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«Chi tocca le pensioni ​muore? Al ceto medio resta solo l’assegno»

«Chi tocca le pensioni ​muore? Al ceto medio resta solo l’assegno»

Il professor Giulio Sapelli spiega perché, da Emmanuel Macron a Vladimir Putin, la riforma del sistema pensionistico è uno scoglio su cui tanti politici finiscono per arenarsi. «Le proteste contro le riforme delle pensioni rappresentano la presa di coscienza del ceto medio impoverito».


Dopo la mezza retromarcia del presidente francese Emmanuel Macron, che ha ritirato il punto più contestato («l’età di equilibrio» a 64 anni), Panorama lo ha interpellato per capire perché la riforma del sistema pensionistico francese è uno scoglio su cui si sono arenati tutti i politici che l’hanno affrontata: dall’ex premier Alain Juppé nel 1995 al presidente Emmanuel Macron oggi

Ma non solo: sulla riforma delle pensioni anche l’uomo forte per eccellenza, Vladimir Putin, ha dovuto cedere. Nel giugno 2018 il presidente russo aveva annunciato l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni per gli uomini e a 63 per le donne. Apriti cielo! Le proteste sono scoppiate in tutte le Russie e la popolarità di Putin è crollata di 12 punti percentuali in 10 giorni. Ed ecco che, seppur a malincuore, lo zar del Cremlino ha dovuto cedere, consentendo alle donne di ritirarsi dal lavoro a 60 anni, anziché ai 63 previsti. Ecco che cosa ne pensa il professor Sapelli, che anche da pensionato non ha perso il gusto per la provocazione.

Professor Sapelli, dalla Francia alla Russia chi tocca le pensioni muore?

«Questa è un’affermazione scandalistica. Diciamo che, nei Paesi in cui non hanno ancora annichilito la soggettività dei lavoratori dipendenti statali (e in Francia e in Russia a protestare sono soprattutto loro), è rimasta un po’ di consapevolezza di sé. E ora, giustamente, quei lavoratori prendono coscienza di sé e, ritenendo che la pensione sia il coronamento di una vita di lavoro, fanno di tutto per tutelare il frutto dei loro sacrifici».

Intende dire che considerano la pensione un diritto acquisito?

Tale terminologia non mi appartiene. La pensione non è un diritto, è il prodotto di anni e anni di lavoro. Chi reclama questo diritto non è un fannullone, ma una persona che si è impegnata e ha fatto fatica e che giustamente vuole raccogliere quello che ha seminato. So che questo non è un discorso alla moda, ma così la penso.

Ma no: è assolutamente alla moda. Basta vedere il successo riscosso da politici come Bernie Sanders negli Stati Uniti e, nonostante la sconfitta elettorale, Jeremy Corbyn nel Regno Unito.

No, no… Sanders e Corbyn sono piccolo borghesi. Ciò che propugno io è un ritorno al socialismo con una prospettiva politica.

Eppure non si tratta solo di socialismo. La Lega, che certo socialista non è, ha cavalcato alla grande l’opposizione alla riforma Fornero.

Però non è niente di nuovo. Si tratta di un fenomeno già avvenuto in passato. Mi riferisco per esempio al gingoismo, quell’espressione del nazionalismo dei poveri e dei declassati nata verso la la fine dell’Ottocento in Gran Bretagna. Ma anche gli scioperi della Dalmine del 1919 erano su questa lunghezza d’onda. Che ci siano forze non socialiste come la Lega che propugnano la difesa dei lavoratori non è una novità. Lo stesso discorso vale per la Rerum Novarum, l’enciclica con la quale nel 1891 Papa Leone XIII fondò la dottrina sociale della Chiesa.

L’innalzamento dell’aspettativa di vita è però un dato di fatto, con cui i sistemi pensionistici sono costretti a fare i conti.

Ma lei vorrebbe che tutti facessero come me? Pensa che sia giusto che io sia andato in pensione a 70 anni, con 52 anni di contributi?

A fronte di una lauta pensione, però…

E ci mancherebbe altro!

Eppure tanti suoi colleghi sono contenti di lavorare fino a 70 anni. Alcuni continuano a farlo gratuitamente anche da pensionati.

Io invece no, non sono contento. Io sono a fianco dei lavoratori francesi e di tutte le classi medie impoverite.

Il cuore del problema è proprio questo: l’impoverimento del ceto medio.

Un problema particolarmente sentito in Francia, dove il proletariato è minoritario e c’è un’enorme classe media burocratica dello Stato. Lì l’impoverimento del ceto medio costituisce una bomba.

Ma dove può portare questa rivolta della classe media?

Se non imbocca una prospettiva socialista, la presa di coscienza della classe media può portare in due direzioni. La prima ipotesi è uno scenario tipo anni Venti, con il trionfo delle forze di reazione fasciste. Non credo però che ci troviamo in una situazione simile. Credo piuttosto che andremo verso nuove forme di guerre locali neopatriottiche, non neofasciste. Se non c’è una prospettiva socialista, l’alternativa è antidemocratica.

E chi potrebbe realizzare l’alternativa socialista che lei auspica?

Questo me lo tengo per me. Cordiali saluti.

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