sono 6 i cani utilizzati per lo studio tra cui due pastorI belga, due pastori tedeschi e due pastori olandesi. In termini di costi e tempo il cane in pochi secondi potrebbe riuscire a fare uno screening veloce e su un campione importante, ad esempio in un aeroporto o ad un evento e con costi decisamente inferiori rispetto ai tamponi. In più l’utilizzo dei cani è meno invasivo perché un conto è che ti annusa un cane, un conto è sottoporsi ad un tampone. Il nostro studio vorrebbe caratterizzarsi oltre che per l’attività svolta nel drive-in anche per la numerosità campionaria maggiore, perché gli studi finora fatti hanno dei numeri molto piccoli mentre noi con due o tre mesi potremmo arrivare anche a 4mila persone”
Il parere dell’esperto Nicola Decaro Professore ordinario Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari
“È di questi giorni la notizia che il Campus Biomedico di Roma sta per far partire una sperimentazione su larga scala sull’utilizzo dei cani “molecolari” per l’identificazione dei soggetti positivi per COVID-19. Il cane, infatti, possiede un fiuto eccezionale, grazie ai 300 milioni di recettori olfattivi presenti sulla mucosa nasale, a fronte dei 5-6 milioni della specie umana, per cui i cosiddetti cani molecolari sono comunemente impegnati per la ricerca di stupefacenti ed esplosivi. Studi più recenti hanno dimostrato che i cani molecolari possono essere di aiuto anche per l’identificazione di alcuni tumori, grazie a particolari metaboliti presenti nell’espirato dei pazienti oncologici. Si basa sugli stessi principi l’impego dei cani per la diagnosi di COVID-19, in quanto nel sudore e nell’espirato dei pazienti sono probabilmente presenti particolari metaboliti volatili che l’olfatto del cane riesce ad identificare. I risultati degli studi preliminari sembrano essere promettenti, dimostrando una sensibilità variabile dal 75% al 95%. rispetto al tampone molecolare. Alcuni aeroporti inoltre hanno già previsto l’impiego dei cani molecolari per l’identificazione dei soggetti COVID positivi. Nell’aeroporto di Helsinki per esempio i cani sono stati in grado di individuare soggetti con infezione da SARS-CoV-2 fino a cinque giorni prima dello sviluppo di sintomatologia clinica. La mia opinione è che si tratti di studi molto promettenti, ma che richiedono ulteriori approfondimenti sia in relazione alla effettiva sensibilità del test che alla sicurezza per i nostri animali domestici. Il cane, infatti, pur essendo poco recettivo all’infezione da SARS-CoV-2, può comunque infettarsi, e raramente ammalarsi (senza però rappresentare un pericolo per la trasmissione all’uomo). Pertanto, il loro utilizzo per la diagnosi di COVID-19 deve avvenire sempre in condizioni di sicurezza, evitando, ad esempio, il contatto diretto con l’espirato umano (potenziale veicolo di diffusione del virus).”