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Sciascia e la classificazione degli emendamenti al decreto rilancio

Sciascia e la classificazione degli emendamenti al decreto rilancio

Uomini, mezz’uomini, ominicchi….

La famosa classificazione dell’umanità secondo Leonardo Scascia rischia di essere la soluzione che stanno adottare in Parlamento nei prossimi giorni per capire come affrontare gli emendamenti al Decreto Rilancio.


Partiamo dall’inizio.

Il d.l. 19 maggio 2020, n. 34 “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché’ di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” è una specie di mostro giuridico. Sono 256 articoli, con oltre 90.000 parole. Per avere una idea delle dimensioni mostruose, la Costituzione ha la metà degli articoli (139) e meno di un decimo delle parole (9.000).

Ora il decreto deve essere convertito in legge. E i parlamentari giustamente hanno presentato gli emendamenti, cioè le proposte di modifica.

Trattandosi di un provvedimento mostruoso, sono mostruosi anche i numeri degli emendamenti. Quasi 11 mila. Si, non è un refuso. Ho detto undicimila. Che vanno dalla disciplina della attività di acconciatore in modalità itinerante, ai benefici fiscali per i lavoratori della filiera suinicola; dall’esame di stato per avvocato alla tutela del settore termale.

Stando alla Costituzione e ai regolamenti parlamentari, ciascun emendamento deve essere esaminato, discusso e votato. Pensando che, per far presto, si possano dedicare 10 minuti ad ogni emendamento occorrerebbero circa 110 mila minuti di lavoro. Cioè, considerando giornate da 8 ore, servirebbero 92 giorni di lavoro, cioè 4 mesi, escludendo sabati e domeniche.

Impensabile, quindi, esaminare e votare tutti gli emendamenti.

Ma allora come fare?

Il problema dei troppi emendamenti non è certo nuovo, nel senso che da qualche anno i pochi provvedimenti legislativi importanti che passano in Parlamento sono assaliti da emendamenti. Capita per tutti i decreti-legge e per la legge di bilancio (che prima si chiamava finanziaria).

Così, l’ingegno della politica ha pensato di classificare gli emendamenti, nel senso di distinguerli fra “segnalati” e “accantonati”.

I gruppi parlamentari segnalano gli emendamenti importanti e gli altri vengono accantonati. Una soluzione di buon senso, prima ancora che pratica. Perché così verranno esaminati e votati solo i “segnalati”.

Rispetto a questo criterio, per il decreto rilancio, alla Camera si era deciso di “segnalare” 800 sugli 11.000 emendamenti. Consapevoli che già erano abbastanza, considerati i tempi di lavoro.

E invece ci si accorti che rispetto alle migliaia di questioni aperte fra Covid e rilancio, 800 emendamenti segnalati non bastano. E così ci si è dovuti inventare due nuove categorie: i “super-segnalati” e i “mezzi-segnalati”, per cercare di sbrogliare la ingarbugliata matassa.

Così ora gli uffici stanno dividendo gli emendamenti in quattro gruppi:

a) gli emendamenti super segnalati (che sono su una specie di corsia preferenziale);

b) gli emendamenti segnalati semplici, che sperano di poter essere giustamente considerati;

c) gli emendamenti “mezzi-segnalati”, in panchina, ma pronti a scendere in campo;

d) gli emendamenti accantonai, abbandonati al loro destino.

Mi sa proprio che nelle prossime due settimane ne vedremo delle belle alla Camera.

Intanto… non ci resta che rileggere la pagina di Leonardo Sciascia in cui il padrino mafioso classifica l’umanità, con categorie non dissimili da quelle degli emendamenti…

«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre».

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