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Quando il cane incontrò l’uomo

Quando il cane incontrò l’uomo

A un certo punto, nella preistoria, alcuni lupi «decisero» di abbandonare la caccia e di seguire i primi gruppi di umani. Ma come avvenne, esattamente, questa alleanza, preziosa per entrambe le specie? Un nuovo studio racconta una storia che inizia, in Siberia, 23 mila anni fa.


Ci fu un momento perduto nella notte dei tempi in cui ebbe inizio la lunga amicizia tra uomo e cane. Quando ciò avvenne, in quale luogo e quale specie canina per prima camminò a fianco dei nostri antenati sono tutte domande da sempre oggetto di speculazioni. Però, mai come oggi, grazie a una serie di recenti scoperte, possiamo raccontare una storia del legame uomo-cane abbastanza verosimile, se proprio non vera in tutti i suoi dettagli.

È un racconto che deve necessariamente cominciare dalla Siberia di circa 23 mila anni fa, dato che una ricerca appena uscita su Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences), comparando analisi del Dna di resti umani e canini rinvenuti in Siberia e Nord America, ha trovato una correlazione strettissima tra i movimenti di esseri umani e cani in quelle aree. Insomma, dove andavano i primi andavano anche i secondi.

In particolare, gli uomini che circa 15 mila anni fa attraversarono la Beringia, l’istmo che collegava Alaska e Siberia, allora un ponte di terra, per andare a stabilirsi in America, avevano con sé proto-cani, antenati dei nostri attuali fedeli amici.

Laurent Frantz, della Ludwig Maximilian University di Monaco, uno degli autori dello studio, dice: «Di certo la domesticazione non è avvenuta in America: le analisi genetiche mostrano che quei primi cani dovevano provenire dalla Siberia, così come i primi uomini che si stabilirono in America».

Siccome i ricercatori ritengono impossibile che questi animali si siano spostati da soli per migliaia di chilometri, dovettero migrare a seguito degli umani. «Da qui l’ipotesi che la domesticazione del lupo avvenne in Siberia almeno circa 23 mila anni fa» dice Frantz. La conclusione è basata su conoscenze precedenti: studi genetici la indicano come la data più probabile, e considerazioni di carattere climatico suggeriscono che nella Siberia di quel periodo i primi sapiens si trovassero a strettissimo contatto proprio con i lupi.

Rimasero entrambi isolati in un’area che, sebbene oggi sia considerata molto fredda, durante l’ultimo massimo glaciale (periodo durante il quale si ebbe la più larga espansione dei ghiacci), proprio intorno ai 23 mila anni fa, aveva un clima relativamente migliore delle aree circostanti. Circondati da terre gelate e inaccessibili, quelle due creature dovettero in qualche modo imbattersi l’uno nell’altra.

Come avvenne esattamente il primo incontro e la successiva domesticazione? Qui siamo nel campo delle ipotesi, peraltro affascinanti. C’è quella classica del grande Konrad Lorenz, padre dell’etologia e premio Nobel per la medicina nel 1973, il quale nel suo libro E l’uomo incontrò il cane (Adelphi) commise l’errore di affermare che il primo contatto avvenne non tra uomo e lupo bensì tra uomo e sciacallo. Anche se questa affermazione è stata confutata sia dallo studio su Pnas sia da precedenti analisi genetiche che indicano il lupo come progenitore del cane attuale, l’ipotesi di Lorenz resta in piedi, a patto di sostituire lupo a sciacallo.

La storia suona così: il branco di lupi insegue una grossa preda senza successo perché quest’ultima sa difendersi scalciando. In tempi diversi, gli umani sentono i suoni di quella caccia venire sempre dallo stesso punto. Un giorno decidono di sfruttare la situazione per circondare l’animale e ucciderlo. I lupi, forti dell’intervento umano, prendono coraggio e attaccano la preda. Alla fine della caccia, il capo dell’orda di umani squarcia il ventre del grosso animale, ne strappa un pezzo di viscere, lo taglia e lo getta a un lupo.

«E quello» scrive Lorenz «mentre svelto va masticando e fa per ritrarsi con la preda tra i denti e lo sguardo ancora timoroso verso l’uomo, comincia a muovere la coda in piccoli rapidi colpi. Per la prima volta un canide ha scodinzolato davanti all’uomo». Poi Lorenz aggiunge che il ripetersi di quella situazione ha creato nel canide nessi mentali associativi che hanno portato alcuni branchi a cacciare di preferenza insieme all’uomo.

Nel loro libro Dogs, i biologi Ray e Lorna Coppinger avanzano un’ipotesi diversa, quella di lupi meno abili dei loro compagni nella caccia e nel contempo più propensi a seguire gruppi di cacciatori per mangiare i resti dei loro pasti. Stando intorno ai fuochi, fungevano da sentinelle grazie alla capacità di avvertire la presenza di predatori. Il vantaggio era reciproco e la convivenza si consolidò.

Ma una recente scoperta suggerisce un’ulteriore idea. Qualche anno fa fu ritrovato in Siberia un cucciolo di 18 mila anni fa, perfettamente conservato nel permafrost. I ricercatori del Centro di Paleogenetica di Stoccolma che hanno esaminato il Dna non sono riusciti a capire se si tratti di un lupo o un proto-cane. In quell’epoca, gli uomini erano cacciatori-raccoglitori che vivevano in piccoli gruppi di 20-25 membri e non erano ancora sorti i grandi insediamenti urbani e le civiltà.

Siccome gli accoppiamenti avvenivano fra gruppi che si scambiavano doni, l’archeologo americano David Meltzer ha congetturato che si «regalassero» anche cuccioli. Magari un giorno alcuni uomini trovarono una cucciolata incustodita, la presero e donarono qualcuno di quegli esemplari in cambio di una sposa. E fu quella la prima volta che uomini e cani vissero insieme.

Tornando nel campo delle ipotesi suffragate dall’evidenza empirica, la divergenza genetica del cane dal lupo, cioè l’emergere dell’antenato del cane, risale a un lasso di tempo tra 40 mila e 20 mila anni fa. La domesticazione avvenne da quel periodo e uno studio su American Antiquity del 2018 sui fossili di tre cani di 15 mila anni fa seppelliti nell’Illinois, che ora sappiamo essere arrivati dalla Siberia, ci fornisce informazioni importanti.

Quei primi animali a seguito dell’uomo avevano tutti un’altezza di circa 50 centimetri, uno di loro si era cibato di pesci di fiume, un altro aveva una gengivite e una peridontite associate a malattie di reni, miocardio e parenchima epatico. Tutti avevano i primi e secondi molari estremamente consumati, segno di una dieta a base di ossi, probabilmente in prevalenza rimasugli di pasti umani.

Gli autori dello studio ipotizzano che quei cani venissero usati nel trasporto di merci e persone, un fatto evidente anche in altri resti ritrovati in Siberia, e poi come aiutanti nella caccia, guardiani accanto ai fuochi accesi di notte, prima difesa contro i predatori e scalda-letto. A quel punto della coevoluzione tra uomo e cane, quest’ultimo aveva già acquisito tratti suoi propri: mentre, anche in cattività, i lupi non mangiano mai davanti agli umani, i cani elemosinano i resti dei pasti; i maschi dei lupi partecipano alla cura dei cuccioli, i cani maschi se ne tengono alla larga; questi ultimi, infine, hanno muso più corto e cranio più largo.

In Europa, i più antichi ritrovamenti di cani risalgono a 14 mila anni fa e sono stati scoperti a Bonn-Oberkassel, Germania, nel 1914, insieme a ossa di due umani e altri animali. Ci sono voluti quasi cent’anni di analisi, alla luce di metodi sempre nuovi, per venire a capo dei nessi causali fra tutti quei resti. Alla fine è diventato chiaro che si trattava di una coppia di umani seppelliti insieme al loro cucciolo morto a circa 23 settimane di cimurro, malattia alla quale non si sopravvive senza cure umane frequenti. La conclusione è che, sebbene l’animale non fosse di alcuna utilità, fu lo stesso curato dai suoi padroni. Così i resti di Bonn-Oberkassel sono passati alla storia come la prima testimonianza dell’amore disinteressato dell’uomo per il cane.

Se poi guardiamo a tempi recenti, esiste un ritrovamento ancora più emblematico: i resti di Ein Mallaha in Israele. Raccontano di un uomo anziano, forse malato, che 12 mila anni fa giaceva a terra in posizione fetale con un braccio proteso verso un cucciolo. Nella vulgata corrente il cane ama l’uomo incondizionatamente, ma poco si dice di quanto l’uomo ami il cane. A insegnarcelo è la lunga storia dei nostri antenati.

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