È piuttosto felice il destino di molti «silurati» di governi e ministeri passati: trovano nuove posizioni grazie a solide fedeltà con chi ora è al comando. Ad esempio l’ex ministra per l’Innovazione Paola Pisano, che di certo non ha brillato nell’era Conte. Ma la lista è lunga.
Uscire dalla porta e rientrare agilmente dalla finestra è una disciplina nella quale la classe politica italiana sicuramente eccelle. È quasi un peccato non sia tra quelle olimpiche: di recente abbondano campioni, pronti alla medaglia d’oro, che terminano un incarico di governo per ottenere una bella consulenza. Grazie, magari, a qualche amico di partito o di cordata politica che dà la possibilità di ricollocarsi.
In cima alla lista brilla Elsa Fornero, ministra del Lavoro ai tempi del governo Monti, autrice della riforma del sistema previdenziale che ha preso il nome. Un testo che è stato criticato a destra come a sinistra. Ebbene, dopo anni di comparsate televisive in cui si è trasformata in una sorta di tribuno, Fornero rientra in gioco, mettendo piede direttamente a Palazzo Chigi. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Bruno Tabacci, ha pensato bene di convocarla come consulente all’interno di una task force chiamata a coadiuvare il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (Dipe).
Sul caso la Lega ha presentato un’interrogazione. Tabacci, però, ha prontamente minimizzato: «Il Consiglio avrà il compito di fornire indicazioni e suggerimenti ai nuclei di esperti costituiti presso il Dipe, in forza di legge e oggetto della mia delega». Fornero, però, è in ottima compagnia. Uno degli ultimi a essere rientrato in qualche modo dalla finestra è addirittura l’ex commissario per l’emergenza (cacciato proprio da Draghi) Domenico Arcuri.
Invitalia, la società pubblica di cui è amministratore delegato, ha infatti siglato una delicata (e corposa) convenzione proprio con Palazzo Chigi per «il monitoraggio dell’avanzamento finanziario e procedurale degli investimenti pubblici, per la mappatura del portafoglio di progetti finanziati in ottica Programma-Progetti, per la ricognizione di aree e progetti in criticità realizzativa da sottoporre ad azioni di supporto». Importo: 3,3 milioni di euro.
La pratica di richiamare qualche vecchio amico è ben oliata anche tra gli ex ministri e sottosegretari del governo Conte II. Per informazioni basta citofonare a Paola Pisano, ministra dell’Innovazione tecnologica e della digitalizzazione fino al febbraio 2021, all’epoca fortemente voluta dal Movimento 5 stelle e dall’ex avvocato del popolo. Per Pisano si era materializzato il ritorno tra i banchi dell’Università di Torino, dove è titolare di una cattedra. La lontananza dai palazzi del potere politico è durata pochi mesi, meno di cinque per la precisione.
Luigi Di Maio l’ha ripescata, portandola alla Farnesina con un contratto di collaborazione iniziato il primo luglio e in scadenza il 31 dicembre per una retribuzione di 50.000 euro in totale, in qualità di «esperta scientifica per l’economia digitale e evoluzione dell’innovazione tecnologica». Nonostante un mandato tutt’altro che brillante al dipartimento di Palazzo Chigi, tra cui si annovera il clamoroso flop di Immuni, il ministro degli Esteri l’ha voluta con sé. Per ora almeno fino alla fine dell’anno. Poi si vedrà.
Nei palazzi del potere l’abitudine pentastellata al «ripescaggio» è stata confermata anche da Carlo Sibilia, un tempo uno dei pasdaran del grillismo più duro e puro, oggi sottosegretario all’Interno. Al Viminale ha chiamato come collaboratore Michele Dell’Orco, già sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel primo governo Conte, quello gialloverde. Del resto Dell’Orco è un volto storico dei pentastellati: dopo aver collaborato con il gruppo consiliare dell’Emilia-Romagna, era stato eletto alla Camera nel 2013.
La mancata rielezione, poi, lo aveva portato al Mit con compiti come la stesura del «decreto “salva-motociclisti” sui guard rail» e il contributo sulla mobilità sostenibile «per la sostituzione dei vecchi bus in elettrico e idrogeno, al decreto micromobilità con cui i sindaci possono decidere di autorizzare una sperimentazione su strada di mezzi elettrici totalmente green, come monopattini, hoverboard, segway, monowheel». Insomma, la rivoluzione del monopattino porta anche la sua firma. Con questo profilo perché non sistemarlo al Viminale con uno stipendio di 32.000 euro?
Il vizietto non è solo appannaggio del Movimento. Anzi. Sulla stessa lunghezza d’onda si è sintonizzato il ministro della Cultura, Dario Franceschini, che ha richiamato con sé Lorenza Bonaccorsi, sottosegretaria al Mibact nel Conte bis, sempre con Franceschini alla tolda di comando del dicastero. Personalità di spicco del Partito democratico nel Lazio, la Bonaccorsi era già stata molto vicina a Francesco Rutelli, quando era sindaco di Roma, e poi era diventata capo della segreteria politica dell’allora ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni.
Dopo l’esperienza da deputata (2013-2018) è stata nominata assessore al Turismo e alle Pari opportunità della Regione Lazio nella giunta guidata di Nicola Zingaretti. Dopo un lungo cammino, per Bonaccorsi è stata prevista una consulenza al Mic di 72.000 euro come consigliera per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
Nell’ambito del Pd non poteva mancare il ministro del Lavoro Andrea Orlando, che da ex numero due del partito non dimentica i vecchi compagni. L’ex sottosegretario (con delega all’editoria) Andrea Martella, già deputato per quattro legislature (dal 2001 al 2018), ha strappato un contratto niente male di 72.000 euro in qualità di «esperto del ministro per collaborare tra l’altro nelle attività inerenti alla cura dei rapporti con il Parlamento, al monitoraggio e all’analisi del Programma di governo».
Finita l’esperienza a Palazzo Chigi ha fatto un significativo passaggio: dalla tutela del settore editoriale al mondo del lavoro. Con lui c’è anche Cesare Damiano, ministro del Lavoro nel secondo governo Prodi, e non eletto alle Politiche del 2018. Orlando gli ha conferito l’incarico a titolo gratuito, che affianca a un altro ruolo di peso: componente del cda dell’Inail, l’istituto per le assicurazioni sugli infortuni sul lavoro, che peraltro è sotto il controllo dello stesso ministero per cui l’esponente politico è consulente.
Al ministero della Salute Roberto Speranza ha subito ristabilito il contatto con Sandra Zampa, sottosegretario nel Conte bis che ha vissuto i mesi della pandemia al fianco del ministro. L’ex portavoce di Romano Prodi, non confermata da Mario Draghi, è stata chiamata come esperta in «materia di comunicazione con particolare riguardo alle attività di pianificazione più significative, nonché delle relazioni internazionali e istituzionali di competenza del ministero». Il contratto, iniziato il 18 marzo, risulta scaduto dal 14 luglio e prevedeva una retribuzione di 48.000 euro. Non poco per un impegno durato qualche mese.
Stesso discorso al ministero della Difesa: il titolare Lorenzo Guerini non solo ha nominato qualche mese fa l’ex senatore e dalemiano di ferro Nicola Latorre a capo dell’Agenzia Industrie Difesa, ma ha scelto tra i suoi consulenti Giulio Calvisi, ex deputato dem e, soprattutto, ex sottosegretario proprio alla Difesa col Conte2.
Non solo dalle porte dei ministeri si rientra grazie agli amici. Basti pensare a Daniele Frongia, ex braccio destro della sindaca Virginia Raggi, finito poi nel cono d’ombra salvando solo la poltrona di assessore allo Sport. Da maggio è il vice capo di gabinetto della ministra delle Politiche giovanili, Fabiana Dadone, per uno stipendio di oltre 120.000 euro (tra trattamento economico fondamentale ed emolumento accessorio). Anche se i pentastellati dovessero perdere Roma, insomma, Frongia può dormire sonni tranquilli.
